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Unità: Scuola, la piccola riforma che in pochi rivendicano

OBBLIGO A SEDICI ANNI Un punto innovativo importante è stato messo. Le polemiche però affogano quel che c’è.

10/01/2007
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l'Unità

OBBLIGO A SEDICI ANNI Un punto innovativo importante è stato messo. Le polemiche però affogano quel che c’è. A Caserta forse non se ne parlerà. Dall’Istruzione alla Ricerca si passa a un campo dove c’è ancora molto da fare. Il governo è in carica da cinque mesi...S

ono sulla bocca di tutti, quasi quanto il riformismo. Non c’è ministro, non c’è segretario o esponente di partito che non le indichi come «le priorità» del governo. Scuola, università, ricerca. In una parola: il sapere. E se a Caserta si deve decidere l’agenda di riforme del governo, logica vuole che questi argomenti debbano avere grande rilevanza nella due giorni campana.

Innalzamento dell’obbligo Passato quasi sotto silenzio, in Finanziaria è stato approvato l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni. Una riforma storica, attesa da una trentina d’anni che non ha avuto l’eco meritata, affogata dalle polemiche su tagli ai ministeri e misure fiscali. Il comma 622 del testo approvato è molto secco. «L’istruzione impartita per almeno dieci anni (dai 6 ai 16, Ndr) è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L’età per l’accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni». Queste poche righe ora vanno tramutate in pratica definendo specificamente cosa sarà l’istruzione secondaria. Dal testo devono seguire i decreti attuativi e i regolamenti del ministero della Pubblica Istruzione. Un’operazione molto complessa sulla quale le discussioni sono già in atto anche dentro il ministero guidato da Fioroni. Va deciso come normare il biennio dell’istruzione superiore, come trasformare i licei, come riformare l’istruzione tecnica, come considerare le scuole professionali. Decine di adempimenti che devono trasformare in realtà una storica riforma. Nell’agenda governativa c’è poi l’ulteriore passo per smontare definitivamente la riforma Moratti, partendo dai programmi della scuola di base. Allargando il campo, tra le priorità individuate ci sono la lotta al bullismo e alla dispersione scolastica, vera piaga soprattutto a Napoli.

Investimenti università e ricerca Messo alle spalle «l’anno magro», il ministro Mussi vuole un 2007 ben più pingue. La parola d’ordine per quest’anno sarà Lisbona. Lì nel 2000 sono stati fissati i parametri per gli investimenti in ricerca ed università che entro il 2010 dovranno raggiungere rispettivamente il 3 e il 2% del prodotto interno lordo. Ad oggi l’Italia è all’1,1 per la ricerca e allo 0,88 per l’Università: insomma, siamo lontani anni luce. Per tentare di raggiungere queste cifre serve subito un piano di investimenti molto forte. Questo è quello che Mussi chiederà a Caserta, conscio che i tagli subiti nella scorsa Finanziaria lo legittimino ulteriormente nella richiesta. Un piano che Mussi vuole indirizzare in due direzioni: quello per le risorse umane e per i finanziamenti agli atenei. Se già nella Manovra appena approvata era prevista l’assunzione di 2 mila ricercatori, questo numero ora andrà elevato in modo sostanziale.

Allo stesso tempo è di terribile attualità l’aumento degli stipendi dei ricercatori. L’indagine della Nidil Cgil ha denunciato che un ricercatore su tre guadagna meno di 800 euro al mese. Un dato sconcertante su cui Mussi vuole subito intervenire alzando gli stipendi e gli assegni di ricerca in modo sensibile. Per i primi mesi del 2006 il Ministero ha già avuto il via libera per riorganizzare quella che Mussi chiama la «governance» del sistema universitario, partendo dalla piramide dei docenti. Qui si cercherà di aumentare il numero degli ordinari e di abbassare quello degli associati, ad oggi quasi identici. Si passa poi al capitolo finanziamenti agli atenei. La volontà è quella di legarli a progetti di ricerca definiti e specifici diminuendo così il potere dei baronati.

di Massimo Franchi/ Roma


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