FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3772071
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » rEPUBLICA-bARI-UNA RIVOLTA PER DIFENDERE IL MERIDIONE

rEPUBLICA-bARI-UNA RIVOLTA PER DIFENDERE IL MERIDIONE

UNA RIVOLTA PER DIFENDERE IL MERIDIONE ALBA SASSO * La discussione della finanziaria in Parlamento ha mostrato con tutta evidenza all'opinione pubblica l'immagine di un governo in grande di...

20/11/2002
Decrease text size Increase text size

UNA RIVOLTA PER DIFENDERE IL MERIDIONE
ALBA SASSO *
La discussione della finanziaria in Parlamento ha mostrato con tutta evidenza all'opinione pubblica l'immagine di un governo in grande difficoltà. Un governo che, smentite dai fatti le incredibili posizioni ottimistiche di Tremonti sullo stato della nostra economia, ha dovuto riconoscere - anche se un po' in sordina e continuando a dar la colpa agli altri - che "i conti non tornano" e che siamo in presenza di uno stallo nella crescita del Paese. Ma, anche in questo contesto, la finanziaria di Tremonti sembra chiudere gli occhi sulla realtà; resta ancorata ad analisi sbagliate e non propone nulla che risulti in grado di contrastare una tendenza recessiva. Né il maxi-emendamento, che il governo ha presentato alla Camera per tentare di arginare il malcontento che va crescendo in sempre più ampi settori della società civile e per rispondere alle critiche non solo della Cgil o dei partiti dell'opposizione, ma anche degli enti locali, di importanti settori professionali, della stessa Confindustria, ha corretto quello che era - prima di ogni altra cosa - necessario cambiare: l'impostazione politica della finanziaria.

L'idea di fondo del governo di centrodestra è, infatti, quella che i processi economici non vadano governati, guidati, indirizzati; ma che ci si debba affidare interamente alle logiche di un mercato, che viene ritenuto in grado di autoregolarsi e di produrre "spontaneamente" benessere e crescita per l'individuo e per la società. Che, insomma, si possa andare avanti premiando i più forti. Una logica neo-liberista che è stata però clamorosamente smentita dai fatti, da una crisi economica senza precedenti, che era in incubazione molto prima dell'11 settembre, frutto delle tante contraddizioni di uno sviluppo diseguale che ha prodotto i suoi effetti rovinosi non solo su scala planetaria, ma anche all'interno dei paesi del ricco Occidente.
E questa logica è rispecchiata in pieno nei provvedimenti della finanziaria del governo Berlusconi, una finanziaria in cui non c'è evidentemente posto per il Mezzogiorno. Per fare alcuni esempi: i fondi stanziati in favore delle cosiddette "aree sottoutilizzate" risultano, nella realtà dei fatti, del tutto aleatori, dal momento che vengono concentrati alla fine del triennio 2003/2005, mentre, nella prima stesura della finanziaria, venivano bloccati i crediti d'imposta per gli investimenti e le assunzioni per il 2003. Questa impostazione non è stata, peraltro, corretta dal maxiemendamento del governo. Continua così ad essere riproposta l'idea di un "paese a due velocità", per cui del resto si batte con molta determinazione la Lega Nord, e non sono per niente mitigate le misure fortemente penalizzanti nei confronti del Sud.
Rimane il fondo unico per il Mezzogiorno, con una gestione tutta politica, se non clientelare, delle risorse; aumentano di pochissimo i fondi stanziati complessivamente; e, con un gioco delle tre carte, il credito d'imposta, sia pure reintrodotto, diminuisce per favorire il bonus per l'occupazione che non è più automatico, ma è concesso a domanda. Insomma non si legge, in queste scelte, nessuna volontà di affrontare i problemi del lavoro e dello sviluppo e si torna a considerare il Mezzogiorno come una "palla al piede", e non come una risorsa per l'intero paese, un'area sulla quale investire e in cui promuovere sviluppo e crescita.
Altrettanto inaccettabili sono i provvedimenti adottati in materia di scuola, Università e ricerca: con questa finanziaria si conferma, infatti, come istruzione e formazione rappresentino, per il centrodestra, un "costo da ridurre", una voce di bilancio su cui operare tagli ed esercitare un'azione di contenimento. E così si diminuisce il numero degli insegnanti, si riduce drasticamente il personale ausiliario, tecnico e amministrativo, si riducono progressivamente i posti degli insegnanti di sostegno, mettendo in crisi l'esperienza bella, e significativa, di integrazione dell'handicap, compiuta finora dalla scuola italiana. Si tagliano i fondi per l'Università e la ricerca, nonostante le tante belle dichiarazioni del Ministro Moratti che sostiene sui giornali e nei convegni che occorre investire di più nell'intero settore: e malgrado la durissima protesta dei rettori di tutte le Università italiane.
Ma un Paese cresce, sia dal punto di vista dell'economia sia dal punto di vista della partecipazione democratica, se investe in ricerca e formazione, se possiede una scuola in grado di dare solide basi formative a fasce sempre più ampie di popolazione: obiettivo che può essere realizzato solo dalla scuola pubblica, da un sistema cioè tenuto, per il suo stesso ruolo istituzionale, ad assicurare un'istruzione di qualità per tutti.
La volontà che traspare in maniera evidente, anche da questa finanziaria, è invece quella di impoverire, dequalificare, destrutturare proprio il sistema pubblico dell'istruzione: c'è dietro questa scelta un'immagine ben precisa di società, un modello sociale in cui a essere promossi non sono la solidarietà o i diritti collettivi, ma la competitività, l'egoismo, l'individualismo.
La finanziaria del governo Berlusconi, in sintesi, non nasce da una logica di rigore né da una logica di sviluppo; non affronta in maniera strategica nessun problema di crescita del Paese (ricerca, infrastrutture, lavoro, eccetera); è un pesante attacco allo stato sociale, realizzato anche attraverso la riduzione dei fondi per gli enti locali, riduzioni che finiranno col penalizzare le tasche dei cittadini. Per non parlare di altre misure che andranno a colpire i più deboli, come l'abolizione del reddito minimo di inserimento, e il mancato rinnovo dei contratti per i lavoratori socialmente utili. Altro che riduzioni di tasse!
La battaglia che il centrosinistra sta conducendo in sede di dibattito parlamentare contro questa manovra profondamente sbagliata e pericolosa, le manifestazioni nazionali dell'Ulivo che si svolgeranno a Milano e a Bari sono l'occasione per avviare un ampio confronto su un'idea diversa e radicalmente alternativa di sviluppo, che è necessario mettere in campo per contrastare una politica che rischia di far arretrare il Paese e condannarlo a una situazione di declino e di marginalità.
ALBA SASSO * DEPUTATO DS


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33
Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL