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Università e incarichi esterni: ok al doppio lavoro per i prof

Docenti all’università a tempo pieno, con consulenze esterne all’ateneo: i professori potranno lavorare anche con enti privati, riconoscendo però all’università una percentuale dei guadagni per finanziare la ricerca e le borse di studio destinate agli studenti. È questa la soluzione proposta dalla Lega

02/02/2019
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Il Messaggero

Lorena Loiacono

ROMA Docenti all’università a tempo pieno, con consulenze esterne all’ateneo: i professori potranno lavorare anche con enti privati, riconoscendo però all’università una percentuale dei guadagni per finanziare la ricerca e le borse di studio destinate agli studenti. È questa la soluzione proposta dalla Lega ai problemi sorti per centinaia di docenti universitari che, accettando di svolgere consulenze esterne pur lavorando a tempo pieno per l’università pubblica, si sono ritrovati nelle indagini della Guardia di finanza e sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti. 

I PROBLEMI
Si tratta infatti di una situazione critica per tanti professori che va avanti da anni tra leggi, tra cui la 382/1980 poi estesa anche dalla 240/2010 dell’allora ministro all’istruzione Gelmini il cui intento era proprio quello di regolamentare le consulenze, e interpretazioni varie. Ora con una proposta, di cui è primo firmatario il senatore Mario Pittoni della Lega, presidente della Commissione istruzione, si prova a fare chiarezza sulla liberalizzazione delle consulenze mantenendo sempre il rispetto dell’impegno preso con l’Ateneo dove si insegna a tempo pieno

L’ITER
Vale a dire che, prima di svolgere attività esterne, bisogna assicurarsi di poter garantire le ore previste dal contratto, vale a dire oltre alle lezioni, anche i colloqui e gli incontri con gli studenti, e soprattutto l’attività di studio e di ricerca. «Ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno, nel rispetto degli obblighi istituzionali – si legge nel testo che prima dello stralcio di tutto il pacchetto Scuola era contenuto in un emendamento al ddl Semplificazioni - è liberamente consentito lo svolgimento di attività di consulenza extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici oppure anche per fini di giustizia. Tali attività possono essere svolte anche in regime di partita Iva, senza necessità di iscrizione ad albi professionali, fatta eccezione per le professioni sanitarie». 

AUTORIZZAZIONE
Il lavoro di consulenza deve essere preventivamente comunicato al Direttore del Dipartimento in cui insegna il docente e al Rettore.
Una volta ottenuto il via libera, il docente destinerà una quota pari al 10% del compenso all’attivazione di posti di ricercatore, di borse di dottorato, di assegni di ricerca e di borse di studio per studenti universitari. Spetta comunque al singolo Senato Accademico deliberare la ripartizione del contributo alle diverse destinazioni.

INTERPRETAZIONE
«Abbiamo dato voce a una richiesta che arriva direttamente dal mondo universitario – spiega il senatore Mario Pittoni – vogliamo dare un’interpretazione autentica per far sì che i docenti non si trovino a dover rispondere alla giustizia per aver dato un’interpretazione sbagliata alla norma. Oltre al fatto che, regolamentando le consulenze, arriveranno anche nuovi introiti alle università che da anni ormai fanno fatica a trovare nuove risorse da investire sulla ricerca e sulle borse di studio. Si tratta di un percorso già ben avviato all’estero su cui l’Italia è rimasta sempre indietro». 

INDAGINI
Si tratta infatti di una realtà che va chiarita: di fatto la legge 240 sanciva la legittimità del diritto dei docenti a svolgere attività esterne all’Ateneo. Un lungo lavoro della Guardia di Finanza portò nel maggio del 2018 ad un totale di ben 411 docenti universitari indagati. Nel mirino dei militari c’era il dubbio del “doppio lavoro”, ritenuto tale perché i docenti erano impiegati a tempo pieno all’università ma avevano accettato anche impegni esterni. La Corte dei Conti individuò su 172 casi un danno erariale per 42 milioni di euro, ritenendo in alcuni casi che il limite massimo di guadagno non dovesse superare i 5mila euro lordi annui. 

Tanti di quei casi, che investirono gli Atenei dal Nord al Sud di Italia coinvolgendo docenti di facoltà come ingegneria e architettura, chimica, giurisprudenza ed economia, vennero poi archiviate dopo diversi mesi di indagini serrate. A dimostrazione del fatto che, su quella norma, serve chiarezza. Per questo il testo di riforma proposto dalla Lega dovrebbe fare una volta per tutte chiarezza delle situazioni assai frequenti nelle Università di tutta la penisola. 


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