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VII commissione . istruzione - dibattito 17 luglio

MERCOLEDI' 17 LUGLIO 2002 104a Seduta (pomeridiana) Presidenza del Presidente ASCIUTTI Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea. L...

18/07/2002
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MERCOLEDI' 17 LUGLIO 2002
104a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI

Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.

La seduta inizia alle ore 14,40.

IN SEDE CONSULTIVA

(Doc. LVII, n. 2) Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006
(Parere alla 5a Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)

Riprende l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana di ieri.

Interviene in discussione generale la senatrice SOLIANI, la quale ritiene che il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) delinei un quadro macroeconomico assai incerto. L'unico aspetto che nel Documento ricorre frequentemente e presenta profili di certezza è che ogni intervento, almeno per i settori di competenza della 7a Commissione, dovrà essere compatibile con gli equilibri di finanza pubblica. Rileva inoltre come si sia manifestata una diffusa preoccupazione nei confronti di un atto che non prevede concrete misure finalizzate allo sviluppo economico del Paese.
Per quanto riguarda poi lo specifico comparto della scuola, alla scarsa chiarezza degli elementi programmatico-finanziari contenuti nel disegno di legge n. 1306 riguardante la riforma scolastica (scarsa chiarezza confermata anche dalle osservazioni critiche presenti nel parere della Commissione bilancio) corrisponde una approssimazione anche maggiore nelle parti del DPEF dedicate all'istruzione e persino i concetti condivisibili richiamati nel medesimo Documento risultano svuotati di significato in quanto si traducono in una mera formulazione di desideri e auspici senza il necessario corredo di indicazioni quantitative certe sulle risorse disponibili.
Più in generale, appare chiaro che la scuola non ha una posizione preminente nell'ambito delle linee di politica economica delineate dal DPEF e lo stesso ragionamento vale per l'università, la ricerca e per i beni culturali. Al contrario, dovrebbe essere chiaro che, nel contesto europeo, la competitività del sistema Paese italiano (concetto che sta particolarmente a cuore all'attuale Governo) si giocherà proprio sul piano della formazione, della ricerca e dei beni culturali, ma allora occorrerà dotarsi di una strategia adeguata e di risorse sufficienti. Da questo punto di vista il Documento in esame dimostra tutta la sua debolezza a fronte di altri Stati partner dell'Unione europea, come ad esempio la Gran Bretagna, che hanno deliberato significativi incrementi dei fondi da destinare all'istruzione. In proposito ella adombra invece il sospetto che in Italia si sia voluta lasciare inattuata la legge n. 30 del 2000 proprio per dislocare in altri settori considerati prioritari le risorse finanziarie che sarebbe stato necessario investire per la scuola.
Quanto alla ricerca, essa non può intendersi solo alla stregua della logica di profitto propria del mondo imprenditoriale. Al riguardo, dal DPEF non si traggono elementi di certezza circa l'effettiva possibilità di avvicinarsi all'obiettivo tendenziale dell'1 per cento del PIL per quanto concerne i finanziamenti da assegnare a tale settore, né ci si può affidare solamente ai meccanismi di cofinanziamento pubblico-privato per assicurare il complessivo aumento delle risorse da destinare al comparto. Gli investimenti in favore del sistema pubblico di ricerca, infatti, rivestono una rilevanza che non sembra sostituibile con altre forme di finanziamenti. Del resto, non possono esservi né riforme né modernizzazione in mancanza delle necessarie risorse finanziarie, ma si verificherà semmai un generale arretramento e un blocco delle riforme già avviate. Per questi motivi la politica economica sottoposta dal Governo all'esame del Parlamento non appare credibile e neppure ispirata a quel pragmatismo che spesso la maggioranza ritiene di dover invocare.
Dopo aver ricordato la marginalità che anche il settore dei beni culturali riveste nell'ambito del Documento in esame e l'assenza di una indicazione puntuale delle risorse che dovranno essere trasferite alle regioni nell'ambito del processo di devoluzione, ella dichiara di condividere i rilievi critici avanzati dal Presidente relatore in merito alla scarsa attenzione dimostrata dal DPEF per la questione della parità scolastica, per il ruolo dei docenti e per il grave problema del precariato. Su quest'ultimo punto sottolinea la contraddittorietà fra le due diverse esigenze di non creare da una parte altro personale precario e dall'altra di avere docenti giovani e continuamente aggiornati.
La soluzione dei problemi sopra richiamati, in effetti, non può che discendere dall'adozione di una strategia globale finalizzata allo sviluppo economico e agli investimenti, che arrechi sollievo ai problemi occupazionali e avvii la creazione di un nuovo stato sociale, i cui valori fondanti non mutino, ma che appaia più dinamico e che dia il giusto rilievo anche ai settori dell'istruzione e della cultura. Si tratta di una sfida che neppure il "patto per l'Italia" sembra in grado di cogliere, risultando piuttosto lacunoso dal punto di vista delle materie di competenza della 7a Commissione.
In conclusione, ella ritiene che la mancanza di adeguati investimenti nel campo della formazione della cultura renda il Paese meno competitivo e anche meno libero, inficiando l'effettivo rispetto del diritto allo studio per le nuove generazioni. Se invece l'Italia vuole svolgere un ruolo positivo e da protagonista in una Europa sempre più ampia e unita, la diffusione della conoscenza e della cultura deve rappresentare un valore imprescindibile. Motiva quindi il voto contrario nei riguardi della proposta di parere favorevole preannunciata dal Presidente relatore in ragione del fatto che è lecito supporre che il Governo voglia invece colpire il sistema pubblico di istruzione, voglia indebolire lo stato sociale e dare vita a una società più divisa e diseguale, ridimensionando la sfera dei diritti individuali.

