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La Repubblica celebra il sorpasso: Più laureati che matricole. Ma è vero?

La bufala del giorno

06/01/2014
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ROARS

«Sorpresa, più laureati che matricole l’università celebra il sorpasso “È la prima volta dal dopoguerra”», questo il titolo di un articolo di Salvo Intravaia sul quotidiano la Repubblica. Ma cosa c’è da celebrare? Ce lo spiega Intravaia: «Atenei più efficienti o semplice calo degli immatricolati? [...] se è vero che in cinque anni le immatricolazioni sono diminuite di 50mila unità è anche vero che i laureati — complice la riforma del 3+2 [...] in meno di tre lustri sono quasi raddoppiati». Viene anche intervistato Luigi Berlinguer, ministro dell’Istruzione all’epoca di quella riforma, il quale commenta soddisfatto «Le statistiche stanno sconfiggendo i soldati [sic] di sventura che difendevano il passato». Eppure c’è qualcosa che non torna. Possibile che vengano sfornati più laureati degli immatricolati? In effetti, se si vanno a controllare i numeri si scopre che il sorpasso è azzardato, almeno quanto lo è la somma che ha dato origine alla notizia …

Questo pomeriggio volevo studiare un po’ di statistica, ma leggendo un articolo di giornale mi sono imbattuto invece in un problema (abbastanza grave) di aritmetica.

Su “Repubblica”, venerdì 3 gennaio 2014, Salvo Intravaia (PDF, potete leggere il testo anche su FLC CGIL) celebra il fatto che, per la prima volta, il numero di laureati nelle università italiane sia superiore al numero di immatricolazioni.

Il sorpasso appena avvenuto nell’università italiana è storico e dimostra l’efficienza dei nostri atenei [really?], anche se il Belpaese resta in coda alla classifica internazionale [quale?] per giovani laureati. Anzi, retrocede di qualche posizione rispetto al 2000 [le fonti sono un optional]. Ma secondo i dati forniti dall’Anagrafe degli studenti del Miur — il mastodontico ministero guidato da Maria Chiara Carrozza — e confermati dall’Istat, per la prima volta dal dopoguerra il numero di laureati sfornati dal nostro sistema universitario supera le new entry dello stesso anno accademico.
Nel 2011/2012, a fronte di 280.164 nuovi ingressi si sono registrati infatti 291.688 laureati. Un dato che, dopo la raffica di tagli imposti dalla riforma Gelmini e le innumerevoli proteste degli ultimi anni, fa ben sperare [risate]. Nel 2010/2011 le matricole superavano ancora di seimila unità i laureati.

Fermiamoci un attimo all’incipit dell’articolo. Ora, una notizia del genere dovrebbe far riflettere. In un sistema universitario a regime è assurdo che ci siano più laureati (output) che immatricolati (input): vorrebbe dire che il numero di studenti universitari è in picchiata.

Infatti gli studenti entrano in università immatricolandosi e ne escono in due modi: o abbandonano o si laureano. Per cui il saldo netto di studenti universitari, ogni anno, per un tipo fissato di laurea, è così determinato:

delta = immatricolati – laureati – dropout

Per cui, date le ipotesi

  1. laureati > immatricolati > 0,
  2. dropout > 0

ne segue che delta < 0 e quindi il numero di studenti universitari scende. Supponiamo pure che il fenomeno dei fuoricorso non vari troppo con il tempo. Se così fosse, non mi sembrerebbe proprio una cosa da festeggiare! In un sistema sano, il numero di immatricolati dovrebbe stare ben sopra il numero delle lauree. E comunque non si capisce in che modo questi dati dimostrino “l’efficienza” dei nostri atenei.

