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Sole 24 ore-Italia molti insegnanti e più anziani

Italia molti insegnanti e più anziani Scuola - L'indagine Eurydice-Eurostat rivela che abbiamo il più numeroso corpo docente rispetto agli alunni dopo la Danimarca Quello che si affaccia al...

24/02/2003
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Il Sole 24 Ore

Italia molti insegnanti e più anziani

Scuola - L'indagine Eurydice-Eurostat rivela che abbiamo il più numeroso corpo docente rispetto agli alunni dopo la Danimarca
Quello che si affaccia alla fase operativa della riforma Moratti è un corpo insegnante numeroso e contraddistinto da un'età media avanzata. Il confronto con i dati europei, reso possibile dall'edizione 2002 dello studio "Le cifre chiave dell'educazione in Europa" prodotto da Eurostat ed Eurydice per la Commissione europea, parla chiaro. Nelle scuole italiane, elementari, medie e superiori, insegnano più di 680mila persone (il 2,9% della popolazione attiva), e ci sono 10,5 studenti per insegnante, un tasso superato dalla sola Danimarca (dove il rapporto è di 9,6 a 1) e lontano da quello degli altri grandi Paesi europei; in Spagna gli studenti per insegnante sono 13,1, in Francia 14,6 e in Germania 16,1. Nelle scuole del nostro Paese il rapporto più basso si registra alle superiori, dove ci sono 10,2 ragazzi per ogni docente, mentre sale a 11,1 alle elementari. Una larghissima parte di questo esercito di insegnanti è composto da veterani. Se nelle scuole europee la quota di docenti con più di 40 anni oscilla, a seconda del grado di istruzione, fra il 63 e il 69%, negli istituti italiani gli ultraquarantenni si aggiudicano quasi tutte le cattedre: sono il 70% dei maestri elementari, e addirittura l'88,1% nelle scuole secondarie. In questa situazione, lo spazio riservato alle nuove leve è davvero esiguo: alle elementari solo il 4% dei maestri ha meno di 30 anni, e nelle scuole medie e superiori i giovani sono mosche bianche, rappresentando solo lo 0,1% della popolazione insegnante. Solo la Germania presenta dati simili a quelli italiani mentre la media dell'Unione europea, dove gli insegnanti under 30 sono il 12,8% nelle primarie e il 9% nelle secondarie, è molto lontana. L'età media più bassa si registra in Belgio, unico Paese dell'Ue in cui la maggioranza degli insegnanti ha meno di 40 anni, e molti giovani si trovano anche dietro alle cattedre inglesi, dove il 21,8% del personale nelle scuole primarie ed il 18% nelle secondarie non ha ancora compiuto 30 anni. Una leva importante per il ricambio generazionale e per l'assetto futuro della classe insegnante è rappresentato dalla formazione, settore su cui i piani elaborati dal ministro Moratti introducono forti elementi di novità. Fino ad oggi per insegnare alle elementari era necessaria la laurea abilitante mentre per accedere alle secondarie la riforma di Berlinguer aveva generato le Ssis, Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario, un biennio formativo successivo alla vecchia laurea e strutturato sull'approfondimento delle materie d'insegnamento, corsi di ambito pedagogico e tirocini gratuiti presso le scuole (il tutto, al lordo delle migliaia di precari comunque in lista d'attesa). La riforma Moratti cancella questa struttura e prevede per tutti gli aspiranti insegnanti la laurea specialistica quinquennale: si arriverà alla cattedra dopo tre anni di corso di laurea, due di specializzazione all'insegnamento ed un tirocinio formativo con contratto di formazione lavoro. Il nuovo percorso ideato dalla riforma sposa le tendenze più diffuse a livello continentale, dove l'iter formativo più frequente è rappresentato dal cosiddetto "modello consecutivo": l'apprendistato teorico, basato sulle diverse materie d'insegnamento e sullo studio pedagogico, precede il momento pratico, che si svolge negli istituti scolastici, è remunerato e viene considerato un aspetto qualificante in vista dell'impiego. Anche per quel che riguarda la durata prevista, cinque anni dopo il diploma, il nuovo assetto appare più omogeneo al quadro continentale. Con l'eccezione dei tedeschi, che dedicano alla formazione dei futuri insegnanti di scuola secondaria sei anni e mezzo, negli altri Paesi Ue non si superano mai i cinque anni, e in molti casi è previsto un iter quadriennale. pagina a cura di Alessia Tripodi Gianni Trovati
Lunedì 24 Febbraio 2003


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