Il senatore GABURRO osserva che le riflessioni sul DPEF rappresentano l'occasione per fare il punto sullo stato dell'economia del Paese. In proposito, egli evidenzia come la crisi mondiale abbia alterato le previsioni economiche avanzate lo scorso anno e ricorda che nella scena internazionale l'economia italiana, caratterizzata da dimensioni generalmente piccole, risulta particolarmente esposta ai condizionamenti esterni. Al riguardo, solo un'Europa più robusta potrà assicurare un maggior peso alle economie dei Paesi membri e quindi anche a quella italiana.
Nonostante ciò, il saggio di crescita dell'economia italiana nell'ultimo anno è stato pari all'1,3 per cento, più basso cioè delle previsioni ma tuttora superiore di mezzo punto a quello degli altri Stati partner: ciò, pur costituendo un risultato non eclatante, rappresenta pur sempre una significativa inversione di tendenza. Conferma quindi che la maggioranza parlamentare nutre fiducia per le possibilità economiche del Paese e sta lavorando in direzione del loro rafforzamento.
In relazione poi alle materie di competenza della 7a Commissione, pur riconoscendo che sarebbe stato opportuno fornire maggiori elementi quantitativi nel Documento in esame, ritiene tuttavia che la crisi economica generale richieda prudenza nelle stime. Ad ogni modo il Governo e la maggioranza stanno affrontando le problematiche della scuola, dell'università e della ricerca secondo una nuova ottica che conferisce rilievo assoluto, sul piano culturale e politico-economico, al rapporto tra pubblico e privato. Nell'ambito di questa strategia, il Governo sta seguendo una sequenza che conferisce giustamente priorità alla riforma della scuola, mentre si sta già elaborando il riordino del settore universitario e della ricerca. In particolare, la riorganizzazione dei cicli scolastici appare ispirata a principi innovativi, anche se il rispetto dei vincoli finanziari ne comporterà una graduale attuazione nel corso del successivo triennio.
Ringrazia infine il Presidente relatore per aver segnalato l'assenza di espressi riferimenti alla questione della parità scolastica, che a suo avviso costituisce una seria lacuna che dovrà essere evidenziata nel parere che la Commissione si appresta a rendere.

