Dimensionamento e riorganizzazione rete scolastica: le Regioni respingono il commissario ad acta
Le regioni, comprese Lombardia e Veneto, rivendicano le proprie competenze e respingono l’invadenza del governo centrale


Ormai un vero e proprio tsunami si sta abbattendo sulle scelte scellerate di questo Governo sulla scuola.
Da ultimo anche le Regioni governate da maggioranze di centro destra si vedono costrette ad alzare la voce per rivendicare le proprie competenze su materie su cui la maggioranza al Governo sta muovendosi con la delicatezza di un caterpillar!
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e costretto ad una sospensione della Conferenza Unificata Stato Regioni è costituita dalla previsione di commissari ad acta nelle Regioni che non staranno al diktat del Governo centrale sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche entro il 30 novembre 2008.
Sono questioni di metodo quelle sollevate dalle Regioni che denunciano l’assoluta assenza di confronto ed addirittura di informazione fra Governo e Regioni, ancor più grave in questo caso, date le competenze regionali in materia.
Sin dall’inizio la FLC ha rilevato la pericolosità della tempistica imposta dal Governo su riorganizzazione delle rete scolastica, riassetto della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, accorpamento di indirizzi e revisione delle classi di concorso, riduzione del tempo scuola per tutti gli ordini e gradi.
A queste condizioni l’iscrizione, a gennaio 2009, diventa una roulette russa per studenti e famiglie piuttosto che una scelta consapevole!
Il Governo pare ormai accecato dalla necessità di fare cassa e travolge in questo suo furore ogni regola democratica che vive come disturbo alla sua azione.
La maggioranza sta rivelando il suo vero volto, gettando la maschera anche rispetto ai proclami sul federalismo, obbligati per tenere buona la Lega, ma in realtà smentiti ogni giorno, a fronte di un decisionismo che non conosce limiti né precedenti nella storia democratica del nostro Paese.
Lo sciopero del 30 ottobre sarà l’occasione anche per dimostrare che non sarà consentito a nessuno, neppure a chi rivendica alti tassi di gradimento nella pubblica opinione, cancellare le regole che ci garantiscono contro i rischi di derive plebiscitarie ed antidemocratiche, già vissute e sconfitte.
Roma, 17 ottobre 2008
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