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Corriere: Il premier sulle scuole chiuse: non ce lo possiamo permettere

Dietro le quinte «Lo studio sintomo di civiltà»

15/01/2008
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Corriere della sera

ROMA — C'è rimasto male. «Un dispiacere grosso...». Come presidente del Consiglio, ma anche come ex docente. Scuole chiuse per monnezza. Decine di migliaia di studenti napoletani costretti a saltare le lezioni. Quando la notizia si sparge, Romano Prodi è in viaggio da Bologna a Roma, eurostar in prima classe, in mezzo alla gente. Che lo guarda con curiosità, qualcuno gli chiede l'autografo o una dedica, qualcun altro vorrebbe domandargli (ma non osa) quando finiranno vergogne come quella di Napoli e della Campania. Il Professore sa di giocarsi una buona fetta di credibilità sull'emergenza pattume. E in particolare sulle scuole, di cui aveva garantito alcuni giorni fa il pieno funzionamento («L'attività scolastica è sacra!» aveva tuonato).
Poco importa che la responsabilità di questo disastro sia da spalmare su almeno tre-quattro governi, passando per la politica, l'ambientalismo integralista e la criminalità organizzata: «Ora ci sono io e mi sono personalmente impegnato a risolvere una volta per tutte il problema: l'Europa ci guarda» continua a ripetere Prodi, sapendo che da Bruxelles potrebbero partire sanzioni salate.
«Amareggiato», ma convinto che alla fine «l'orgoglio degli italiani prevarrà», il premier ha poi incontrato nel pomeriggio a Palazzo Chigi il commissario De Gennaro, ponendo la riapertura immediata della scuole al primo posto dell'infinito elenco di cose ancora da fare per riportare a Napoli una parvenza di normalità.
«Bisogna fare in fretta, concentrare gli sforzi in quel settore. È un sintomo di civiltà garantire il funzionamento dell'attività scolastica » ha martellato, consapevole che la chiusura delle aule avrebbe un effetto devastante anche dal punto di vista psicologico, di fatto la conferma dell'impotenza dello Stato di fronte all'emergenza. «Non ce lo possiamo permettere — ha ripetuto, scuotendo il capo —. La società civile deve reagire: se la Campania vuole dare il buon esempio, allora ricominci dalle scuole».
Senza poi considerare che, dal punto di vista igienico, tenere a casa i ragazzi non li garantisce certo dai veleni dell'inquinamento, «mica vanno sulle Dolomiti a ossigenarsi: restano lì, tra gli stessi gas». Onore quindi a quei sindaci che, «rischiando la faccia e l'impopolarità», sono riusciti a portare in aula i ragazzi dei loro paesi: «Li ho ringraziati. Ogni giornata ha la sua pena...».
Francesco Alberti


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