Il Ministero dell’Istruzione ritrova la sua funzione “Pubblica”
Nella seduta di ieri la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181. Si reintroduce l’aggettivo “Pubblica” nella denominazione del Ministero dell’Istruzione.
“L’ombra sua torna, ch’era dipartita”. Non si tratta stavolta dell’anima di Virgilio (Divina Commedia, Inferno, Canto IV), ma pur sempre di un’anima si tratta: l’anima della scuola italiana e dell’istruzione in generale inequivocabilmente pubblica, oggettivamente ( perché aperta a tutti) e soggettivamente (perché comunque garantita dall’obbligo costituzionale della Repubblica ad erogarla).
Da oggi il Ministero di Viale Trastevere riprende il nome di Ministero della Pubblica Istruzione dopo sette anni che l’aggettivo era scomparso dalla denominazione ufficiale e cinque da quella effettiva. Una scomparsa che pur essendo stata deliberata ai tempi dei precedenti governi di centro-sinistra, per poi essere di fatto attuata da quelli di centro-destra, non aveva mancato di suscitare sospetti e polemiche.
Deboli erano infatti le giustificazioni che si trattasse di una ridefinizione dovuta all’esigenza di comprendere nel nome (e nella nuova sigla: MIUR) anche l’università e la ricerca che in precedenza afferivano ad un altro ministero (MURST) oppure a quella di inviare un segnale meno centralista alle scuole statali nel frattempo diventate autonome. Più forte era il sospetto che si trattasse di un cedimento a chi, anche dall’interno della maggioranza, era incline a considerare il termine “pubblica” troppo coincidente con “statale”, col suo corollario di burocratismi, centralismi, statalismi e rigidità e improduttività varie. O comunque che si trattasse di un cedimento allospirito del tempo ( e, da un certo momento in poi, anche del Governo) sempre più improntato alla prepotenza del neoliberismo e alle conseguenti pratiche di privatizzazione.
Eppure l’aggettivo non nasce certo in epoca repubblicana, anche se non è alieno da qualche venatura riconducibile alla polemica politica del tempo. La denominazione Ministero della Pubblica Istruzione viene infatti coniata nel Regno di Sardegna, in coincidenza con la cessazione del monopolio dell’istruzione affidato agli organi religiosi (ai gesuiti in particolare) e da qui viene estesa successivamente a tutta la penisola con l’Unità d’Italia. Il fascismo la trasformerà in Ministero dell’Educazione Nazionale. Il nome originario sarà poi ripristinato nel 1945.
A quell’epoca anche l’università dipendeva dalla pubblica istruzione, solo più di recente i due ministeri vennero scorporati e per poi essere accorpati di nuovo nel 1996, scorporati nel 1998 e riaccortati nel 2001. Oggi vengono nuovamente scorporati.
Anzi è proprio la legge sul cosiddetto “spacchettamento” dei ministeri che offre l’occasione di tornare alla vecchia denominazione: un’occasione che in sé sembrerebbe confermare le ragioni meno maliziose sulla scomparsa dell’aggettivo, ma della quale, alla luce di recentissime polemiche (praticamente odierne!) e delle incursioni subite negli ultimi cinque anni ad opera del governo di centro-destra, c’era assolutamente bisogno.
Roma, 18 luglio 2006
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