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Riforma sì, ma senza soldi Prova del nove per le politica scolastica del governo: la riforma, per essere varata, ha bisogno di fondi, ma il ministero non ha ancora indicato quanti e quali. Il 30 ...

23/09/2002
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Riforma sì, ma senza soldi

Prova del nove per le politica scolastica del governo: la riforma, per essere varata, ha bisogno di fondi, ma il ministero non ha ancora indicato quanti e quali. Il 30 settembre si saprà se i finanziamenti sono previsti nella legge finanziaria per il 2003 o se dovranno essere raccolti grazie ad ulteriori tagli nel bilancio del Ministero dell'Istruzione.
La prima bozza della legge delega era stata duramente criticata, a gennaio, proprio perché non prevedeva impegni di spesa, il testo licenziato a marzo dal consiglio dei ministri, invece, è stato integrato rimandando a dopo l'approvazione della legge il reperimento dei fondi. All'art. 1, comma 3, è scritto: 'per la realizzazione delle finalità della presente legge, il Ministro predispone, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge medesima, un piano programmatico di interventi finanziari'. La discussione della legge delega al Senato, nel frattempo, è slittata a giovedì 26.
Se la legge passerà prima della fine dell'anno, come è prevedibile, i finanziamenti dovranno essere emanati in primavera e ricadrebbero quindi nella programmazione della finanziaria 2003.
Si tratta di aspettare il 30 settembre, dunque, per sapere se il governo ha intenzione di coprire con nuovi investimenti la riforma dell'istruzione, che ammonteranno a svariati milioni di euro. In caso contrario le alternative sono rimandare al 2003 o 2004 la riforma o finanziarla con tagli alle spese.
I risparmi, però, dovranno essere drastici, perché lo voci da finanziare sono tante: formazione del personale, piano contro la dispersione, sistema di valutazione, edilizia scolastica. Il periodico on line '#8216;Tuttoscuola' ha provato a ipotizzare, sulla base di indiscrezioni e voci ufficiose, i capitoli su cui il governo potrebbe operare i tagli.
Il ministero potrebbe tentare di far tornare all'insegnamento i 18.500 docenti esentati a vario titolo (comandati, distaccati, soprannumerari, sindacalisti, responsabili dei progetti). Se almeno il 40 per cento di loro tornasse a insegnare, si risparmierebbero 300 milioni di euro all'anno. A spingere in questa direzione c'è già un decreto legge del 20 settembre che introduce l'obbligo per gli insegnati in soprannumero di partecipare ai corsi di riconversione professionale. Obbligo che, secondo '#8216;Tuttoscuola', se non venisse atteso, porterebbe al licenziamento.
Ulteriori fondi, circa 170 milioni di euro all'anno, potrebbero venire dall'accorpamento degli istituti con un rapporto alunni/docenti inferiore al 9,5.
Secondo '#8216;Tuttoscuola', inoltre, è al vaglio l'ipotesi di aumentare la media di alunni per classe dall'attuale 20,5 al 21,5, con una riduzione (sull'attuale numero di studenti) di circa 17.500 classi. Di conseguenza si avrebbe anche una diminuzione del numero di insegnanti, circa 40-42.000 unità in meno, del personale ausiliario e amministrativo, ma anche delle aule. Una pessima notizia per i precari, classici o delle Ssis che siano, e per i vincitori di concorso, dopo che anche quest'estate le assunzioni erano state bloccate. Ma il colpo sarebbe duro anche per il personale ausiliario, passato dagli enti locali alle dipendenze dello stato: perderebbero il posto venti ausiliari su cento.
L'ultimo possibile capitolo, infine, sono gli insegnanti di sostegno per gli studenti disabili, con l'innalzamento del rapporto insegnate di sostegno/alunni a 1 ogni 145, contro l'attuale 1 a 138, che porterebbe ad una diminuzione minima (senza considerare i posti in deroga alla legge per i casi di handicap particolarmente gravi) di circa 6.000 posti.
(E.Teb.)


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