Esami di stato: fuori l'autore!
Il Ministero sbaglia clamorosamente le tracce dei temi. Poi congeda l'ispettrice addetta al coordinamento nazionale degli esami. Ma l'errore non sta solo nell'aver scambiato il genere di chi ispirò i versi di Montale.
“Fuori l’autore!” si urlava una volta a teatro, quando dai loggioni potevano piovere applausi ma anche ortaggi e uova per il malcapitato che avesse messo in scena qualcosa di sgradevole.
“Fuori l’autore!” è il moto che sorge spontaneo, di fronte al clamoroso errore in cui è incorso chi al Ministero ha dettato le tracce dei temi, scambiando l’ispiratore e probabilmente anche il destinatario dei versi si Montale per una donna, inducendo in errore i sicuramente pochi alunni che si saranno impegnati nell’opera critica, di per sé stessa ardita, del Premio Nobel genovese, e suggerendo magari ai più accorti lettori del testo, in particolare di quella invocazione, “o lontano”, inequivocabilmente maschile, anche qualche maligna e inconfessata considerazione su una inesistente ambiguità sessuale del poeta.
E d’altra parte di fronte allo spettacolare interventismo mediatico di un ministro Brunetta che promette di decimare le schiere dei sindacalisti con una foga analoga a chi prometteva di radere al suolo le camere del lavoro è difficile sottrarsi alla tentazione di spettacolarizzare tutto.
E dunque sia: “Fuori l’autore!”
Ma a ben vedere nella traccia di quel tema (ed anche di altri, odierni e del passato) l’errore più grosso era un altro. L’errore è quello di concepire tracce in cui si chiede all’alunno di spiegare tutto per filo e per segno con dovizia di razionalità, anche quando si tratta di testi poetici in cui gran parte del valore deriva dalla suggestione che i versi sanno suscitare.
E ciò è tanto più vero per un poeta come Montale, che fa della composizione ermetica e della scelta di parole rare e suggestive la chiave della propria vena artistica.
Insomma non siamo di fronte al “Cinque Maggio” dove ad un alunno si può chiedere di sbizzarrirsi in storia (“due volte nella polvere, due volte sull’altar”), in geografia (le Alpi e le Piramidi, il Manzanarre, il Reno,il Don, nonché la breve sponda di Sant’Elena), senza contare le considerazioni sulla poetica del Manzoni, l’estetica del Romanticismo, la politica del cattolicesimo liberale e quant’altro.
Siamo di fronte a un testo dove bisognerebbe lasciare la studentessa e lo studente liberi di seguire la loro suggestione. Bisognerebbe chiedere loro di spiegarla e di inquadrarla nelle loro conoscenze, se ci sono, della poetica montaliana o della poesia più o meno ermetica del genere.
E invece no! Ecco allora per appena tre strofe una traccia più lunga del testo di riferimento, rivelatrice di quella stessa ansia procedurale di trascrizione “controllora” che sembra animare i burocrati e le loro circolari quando sono interessati a mettere sotto controllo l’operatività didattica dei docenti. L’adempimento al posto della suggestione. E per di più sbagliato!
Siamo dunque alla nemesi della fantasia nei confronti della burocrazia.
Ma non abbiamo dubbi che le ragazze e i ragazzi delle nostre scuole abbiano più fantasia dei nostri “Soloni” ministeriali.
Un aneddoto a questo proposito: in una scuola del milanese alla fine degli anni settanta fu dato in sede di esame di maturità un tema intorno al soggetto: “Il sonno della ragione genera mostri”. Un candidato sbagliò a trascrivere la dettatura e ne uscì “Il sonno della Regione genera mostri”. Erano gli anni dell’incidente dell’Icmesa e della diossina a Seveso: l’alunno fece un ottimo tema sul problema dell’inquinamento industriale in Lombardia.
Che la fantasia dei nostri alunni continui a supplire al sonno della ragione dei burocrati ministeriali ma soprattutto che la fantasia dei nostri giovani allontani i mostri generati dal sonno della ragione di quanti soffiano sul fuoco della demagogia spettacolare!
Roma, 19 giugno 2008
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