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Unità-Le riforme senza cuore

27.12.2002 Le riforme senza cuore di Antonio Padellaro A sentire riparlare di dialogo sulle riforme istituzionali, viene in mente quello slogan degli anni Settanta che, stampato sotto un ritratt...

27/12/2002
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l'Unità

27.12.2002
Le riforme senza cuore
di Antonio Padellaro

A sentire riparlare di dialogo sulle riforme istituzionali, viene in mente quello slogan degli anni Settanta che, stampato sotto un ritratto particolarmente losco di Richard Nixon, chiedeva: comprereste un'auto usata da quest'uomo? A quei tempi molti americani avevano degli ottimi motivi per non fidarsi del loro presidente. Oggi, certamente, molti italiani non comprerebbero da Silvio Berlusconi, e dai suoi sodali, neppure una bicicletta bucata. Figuriamoci dargli fiducia sulle riforme. Tuttavia, l'evento appare ineluttabile. Avrà luogo al Senato, prima in commissione il 14 gennaio, poi in Aula il 21 e il 22. Mentre alla Camera l'appuntamento è per il 16 gennaio, con apposita riunione dei capigruppo. A palazzo Madama si dibatterà di premierato, che è il progetto della maggioranza, condiviso da alcuni settori dei Ds. E si parlerà di cancellierato, proposta di Nicola Mancino, autorevole esponente dell'opposizione. Regista dell'operazione, precisano le cronache, è il presidente del Senato Marcello Pera. Che sulla impegnativa materia, come riferito dalla "Stampa", avrebbe aperto un dialogo con il presidente della Quercia, Massimo D'Alema considerato grande esperto della materia. Anche se le cose stanno un bel pezzo avanti, anche se la famosa auto in vendita fa già bella mostra di sè (sperabilmente con il motore funzionante e senza il contachilometri truccato), resta la domanda iniziale. Dopo quello che è successo, l'opposizione può sedersi allo stesso tavolo con questa destra?
Non è un interrogativo rituale, o soltanto di buona creanza istituzionale. A sinistra, Sergio Cofferati ha già risposto di no, che non esiste nessun margine di dialogo bipartisan sulle riforme tra i due Poli, perché "l'interlocutore è totalmente inaffidabile su tutti i fronti". Però Cofferati, si obietta, parla troppo al cuore degli elettori, eccede nelle sue avversioni, mentre sulle scelte strategiche del centrosinistra occorre parlare soprattutto al cervello, e usare le armi fredde e affilate della ragione (sulla prevalenza in politica dei due organi hanno dissertato l'ex leader della Cgil e il segretario di Ds Fassino; certamente ricordando che Menenio Agrippa ricondusse a Roma, la plebe, ritiratasi sull'Aventino, con il famoso apologo sulla necessità che le varie parti del corpo cooperino).
La passione rifiuta il dialogo sulle intese costituenti, non per impulsività o estremismo, ma perché non riesce a dimenticare le leggi approvate a colpi di maggioranza per salvare Berlusconi e Previti dai processi. Accadeva soltanto tre mesi fa, e l'opposizione, al culmine di una battaglia parlamentare vigorosa e senza esclusione di colpi, accompagnata dalle affollate manifestazioni dei girotondi, rivolse alla maggioranza accuse pesantissime. I leader del centrosinistra parlarono, concordemente, di gravissima ferita inferta alla legalità. Si osservò che neppure il fascismo era arrivato a dire: "li abbiamo fregati", come si sentì motteggiare (dal garbato sen. Schifani) tra i banchi di Forza Italia. Ora, sostiene sempre la passione, delle due l'una. O quella reazione fu esagerata, e allora l'opposizione farebbe bene a chiedere scusa. Oppure quella ferita c'è stata, non si è rimarginata, ma allora come si può dialogare con coloro che hanno fatto strame della legalità, con chi ha calpestato democrazia e Costituzione per il vantaggio di una sola persona? Si è detto dell'attivismo del presidente del Senato Pera, che oggi mostra il volto rassicurante della istituzione sopra le parti e si erge a tutore dei valori condivisi. Ma non è quello stesso Pera di cui i leader del centrosinistra dissero che si era messo al servizio della sua parte politica, venendo così meno all'obbligo di imparzialità e arrecando un grave danno alla credibilità delle istituzioni? Ma, come si sa, spesso la passione è cieca, agisce con scarso realismo e dimentica che la politica deve guardare avanti e non perdersi nelle recriminazioni del passato.

La ragion politica, più cervello e meno cuore, indica invece all'opposizione una strada diversa. Quella di sedersi sì al tavolo delle riforme, poiché non si può dire sempre no, poiché si tratta di fissare le regole del gioco che devono valere per tutti. Partecipare al dialogo, dunque, ma solo dopo avere ottenuto formali assicurazioni sul comportamento futuro della maggioranza. Che dovrà smetterla di imporre le sue leggi con la prepotenza di chi contando in Parlamento su cento voti in più, ritiene di poter fare e disfare a suo piacimento. Quanto al presidente Pera, se davvero ha lodevolmente riscoperto un ruolo di garanzia, allora riconosca di avere ecceduto in partigianeria durante la discussione della Cirami; e, per il futuro, prenda l'impegno di comportarsi, almeno, con l'equilibrio dimostrato dal suo collega della Camera, Casini. In assenza di queste cautele minime, l'opposizione, oltre al danno, rischia anche la beffa. Sedersi allo stesso tavolo con un avversario che non ha esitato a calpestare il tuo giusto diritto, e che probabilmente punta a far passare le sue di riforme, a cominciare da quella che vuole incoronare Berlusconi re della Repubblica, è una dimostrazione di debolezza, e insieme un segnale non esaltante per il morale del proprio elettorato.

Quando si parla di valori condivisi, oltre alla ragione e alla passione, anche la storia dovrebbe avere il suo peso. Come ha ricordato con efficacia Mario Pirani, il 13 maggio 2001 le elezioni le hanno perse le forze che discendono storicamente dagli artefici della vittoria antifascista, legittimate dalla Liberazione, dalla Repubblica e dalla Costituzione, scritta congiuntamente. Mentre le forze vincenti, tranne gli ex dc, sono tutte estranee all'arco costituzionale e, nel caso di An, addirittura eredi diretti degli sconfitti del 25 aprile 1945, ancorché sdoganati dal placet interessato di Berlusconi. È possibile un reciproco riconoscimento sulle regole comuni tra due mondi così speculari nelle loro differenze? O è una domanda troppo passionale?

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