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Valutazione, la scuola divisa i professori la difendono gli studenti dicono basta

Il leader dell’associazione presidi: una follia abolire il sistema attuale Il presidente della commissione cultura alla Camera: Invalsi superato

15/12/2018
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la Repubblica

Corrado Zunino

Un altro pezzo di scuola, e di università, conosciuta viene messo in discussione dal governo in carica. La valutazione di studenti e docenti è l’ultima conquista culturale da rivedere: serve accorpare i suoi enti controllori Invalsi e Anvur e, se possibile, portare a regime (del ministero) il sistema, oggi troppo indipendente. Dopo aver ridotto l’Alternanza scuola lavoro, abolito la chiamata diretta da parte del dirigente scolastico, allestito concorsi facilitati per le diplomate magistrali, soppresso la formazione post-universitaria per entrare in cattedra, in queste ore il ministero dell’Istruzione ha avviato la Commissione semplificazione. Sotto lo scudo dell’articolo 5, in un anno riorganizzerà la valutazione. E, come dice il comma a, potrà intervenire “attraverso razionalizzazioni e soppressioni”. Degli enti gestori.

L’Associazione nazionale dei presidi, che con Antonello Giannelli ha fin qui criticato l’azione di smontaggio della meritocratica Buona scuola, dice: «Abolire la valutazione delle scuole sarebbe una tale follia che questo esecutivo non arriverà a farlo. Il passo indietro sarebbe notevole. Invalsi, oggi, è un sistema abbastanza oggettivo e molto utile, una diagnostica della scuola che consente al decisore politico di intervenire sui molti problemi avvistati». L’ex sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, da difensore della valutazione, adesso segnala: «Ridimensionare l’istituto significa non voler migliorare una scuola che, luogo di formazione dei ragazzi, deve puntare al meglio non alla mediocrità».

Il professore Roberto Contessi, Filosofia al Liceo Giulio Cesare di Roma, autore del libro “Scuola di classe”, assicura: Somministrare delle prove su un campione di ragazzi scelto in modo ragionato, allo scopo di misurare il valore aggiunto apportato da ogni scuola all’apprendimento, è un’idea assolutamente condivisibile. I risultati Invalsi fanno emergere le profonde iniquità del sistema formativo italiano, un lavoro che disturba. Abolirlo è un errore, dare la colpa al termometro perché misura la febbre del malato è la strada peggiore». Carlo Albarello, già docente di Lettere al Liceo Virgilio di Roma, ora impegnato in ambito universitario, sostiene: «Invalsi non ha mai funzionato perché non tiene conto dei livelli di partenza di studenti e istituti e perché nessuno lo ha mai usato con rigore. È utile una valutazione nazionale sulla didattica nelle scuole, ma deve esserci un progetto di legge chiaro sulla formazione e l’aggiornamento dei docenti».

Gli studenti della Link, da sempre critici con la valutazione per test, con Alessio Bottalico dicono: «L’attuale sistema di valutazione universitario», e qui parliamo di Anvur, «definisce la quota premiale per il riparto del Fondo di finanziamento ordinario, ma non garantisce una ridistribuzione in grado di aiutare gli atenei in difficoltà. Serve un cambio di rotta da parte del governo ». Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura alla Camera, viene individuato come uno dei suggeritori delle riforme Invalsi-Anvur. «Ha fatto bene il ministro a immaginare un cambiamento sulla valutazione », assicura, «la questione in Italia è degenerata. Oggi non si valutano i processi di apprendimento, si danno solo pagelle allo studente, che poi se le ritrova nel curriculum. L’Invalsi è invasivo e non è accompagnato da misure per risolvere le questioni che lo stesso istituto scopre: i problemi dei nostri ragazzi con la comprensione del testo, il far di conto. Si vendono manuali per superare i Test Invalsi, si studia in classe come superare il test. No, sulla valutazione stanno tornando indietro anche negli Stati Uniti”.


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