Prende la parola la senatrice ACCIARINI, la quale sostiene che il DPEF e la prossima legge finanziaria costituiranno il vero banco di prova dell'attuale Governo e della sua maggioranza, dal momento che la manovra finanziaria dello scorso anno ancora scontava le difficoltà legate al passaggio di legislatura e al cambio dei vertici politici. Eppur non intendendo sottacere le difficoltà complessive insite nel quadro economico generale, ella critica fortemente il Documento del Governo, che ha suscitato vaste perplessità, non solo tra le file dell'opposizione, in quanto conferma la filosofia del ministro Tremonti, che opera una vera e propria scommessa sui conti, gestisce i dati con leggerezza e manca di prudenza nelle stime. Al contrario, come testimonia l'impostazione data a suo tempo dai Governi di Centro-sinistra per manovra finanziarie ben più gravose per il Paese di quella attuale, si dovrebbe fare affidamento solo su risorse effettivamente reperite e non sui risultati di mere proiezioni.
Nel merito del DPEF, appare evidente che le riforme dal Governo ritenute davvero rilevanti sono solamente quelle economiche, mentre il tema dell'istruzione e della formazione ha un rilievo meramente settoriale e ciò si riverbera negativamente sulla strategia e sugli impegni di spesa previsti per il settore scolastico. Rileva quindi la differenza di trattamento per comparti, osservando come per la Difesa ci si spinge a definire puntualmente gli obiettivi finanziari da raggiungere riguardo al PIL, mentre nel settore scolastico manca qualsiasi dato quantitativo.
Si sofferma poi sulle principali omissioni del DPEF nei confronti della scuola, vale a dire la valorizzazione dell'autonomia, il potenziamento dell'edilizia scolastica, la centralità del ruolo dei docenti e dei dirigenti scolastici, il problema dei precari. Manifesta altresì preoccupazione per la politica governativa che, sulla base anche di altri provvedimenti, fa emergere la volontà di una forte contrazione degli organici nel comparto scolastico, determinando conseguenze negative non solo sotto il profilo occupazionale, ma anche dal punto di vista dell'efficienza didattica. La diffusione delle tecnologie informatiche, infatti, non potrà comunque essere sostitutiva rispetto al ruolo dei docenti, svolgendo in ogni caso una mera funzione ausiliaria.
Passando alla questione degli esami di Stato, ribadisce che il Governo ha erroneamente voluto disciplinare tale questione all'interno della legge finanziaria, mosso fondamentalmente dall'ansia di conseguire risparmi, più che di fornire una soluzione efficace dei problemi. Lo stesso Esecutivo, del resto, è poi dovuto correre ai ripari a causa dei suoi errori di stima, dimostrando con ciò di aver mal gestito un aspetto del sistema scolastico che rappresenta una tappa importante per la vita delle persone e un passaggio rilevante ai fini dell'accesso alla formazione superiore e al mercato del lavoro.
Quanto al più volte citato "patto per l'Italia", ella ritiene che gli obiettivi ambiziosi che in quel documento ci si propone di conseguire mal si conciliano con la sottovalutazione del ruolo dell'istruzione e della formazione che si evince chiaramente dallo scarso spazio loro dedicato. Ugualmente critico è il suo giudizio nei confronti della finalità che il Governo si prefigge, cioè, l'estensione del diritto-dovere di formazione per un periodo di almeno 12 anni; una finalità in sé condivisibile, ma negativamente condizionata dalla stessa politica economica dell'Esecutivo che non rende disponibili le risorse necessarie.
Ella valuta inoltre negativamente il paragrafo concernente la devoluzione, che richiama espressamente il disegno di legge costituzionale n. 1187 tendente a revisionare l'articolo 117 della Costituzione. Emerge infatti da tale disegno la volontà di accentrare presso le strutture regionali poteri di gestione che invece, in base al principio dell'autonomia scolastica, dovrebbero essere posti in capo ai singoli istituti. Denuncia infine la contrazione delle risorse finanziarie da destinare all'accrescimento dell'offerta formativa, scelta che conferma il basso profilo che il Governo intende mantenere nei confronti delle problematiche scolastiche, a fronte viceversa di una caratterizzazione complessiva del Documento di programmazione economico-finanziaria eccessivamente ottimista e tendente a sopravvalutare gli andamenti dell'economia.

