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Corriere-Ma su licenziamenti e contributi previdenziali il governo è pronto a tirare diritto

Ma su licenziamenti e contributi previdenziali il governo è pronto a tirare diritto ROMA - È vero: quando qualche settimana fa Cofferati, Pezzotta e Angeletti avevano proclamato la nuova ondata...

05/01/2002
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Corriere della sera

Ma su licenziamenti e contributi previdenziali il governo è pronto a tirare diritto

ROMA - È vero: quando qualche settimana fa Cofferati, Pezzotta e Angeletti avevano proclamato la nuova ondata di scioperi contro la riforma delle pensioni e dei licenziamenti avevano anche annunciato che si sarebbero rivolti al presidente "amico". A Carlo Azeglio Ciampi, col quale nel '93 avevano dato vita alla concertazione e al quale avrebbero ora chiesto di difenderla dall'alto del colle del Quirinale contro gli attacchi di Berlusconi, del ministro del Lavoro Maroni e della Confindustria. Ma forse nei Palazzi romani, ancora semideserti per le ferie natalizie, nessuno si aspettava tempi così rapidi. Lo stesso Ciampi, in vacanza in Campania, si occuperà della lettera inviatagli da segretari di Cgil, Cisl e Uil solo nei prossimi giorni. Il primo a studiarsela e stato invece Maroni, il destinatario implicito delle accuse lanciate dai leader sindacali, costretto ieri a dettare al suo ufficio stampa una lunga nota di replica. Una replica dovuta, dietro la quale si nasconde una sostanziale tranquillità: Maroni, il governo, non temono che possa ripetersi lo scenario del '94, quando la grande protesta sindacale contro il progetto di riforma delle pensioni concorse alla caduta del governo Berlusconi I. L'appello al presidente della Repubblica, cosa che non si era vista neppure otto anni fa, è interpretata come un segno di debolezza del sindacato. Non a caso, nelle considerazioni che a botta calda hanno fatto i collaboratori più stretti del ministro c'è una frase che spiega tutto: "E una mossa della serie: piuttosto che fare lo sciopero generale...". Come dire che Cgil, Cisl e Uil stanno tentando tutte le vie, dagli incontri con i gruppi parlamentari alla campagna informativa, che tra poco partirà sui mass media, all'appello a Ciampi, perché non sono in condizioni di andare a uno scontro frontale col governo, che, questa volta, a differenza del '94, si concluderebbe con una loro sconfitta. Di qui la tranquillità ostentata da Maroni e la decisione di andare avanti senza nulla cedere sui punti di scontro col sindacato: le modifiche alle regole sui licenziamenti e la riduzione dei contributi previdenziali sui neoassunti.
Sul fronte opposto, Cgil, Cisl e Uil sanno altrettanto bene che il 2002 non è il 1994 e che la forza del Berlusconi II è molto maggiore di quella del Berlusconi I. Così come sanno di non essere più uniti e compatti come otto anni fa. Ma ricordano che, anche nel '94, la manifestazione del 12 novembre che vide un milione di persone in piazza a Roma fu preceduta da agitazioni articolate nel corso di ottobre e da iniziative politiche collaterali. "Non possiamo sparare tutte le cartucce una volta sola", ripetono i sindacalisti. E osservano che i terreni di scontro si moltiplicano. I licenziamenti, le pensioni, i contratti del pubblico impiego. C'è però una novità, avvertita innanzitutto dai lavoratori: le tradizionali armi di lotta sembrano spuntate. Il caso dei tre milioni di dipendenti pubblici è emblematico. Hanno scioperato una prima volta il 9 novembre per tre ore, una seconda volta il 14 dicembre per otto ore e adesso si fermeranno per un altro sciopero generale il 15 febbraio. Sempre per lo stesso motivo: ottenere dal governo altri 2.400 miliardi di lire (1,23 miliardi di euro) per il rinnovo dei contratti. Ma finora non hanno ottenuto neppure un euro. Vista la situazione i sindacati del pubblico impiego si sono alleati con quelli della scuola (anche loro in lotta contro il governo) e hanno deciso di scioperare insieme, il 15 febbraio appunto, aggiungendovi una manifestazione nazionale a Roma. "Sarà la più grande manifestazione di sempre del pubblico impiego", ha detto il segretario della Funzione pubblica-Cgil, Leimer Armuzzi, sognando forse un ritorno al '94. Lo stesso sogno del leader dei metalmeccanici Cgil, Claudio Sabattini, che da tempo invoca lo sciopero generale di tutti i lavoratori. Ma la Cisl e la Uil non ne vogliono sapere di scioperi politici. Preferiscono tenere separate le vertenze e rifuggono da iniziative che non sarebbero comprese da una base che ha votato in una parte non trascurabile per la maggioranza di governo. Per questo al ministero del Lavoro scommettono che l'incontro al Quirinale non sposterà gli equilibri in campo.
Enr. Ma.


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