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Unità/Roma: Mamme e maestre: «Salviamo il Celio Azzurro»

La testimonianza di uno dei genitori che frequentano una delle scuole più multietniche della città

05/12/2007
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l'Unità

di Sonia Bozzi

NON TOGLIETECI IL CELIO AZZURRO Ieri abbiamo festeggiato Lorena. Sulla torta, vicino alle 26 candeline, c’era l’avviso della Questura di Roma per il rilascio del permesso di soggiorno, due giorni fa ha depositato le impronte digitali. Al pasticciere ha chiesto di
scrivere con il cioccolato «La libertà è in realtà l’aria della clandestinità». Lorena è argentina, sono cinque anni che non torna a casa. Sappiamo cosa vuol dire per lei questo giorno, molti lo sanno per averlo vissuto, altri per averne sentito parlare tante volte, per averla aiutata nei momenti di difficoltà. Lorena ha scelto di festeggiare questo giorno con i genitori della scuola di sua figlia. Ha un nome bellissimo questa scuola, si chiama Celio Azzurro. I bambini che la frequentano sono per la maggior parte stranieri, pochi gli italiani. Ha lavorato per diciassette anni con sostegno della Caritas questa scuola, ma da oggi, se vorrà continuare a esistere, dovrà camminare con le sue gambe, magari con l’aiuto di chi vorrà crederci, ma con tutte le difficoltà che incontra chi pensa di dover offrire un servizio di altissima qualità ad un bassissimo costo, chi crede che la qualità sia per tutti, nessuno escluso. È un luogo strano questa scuola, un luogo da cui è difficile separarsi, un posto dove l’accoglienza dell’altro, adulto e bambino, è la regola del vivere quotidiano. Sarà la mescolanza di culture e provenienze, sarà che quando arrivi affannata la mattina, trovi sempre qualcuno che ti offre un caffè e ti chiede come stai; sarà che i bambini da lì non se ne vogliono mai andare e quando li vai a riprendere, con i vestiti sporchi e le unghie nere, sono felici e bellissimi e chiedono di rimanere ancora; sarà che qui ci resterebbero pure a dormire e qualche tempo fa hanno costruito una casa di foglie nel giardino, hanno portato il pigiama da casa e l’hanno nascosto tra i cespugli. Sarà che non c’è verso di far capire loro che la scuola ad una certa ora chiude, che anche i maestri hanno una famiglia e che la scuola non è la loro casa. Sarà che poi, quando si rassegnano ad uscire, si portano sempre via qualcosa, un sasso, qualche noce caduta dall’albero, un disegno, anche solo una briciola, a mani vuote non riescono ad andar via. Sarà che anche per i genitori è difficile andare, come se fuori da lì non vi fosse un altro posto per stare insieme, come se fuori il mondo fosse diverso. Sarà che poi, dopo tre anni, ti abitui a sentir parlare tante lingue, a vedere volti diversi, a mangiare cibi di altri paesi, ti abitui alla varietà di tutto e la varietà ti sembra una risorsa, un valore imprescindibile. Sarà che poi diventa impossibile pensare ad un’altra scuola, ad un altro modo di stare insieme, maestri, bambini e genitori. Sarà che poi un giorno ti sembra che la normalità sia questa, una piccola scuola dell’infanzia con i suoi quaranta bambini di tutto il mondo e i loro otto straordinari maestri.
Celio Azzurro, Centro
Didattico Interculturale
Roma, Salita S. Gregorio
al Celio, 3
info@celioazzurro.org
www.celioazzurro.org


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