Il senatore FAVARO non ritiene si debba approfondire in questa sede la discussione sui temi specifici della scuola e della formazione, dal momento che il Documento di programmazione economico-finanziaria costituisce un atto di ampio respiro, la cui funzione è quella di formulare previsioni economiche e sulla base di esse delineare gli obiettivi finanziari e le linee di politica economica del Governo. Per queste ragioni, l'impostazione del Documento non può che essere ottimista, come è tradizione di tutti i Governi, e non può che limitarsi all'indicazione delle linee generali, rimandando alla successiva legge finanziaria la concretizzazione delle cifre e dei dati quantitativi.
Ciò non toglie che la disponibilità delle risorse finanziarie per il settore dell'istruzione rappresenti un problema autentico, che si è riproposto puntualmente in occasione di ogni esercizio finanziario. Ritiene tuttavia che il Governo non stia perdendo del tempo, avendo già indicato chiaramente le priorità future. Compito del Parlamento sarà pertanto di valutare la coerenza fra gli obiettivi indicati e l'effettivo svolgersi dell'azione di Governo. Al riguardo, osserva che l'insieme dei provvedimenti adottati in materia configurano una strategia omogenea derivante anche dalle esigenze poste dalla riforma del Titolo V della Costituzione.
Giudica inoltre infondate le critiche avanzate rispetto alla visione eccessivamente economicistica che caratterizzerebbe il DPEF. Non potrebbe essere altrimenti, infatti, trattandosi di un Documento elaborato dal Ministro dell'economia e delle finanze e spetta alle Commissioni parlamentari competenti eventualmente spostare l'asse della strategia governativa verso il merito dei problemi. Allo stesso modo respinge i rilievi critici rivolti alla supposta indeterminatezza del processo di devoluzione, in quanto sono puntualmente indicate le riforme da varare e le conseguenti risorse da trasferire alle regioni, così come - per il comparto dell'istruzione - emerge chiaramente l'obiettivo di procedere ad una razionalizzazione della spesa.
Dichiarando poi di condividere totalmente la relazione del presidente Asciutti, conviene in particolare con la proposta di includere specifici passaggi dedicati alle questioni della parità scolastica e dei precari nei settori della scuola e dei beni culturali. In proposito, sottolinea come un servizio pubblico non possa funzionare in maniera efficace senza che il personale addetto goda di stabilità. Auspica pertanto che possano quanto prima essere risolti i problemi relativi alla copertura finanziaria del disegno di legge n. 1122, attualmente all'esame della Commissione.
Quanto al maggior rilievo che il Documento dovrebbe attribuire alle esigenze dei docenti, ricorda tuttavia che già nel corso della scorsa legislatura era stato posto in evidenza lo squilibrio esistente nel rapporto tra insegnanti e alunni, in Italia più alto di quello che si registra negli altri Stati europei. In merito a ciò, sin dal 1998 era stato assunto l'impegno politico a procedere alla riduzione degli organici, ma tale proponimento non aveva avuto alcun esito.
In conclusione, egli evidenzia altri due temi che risultano ingiustificatamente assenti nel paragrafo del DPEF intitolato all'istruzione. In particolare, si tratta della riforma del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che non può più svolgere il ruolo di ente gestore del personale, ma che dovrebbe viceversa caratterizzarsi come centro di indirizzo e controllo procedendo senza indugio al trasferimento delle risorse a vantaggio degli enti territoriali, e della tutela dell'autonomia scolastica, che deve passare attraverso sia l'esatta definizione dei compiti del Ministero e delle singole istituzioni scolastiche, che la responsabilizzazione di coloro che effettivamente gestiscono il personale.

