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Vari kataweb-FRA UNIVERSITÀ E MINISTRO È DI NUOVO SCONTRO

LA LEGGE MORATTI FRA UNIVERSITÀ E MINISTRO È DI NUOVO SCONTRO VINCENZO MILANESI L'Università italiana è stata bloccata per più di un anno dalle discussioni innescate dalla legge Mo...

06/12/2005
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LA LEGGE MORATTI
FRA UNIVERSITÀ E MINISTRO È DI NUOVO SCONTRO
VINCENZO MILANESI

L'Università italiana è stata bloccata per più di un anno dalle discussioni innescate dalla legge Moratti sul reclutamento e sullo stato giuridico dei docenti; e ora che siamo ormai entrati in una campagna elettorale per le elezioni politiche di primavera ci ritroviamo ad aver parlato davvero troppo poco di tutto il resto, dei problemi veri che attanagliano in una morsa che può essere mortale i nostri Atenei. Intendiamoci: non che quelli di cui si è discusso non siano anch'essi problemi reali, ma non ha senso affrontarli nel modo in cui invece siamo stati indotti a farlo, rincorrendo cioè un ministro che è stato indotto da consiglieri (o "consigliori"...) pasticcioni a imporre un risultato che scontenta tutti, perché non si sono affrontati i nodi più intricati che pure è necessario sciogliere se si vuole dare una prospettiva di crescita effettiva
in termini di qualità al nostro sistema universitario.
Disegnare un quadro normativo nuovo che definisca un'architettura adeguata alle esigenze di rinnovamento per l'assetto della docenza e per i meccanismi di reclutamento e di progressione delle carriere dei professori presuppone una scelta chiara sul senso che si vuole dare a un concetto: quello di autonomia delle Università. E' un concetto-cardine, perché sancito costituzionalmente è il principio dell'autonomia degli Atenei, ma si tratta di scrivere davvero le regole di sistema che quell'autonomia sono chiamate a rendere effettiva e nel contempo a definire.
Siamo d'accordo tutti sul serio su cosa vuol dire riconoscere un'autonomia non solo a parole alle Università? E quando dico "tutti" intendo sia i decisori politici che gli attori del sistema, cioè i docenti. Siamo davvero in grado di garantire una governance, come si usa dire oggi, per gli Atenei che non rischi di trasformare l'autonomia in pura e semplice licenza?
Ma c'è un altro livello di discorso ancora più fondamentale da raggiungere, più "a monte" rispetto a questo della forma di governo degli Atenei. Difficile non condividere l'affermazione spesso ripetuta che non vi può essere autonomia senza responsabilità. Ma siamo sicuri di avere un'idea chiara di come questa responsabilità può essere accertata e come possono essere "messe in conto" a chi ha male esercitato le responsabilità connesse all'esercizio di questa autonomia le conseguenze negative che tale esercizio può aver comportato?
Nel nostro Paese la cultura della valutazione sta oggi ancora ai primi vagiti. Dappertutto, sia ben chiaro, ma anche nel mondo universitario dove invece è essenziale introdurre strumenti il più tendenzialmente possibile oggettivi per accertare la qualità del lavoro svolto negli Atenei, per verificare il raggiungimento o meno degli obiettivi che ciascuno di essi, nell'esercizio responsabile della propria autonomia, si è dato. Questo dovrebbe essere lo schema logico cui attenersi per dare davvero pratica e concreta attuazione a un'autonomia responsabile. Ed è evidente che, in un simile quadro di riferimento, anche tutti i problemi connessi alle modalità di reclutamento e di progressione di carriera dei docenti assumerebbero un significato ben diverso.
Per rendere migliore la selezione "in ingresso" dei docenti e dare un senso agli stessi loro avanzamenti di carriera, basta "mettere in conto" le conseguenze di queste scelte all'Ateneo che le compie, ma sul serio, però. Altro che i profluvii di retorica sulla necessità di "moralizzazione" dei concorsi universitari, che peraltro, detto per inciso, non rivelano un "tasso di moralità" diverso da quello corrente nel nostro meraviglioso ma singolare Paese in questi anni...
Da qualche anno a questa parte la Conferenza dei rettori delle Università italiane, la Crui, ha abbozzato un primo disegno di costruzione di un meccanismo che ci porti a definire regole e procedure che consentano a tutti gli Atenei di essere valutati, come accade in tutto il mondo civile. Al di là di ogni dettaglio, quello che dovrebbe restare fermo è il carattere di "terzietà" di un'Agenzia, o di un'Authority, chiamata a svolgere questa delicatissima funzione, rispetto sia agli Atenei che al ministro. Solo così il meccanismo può funzionare con la necessaria credibilità e autorevolezza. E in questo senso si muove la proposta della Crui.
Bene. Il ministro Moratti è ora invece intenzionato a infilare nel decreto legge "omnibus" di fine anno, di cui si parla nei corridoi parlamentari, una norma che prevede l'istituzione di un Comitato nazionale per la valutazione delle Università composto a maggioranza da "esperti" nominati dallo stesso ministro.
La cosa non richiede alcun commento. Si commenta da sé. D'accordo che viviamo in un Paese in cui il cosiddetto "conflitto di interessi" non sembra preoccupare più di tanto l'opinione pubblica, e nemmeno i massimi responsabili del governo, che hanno un qualche... interesse a che questa preoccupazione non scuota la coscienza civile dei cittadini. Ma nelle Università ci sarà di nuovo scontro con il ministro, se questa sarà la strada sulla quale avviare il necessario provvedimento che finalmente introduca la pratica della valutazione nel sistema universitario italiano.
Vincenzo Milanesi


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