Scuole private: l’emendamento del governo va respinto
Articolo di Enrico Panini sul il Manifesto
Pubblichiamo l’articolo di Enrico Panini, apparso ieri sul quotidiano “ il Manifesto”, a proposito dell’emendamento del governo sulle scuole non statali che viene discusso nel pomeriggio nell’Aula del Senato.
Roma, 11 gennaio 2006
Un sistema a quattro punte
Fra pochi giorni potrebbe realizzarsi una vera e propria rivoluzione nel nostro sistema scolastico. Sarebbe una rivoluzione di tale entità da mettere in ombra anche quanto copiosamente elargito fino ad ora dal Ministro Moratti a favore delle scuole private per abbattere quello che lei stessa ha definito, al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, il “monopolio della scuola statale”.
Alcune settimane fa il Governo ha presentato un emendamento al Decreto Legge 205 che andrà in discussione domani 11 gennaio nell’Aula del Senato.
Con quell’emendamento si intende portare a termine la costruzione di un sistema scolastico a quattro punte (scuola statale; scuola paritaria; scuola non statale paritaria; istituti privati); si offrono copiose garanzie normative e economiche ai soggetti privati; la scuola pubblica viene relegata nel ruolo di ancella “danarosa” dalla quale prelevare continuamente risorse per dirottarle verso altre finalità, dalle scuole private che hanno visto raddoppiare il loro finanziamento in cinque anni alla finanza creativa.
Mentre i dati Ocse ci dicono che il nostro Paese è scivolato nella serie B) della conoscenza e rischia una ulteriore retrocessione, ed è imbarazzante che il Ministro risponda trattando l’Ocse come degli scolaretti e citando a sua difesa dati di Istituti non indipendenti dal Ministero, il Governo mette in campo il più tradizionale scambio elettorale: scuole di tendenza in cambio di voti.
Ma andiamo con ordine e vediamo l’emendamento facendolo uscire dalle sue tecnicalità e dalle tante furbizie e dissimulazioni nascoste nei vari commi.
Si istituiscono le “scuole non statali non paritarie”. Una tipologia di scuole che non aveva i requisiti per chiedere la parità e che ora potrà operare sulla base di pure regole di mercato: nessun obbligo di avere insegnanti con l’abilitazione; nessun obbligo di accettare alunni disabili; nessun obbligo che le qualifichi in modo puntuale. Niente di niente ma ci si premura di riconoscere loro la funzione di assolvimento del diritto – dovere all’istruzione e alla formazione per coloro che non proseguiranno il percorso scolastico dopo la terza media. Questa previsione rappresenta ora una garanzia su una consistente fetta di mercato e costituisce l’anticamera per il rilascio dei titoli di studio
Poi si prende un istituto giuridico, la parificazione, che esisteva prima della Costituzione, nato negli anni trenta in una fase nella quale diverse scuole elementari private coprivano ampie carenze del sistema pubblico, che oggi coinvolge 30.000 alunni circa e si estende a tutte le scuole elementari paritarie che prima non potevano ricorrere a questa possibilità.
La parificazione comprende l’attivazione di una convenzione onerosa economicamente (per lo Stato). Con l’emendamento proposto si incrementa lo stanziamento (per il quale manca la copertura economica e la Commissione Bilancio non ha espresso il proprio parere) sia per chi ne usufruiva già sia per tutte le altre scuole elementari paritarie alle quali verrà esteso l’istituto della parificazione.
Ma non è ancora finita, perché si eliminano i requisiti previsti per le scuole elementari parificate e che ne motivarono all’epoca la nascita e il proseguimento (es: natura speciale della titolarità, gratuità di iscrizione e di frequenza, ecc.), così si potrà tranquillamente evitare ogni vincolo pur continuando, o incominciando, a ricevere un finanziamento diretto ancorché impedito dalla Costituzione.
Per quanto riguarda gli insegnanti nessun riferimento né al titolo di studio né all’abilitazione (solo “titoli professionali coerenti con gli insegnamenti impartiti e con l’offerta formativa della scuola (!)”) né tutele di carattere contrattuale: insomma siamo al peggiore far west.
Siamo di fronte ad un atto politico pesantissimo e all’espansione incentivata delle scuole di tendenza.
Auspichiamo che il Senato, nel rispetto dei principi costituzionali che non possono essere interpretati ideologicamente o in contrasto con le Sentenze della Corte Costituzionale, respinga l’emendamento presentato.
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