La senatrice Vittoria FRANCO, premesso di soffermarsi in particolare sulle indicazioni contenute nel DPEF con riferimento al settore dei beni culturali, riconosce che, a differenza dello scorso anno, il Documento reca quanto meno uno specifico paragrafo, con l'enunciazione di linee di indirizzo. Mancano tuttavia le modalità di applicazione, nonché l'individuazione dei meccanismi di copertura finanziaria atteso che ogni intervento riformatore è espressamente condizionato alla compatibilità con i conti pubblici. Si tratta di considerazioni critiche svolte del resto anche dai rappresentanti della Corte dei conti nella recente audizione presso la Commissione bilancio, dalla quale è emersa altresì l'esigenza di una manovra correttiva per coprire il fabbisogno reale di 19 miliardi di euro, a fronte di quello stimato in 12 miliardi. Né il Documento individua obiettivi programmatici di spesa.
Quanto al merito delle indicazioni contenute, ella rileva anzitutto la conferma della disposizione contenuta nell'ultima legge finanziaria relativa all'affidamento in concessione ai privati della gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica dei beni culturali. Il Documento sollecita poi una rivisitazione delle forme organizzative per una più razionale ed economica utilizzazione delle risorse, senza tuttavia fornire alcun chiarimento al riguardo. Prevede poi la predisposizione di forme di raccordo più attive fra i diversi livelli di governo (Stato, regioni ed enti locali), in coerenza con il nuovo Titolo V della Costituzione, ma non specifica che dovranno essere corrispondentemente trasferite le necessarie risorse a livello locale. Esso prefigura infine la realizzazione di nuove forme di connessione fra politiche culturali e dello sport ed altre politiche (trasporti, turismo, attività produttive e ambiente).
La senatrice Franco richiama infine l'obiettivo di un progressivo adeguamento della spesa pubblica di competenza del Ministero, convenendo che solo un adeguato investimento pubblico nella cultura può attirare l'intervento privato. Non può tuttavia non registrare la battuta d'arresto riscontrata rispetto all'incremento del 20 per cento realizzatosi fra il 1996 e il 2001.
Ella si sofferma quindi sulla recente istituzione di due società per azioni (Patrimonio Spa e Infrastrutture Spa), attraverso le quali il Governo sembra voler realizzare investimenti sottratti alle regole del bilancio dello Stato codificate con riferimento alla manovra finanziaria. Sottolinea inoltre la totale assenza di riferimenti alle attività di spettacolo e alle istituzioni culturali, che pure hanno conosciuto con l'ultima legge finanziaria una decurtazione pari al 17 per cento dei trasferimenti loro destinati.
Conclude dando atto al Presidente relatore di aver citato, fra le lacune del Documento, l'esigenza di prefigurare una sistemazione definitiva al personale precario secondo l'impegno unanimemente assunto nel corso dell'ultima manovra finanziaria.

Il senatore VALDITARA ricorda come Alleanza Nazionale abbia da sempre sostenuto l'esigenza di investire risorse significative in assi portanti per il futuro del Paese quali la scuola, l'università e la ricerca. Prende quindi atto con soddisfazione dell'incremento delle risorse assicurate dal Documento in esame in settori vitali, in parte peraltro già individuati nell'ordine del giorno della maggioranza accolto dal Governo nel corso dell'esame del disegno di legge di riforma scolastica, quali la riforma degli ordinamenti (in particolare della scuola), le nuove tecnologie, la valorizzazione professionale dei docenti e del personale amministrativo attraverso non solo il riconoscimento dell'autoaggiornamento ma anche evidentemente adeguamenti stipendiali in media con i livelli europei, la prevenzione del disagio giovanile, l'edilizia scolastica.
A fronte di tali linee di indirizzo, egli ritiene poi importante prefigurare anche l'inserimento definitivo dei docenti precari, concludere i concorsi per la dirigenza scolastica e portare a compimento la parità scolastica.
Nel rilevare dunque positivamente la novità costituita da una programmazione pluriennale degli investimenti, auspica un richiamo all'ordine del giorno accolto dal Governo e approvato dalla maggioranza in sede di esame della riforma scolastica affinchè vi sia una quantificazione finanziaria degli oneri sia pure nella consapevolezza della difficoltà di giungere in questa sede ad indicazioni di preciso dettaglio.
Egli registra poi con soddisfazione lo spazio assicurato dal Documento alla ricerca scientifica, nonché alla riforma universitaria. Conclude esprimendo un giudizio positivo, sia pure con le osservazioni sopra ricordate, sul Documento che '#8211; ricorda '#8211; riveste carattere generale e necessita quindi delle annuali manovre finanziarie per garantire le risorse necessarie al compimento delle riforme ivi prefigurate.

