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Drammatici i dati sulle mense scolastiche: danno la misura reale di quanto sia in crisi la missione costituzionale della scuola. Da quella bisogna ripartire

Comunicato stampa di Francesco Sinopoli, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

07/09/2017
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Come talvolta accade nel dibattito politico e pubblico, c'è qualche organizzazione che attraverso ricerche e denunce, ci riporta alla realtà, più o meno drammatica, delle condizioni in cui versano le persone in carne e ossa nel nostro paese e nelle nostre scuole. Quest'oggi è il caso della diffusione del meritevole Rapporto di Save The Children, "Non tutti a mensa 2017". Il Rapporto mette in luce due delle disuguaglianze più drammatiche e oscene del paese: quella che ha per protagonisti gli alunni delle scuole primarie, in modo orizzontale, nella stessa città o nello stesso comune, ad esempio; e quella che ritorna sempre più spesso tra le condizioni del Nord e quelle del Sud del Paese. Il Rapporto scrive che "Il quadro che emerge è allarmante: in 8 regioni italiane oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa. La forbice tra Nord e Sud continua a essere ampia, con cinque regioni del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (80%), Puglia (73%), Molise (69%), Campania (65%) e Calabria (63%). In quattro delle stesse regioni si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d'Italia (Sicilia 23,5%, Campania 18,1%, Puglia 16,9%, Calabria 15,7%)". Ed ha perfettamente ragione Raffaela Milano quando sostiene che i dati relativi al diritto alla mensa non vanno banalizzati, anzi, sono la spia delle profonde ingiustizie sociali ancora presenti in tante scuole del paese, sulle quali occorre intervenire tempestivamente. La dottoressa Milano avverte un nesso indissolubile tra il diritto alla mensa, i bisogni di socializzazione, l'incremento della povertà minorile e dei tassi di abbandoni scolastici.

L'irruzione della realtà delle nostre scuole primarie, a partire dalla terribile sperequazione tra istituti, e tra Nord e Sud, dovrebbe consigliare i decisori politici ad affrontare con maggiore serietà la questione degli investimenti nell'istruzione pubblica. La situazione drammatica delle mense scolastiche in alcune aree del paese, con tutti i significati materiali e pedagogici che essa reca con sè, è un altro di quei paletti che dovrebbero convincere il Parlamento a investire, fin dalla prossima legge di Bilancio, nella scuola pubblica tutto ciò che in questi anni le è stato sottratto, per raggiungere quel livello medio europeo di investimenti pari al 5,5% del Prodotto interno lordo. Ovvero, rendere strutturale quell'aumento dell'1% (circa 16 miliardi di euro) del Pil che ancora manca al nostro sistema scolastico. Lo impone la Costituzione, lo impone la democrazia, lo impongono autentiche politiche di lotta alla povertà e alle disuguaglianze.

Come ampiamente dimostra il Rapporto di Save the Children, la scuola non può essere mai uno degli elementi di moltiplicazione delle disparità sociali, non può essere il contenitore del disagio sociale, né può essere una delle istituzioni che favorisce le discriminazioni tra chi può e chi non può permettersi un servizio mensa. Non è tollerabile, non è sopportabile, non è sostenibile per la nostra democrazia che alcune scuole utilizzino i tornelli, che umiliano gli alunni e le loro famiglie, che non possono fruire della mensa perché non sono riusciti a ricaricare la tessera. Il dibattito estivo con estemporanee proposte sulla scuola difronte a questi dati perde totalmente di senso, si deve ripartire dalla funzione costituzionale di questa fondamentale istituzione che per prima cosa non deve lasciare indietro nessuno, integrare, fare da argine alle disuguaglianze, educare alla cittadinanza e alla democrazia.

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