Ma il ragionamento svolto nell’articolo non è nemmeno questo. Intravaia procede infatti nella sua gioiosa trattazione:

Atenei più efficienti o semplice calo degli immatricolati? Forse tutti e due gli effetti. Perché se è vero che in cinque anni le immatricolazioni sono diminuite di 50mila unità è anche vero che i laureati — complice la riforma del 3+2 entrata in vigore nel 2000/2001 — in meno di tre lustri sono quasi raddoppiati.

E tante grazie, verrebbe da dire. Se spezzo in due il percorso di laurea, quelli che prima prendevano un pezzo di carta ora ne prendono due; e magari parte di quelli che prima abbandonavano ora riesce almeno a prendersi una laurea triennale.

Ma un momento… quindi Intravaia ha sommato il numero di lauree triennali e magistrali e le ha confrontate con le immatricolazioni alla laurea triennale?

Verifichiamo questa congettura andando a vedere i dati veri: quelli dell’Anagrafe Nazionale Studenti del MIUR, relativi all’anno accademico 2011/2012 (per cui i dati sono ormai consolidati).

  • Immatricolati (triennali + ciclo unico) 2011/2012: 280.174
    (corrisponde sostanzialmente col dato riportato da Intravaia, 280.164)
  • Laureati (tutti) 2011/2012: 291.688
    (coincide precisamente con il dato riportato da Intravaia)

Ora, andiamo a vedere se il numero di laureati preso da Intravaia è davvero la somma di triennali + magistrali + ciclo unico:

  • Laureati (triennali + ciclo unico) 2011/2012: 203.972
  • Laureati (magistrali) 2011/2012: 87.716

203.972 + 87.716 = 291.688
(Come Volevasi Dimostrare)

Insomma, il giornalista di “Repubblica” cosa ha fatto?

  1. Ha sommato il numero di lauree triennali con le magistrali, ottenendo una grandezza che già di per sé non descrive nulla, se non il numero totale dei pezzi di carta stampati in quell’anno accademico.
  2. Ha confrontato quella grandezza (lauree triennali + magistrali) con il numero di immatricolazioni alla sola laurea triennale (+ ciclo unico), ha osservato che il primo numero è più grande e ne ha tratto indebite conclusioni.

L’articolo prosegue poi con un’intervista a Luigi Berlinguer, che festeggia per il successo del 3+2. Altre frasi notevoli:

Nel 1997/1998 a fronte di 320mila immatricolati gli atenei italiani riuscivano a laureare appena 140 giovani [sic!].

Ma, nonostante il sorpasso [dell'aria fritta], siamo ancora in coda alla classica europea per numero di laureati. In Italia, la quota di 30/34enni in possesso di un diploma di laurea è del 21,7 per
cento, contro una media Ue a 28 paesi del 35,7 per cento.

Quel “nonostante” è privo di senso, perché la realtà è diversa: con il numero di immatricolazioni in picchiata, sarà molto più difficile raggiungere una percentuale di laureati a livelli europei! Lasciamo perdere…

L’analisi più lucida e sensata della situazione arriva dagli studenti, che – per quanto se ne dica – studiano e ancora una volta si dimostrano più competenti di chi occupa certi ruoli di responsabilità.

Ma gli studenti non sono d’accordo. «Il vero dato eclatante è il gigantesco crollo delle iscrizioni — meno 20 per cento in dieci anni — che la dice lunga sulla fallimentare attuazione italiana del sistema 3+2», replica Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli universitari, «tanto più che nel conteggio di questi immatricolati non sono conteggiati i 100mila iscritti per la prima volta ai corsi di laurea magistrali biennali. Il giudizio politico — conclude Scuccimarra — sullo stato e la gestione dell’università italiana si può riassumere nel tasso di passaggio dalla scuola secondaria superiore all’università, che dal 66,3 per cento del 2007 è passato al 58,2 per cento del 2012: il vero volto di un paese che sta rinunciando a basare il proprio sviluppo sulla conoscenza e sull’innovazione».

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Pietro De Nicolao nel blog Denilog sotto la licenza Creative Commons Attribution


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