Il senatore D'ANDREA osserva che il DPEF dovrebbe anticipare i contenuti della manovra di finanza pubblica. Il Documento in esame elude invece questo obiettivo di carattere generale, limitandosi ad un elenco delle difficoltà e alla indicazione generica di riforme settoriali.
Va peraltro riconosciuto che alcune previsioni del Documento dello scorso anno si sono rivelate infondate per cause indipendenti dal Governo, come ad esempio il peggioramento del contesto finanziario internazionale. Altri errori di valutazione, fra cui la sottostima degli effetti negativi del contesto internazionale da un lato e la sovrastima degli effetti in termini di rilancio dei provvedimenti cosiddetti "dei cento giorni" dall'altro, dipendono invece più direttamente da responsabilità dell'Esecutivo. Ciò ha determinato non solo un peggioramento del contesto economico-finanziario di riferimento, ma anche una riduzione delle risorse nei settori più penalizzati dall'ultima legge finanziaria proprio in conseguenza della scelta del Governo di realizzare il programma "dei cento giorni" (fra cui in primo luogo la scuola, vista solo come occasione per ridurre la spesa pubblica).
Conviene dunque con la sollecitazione del senatore Valditara a richiamare l'ordine del giorno relativo alle risorse da destinare alla riforma scolastica. Ritiene tuttavia che, per rendere credibile tale intervento, occorrerebbe una maggiore chiarezza nel Documento sugli impegni finanziari in favore della riforma. Se infatti si avvereranno le previsioni di una manovra correttiva, è realistico ritenere che essa '#8211; pur non arrecando probabilmente tagli diretti ai settori della scuola, dell'università, della ricerca e dei beni culturali, già considerevolmente penalizzati negli scorsi anni '#8211; impedirà l'allocazione di risorse aggiuntive nei settori stessi.
Il Documento in esame rischia allora di restare un elenco di buone intenzioni, pur apprezzabile a fronte della totale laconicità di quello dello scorso anno, ma inidoneo ad andare oltre, in mancanza del quadro macroeconomico di riferimento. Le spese per l'innovazione sono del resto scoraggiate anche da contraddizioni nell'iniziativa legislativa del Governo: al riguardo, egli ricorda il blocco delle assunzioni dei ricercatori da parte degli enti di ricerca disposto dall'ultima legge finanziaria, nonché la riduzione delle risorse destinate all'edilizia scolastica e al diritto allo studio universitario.
Nel dare peraltro atto al Presidente relatore di aver individuato alcuni punti critici, quali l'assenza di ogni riferimento alla sistemazione dei precari nei settori dell'istruzione e dei beni culturali, allo stato giuridico dei docenti universitari e alla parità scolastica, aggiunge criticamente che manca ogni riferimento anche alle attività dello spettacolo tanto da far sorgere il dubbio che il Governo non intenda assumere una diretta responsabilità in tale settore in considerazione del riassetto delle competenze fra Stato e regioni.
Deplora infine l'assenza dei rappresentanti del Governo al dibattito sul Documento in esame, nonostante sia nel loro interesse recuperare centralità rispetto alle logiche economicistiche che lo ispirano.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16,30.


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