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Unità-Il tempo negato ai bambini

Il tempo negato ai bambini di Andrea Ranieri* ' Anna Serafini** Italia, le grandi e medie città dell'Italia, sono attraversate in questi giorni da tanti cortei colorati, fatti di bambini, di gen...

15/01/2004
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l'Unità

Il tempo negato ai bambini
di Andrea Ranieri* ' Anna Serafini**

Italia, le grandi e medie città dell'Italia, sono attraversate in questi giorni da tanti cortei colorati, fatti di bambini, di genitori, di insegnanti, ma anche di persone diverse che allegramente si aggregano a un movimento radicale e festoso, come solo sanno esserlo i movimenti fatti di persone che portano in piazza la propria esperienza di lavoro e di vita.

Sono i bambini, i genitori, gli insegnanti delle scuole a tempo pieno del nostro Paese, che vedono minato dalla legge Moratti un proprio diritto fondamentale e una opportunità di crescita sociale e civile per sé e per i propri figli.

Hanno ottenuto già importanti risultati. Il Governo ha dovuto modificare, nel confronto con i Comuni e con le Regioni, il decreto applicativo della legge Moratti, garantendo comunque la stabilità dell'organico delle scuole per il prossimo anno a tempo pieno, e la piena assunzione da parte dello Stato dei costi della mensa scolastica. Giustamente non si accontentano.

La minaccia di veder trasformato in un doposcuola una grande esperienza didattica, che aveva saputo unire il sostegno ai genitori che lavorano con un progetto educativo per la crescita culturale dei loro figli, è inscritto nella logica stessa della legge sulla scuola del centro destra, che mira a trasformare tutta la scuola - da quella dell'infanzia, alla scuola primaria, a quella superiore attraverso la canalizzazione precoce - in un servizio a domanda individuale, in cui la scuola è chiamata a riprodurre le differenze fra le famiglie più che a promuovere la crescita sociale e culturale del cittadino bambino e adolescente.

È questo che il movimento respinge radicalmente, ed è significativa l'assoluta incomprensione di quello che sta succedendo da parte del Governo e dei suoi consulenti ufficiali, i quali si affannano a rispondere che il tempo scuola sarà flessibile, che le famiglie che lo vogliono potranno lasciare più a lungo i bambini a scuola, che le scuole potranno assumere personale ad hoc per tenere i bambini al pomeriggio etc, appellandosi a quel familismo individualista che è alla base del loro progetto culturale.

I genitori che manifestano, assieme ai bambini e ai loro insegnanti non sono e non si sentono individui isolati, sono persone che vogliono decidere insieme; portano in piazza una comunità e un progetto educativo che si è saldato in anni di lavoro e di partecipazione; un'esigenza di solidarietà e di socievolezza che spiazza completamente la logica culturale di fondo del modello scolastico del centro destra.

Questo movimento di quartiere e di vicinato sarà a Roma sabato prossimo per chiedere il ritiro del decreto del Governo, o almeno una sua radicale revisione.

Il salto alla dimensione nazionale chiede alla politica, ai partiti, ai sindacati, alle associazioni, un impegno e un sostegno ancora più pieno di quanto si è già manifestato nelle scuole, nei consigli di circoscrizione, nei municipi, nei Comuni.

Occorrerà saperlo fare non sovrapponendosi al movimento ma aiutandolo a crescere, individuando tutte le azioni necessarie a livello istituzionale - in Parlamento, nelle Regioni, negli Enti locali, nei quartieri - perché contro il decreto, e oltre lo stesso decreto governativo, quelle straordinarie esperienze che sono il tempo pieno e la scuola primaria del nostro Paese, possono continuare a crescere, a produrre innovazione, qualità, cambiamento.

Le scuole a tempo pieno non sono in piazza per cercare qualcun altro a cui delegare il futuro dei propri figli, ma per trovare una politica capace di preservare ed accrescere il loro sentirsi protagonisti nel disegnare il presente ed il futuro di una scuola che hanno imparato a sentire come la propria scuola.

E sono un'occasione imperdibile per la politica per riaggiornare e ridefinire le proprie priorità. Klaus Davi, un massmediologo che ha coordinato di recente una ricerca sui consumi dei bambini e degli adolescenti, anticipandone i risultati su Repubblica, ci rivela come i bambini e i ragazzi dagli 8 ai 16 anni figli delle famiglie a basso reddito, sono i consumatori più accaniti di videogiochi, di patatine e caramelle e di siti internet per adulti, e passano più tempo alla televisione di tutti gli altri teleutenti, piccoli e grandi. Il più delle volte da soli.

Il consumo dei prodotti reclamizzati in Tv diventa per le famiglie povere l'unica modalità percepita di riscatto sociale, il surrogato di una mobilità sociale che non si ritiene più possibile.

Per i bambini e i ragazzi poveri delle periferie la playstation e la televisione sono il più economico sostituto delle attività più differenziate a disposizione - a pagamento - dei loro coetanei più agiati: le attività sportive, il corso di lingua o musica, la ginnastica.

Una vita così alimenta fra i bambini e gli adolescenti delle periferie un senso di esclusione, di rifiuto della cultura, di accettazione dell'inferiorità sociale, che segnerà in gran parte tutte le loro scelte scolastiche e la loro vita futura, le loro stesse opinioni politiche e culturali.

La vita dei bambini e degli adolescenti è forse oggi il terreno decisivo su cui riprogettare un'idea di uguaglianza e di libertà, di costruzione di un nuovo welfare capace di promuovere le pari opportunità delle persone.

Non è che il tempo pieno che c'è risolva di per sé questo problema; ci vorrebbe forse un nuovo Don Milani capace di scoprire le nuove esclusioni e di progettare le nuove Barbiana nelle periferie delle città. Ma i genitori, gli insegnanti, i bambini che difendono quelle scuole, il loro progetto educativo, la loro tensione comunitaria, sono la premessa essenziale a qualsiasi intervento teso a ridare dignità e speranza alla vita di tanti bambini e adolescenti del nostro Paese.

* Segreteria Ds
** Responsabile Consulta Ds Infanzia e Adolescenza


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