Unità-L'università scende in piazza contro la Moratti
L'università scende in piazza contro la Moratti di red. Ci sono gli striscioni "Moratti addio" e "la politica delle tre I: ignoranti, ignari e imbelli" sul colonnato del Rettorato dell'Universit...
L'università scende in piazza contro la Moratti
di red.
Ci sono gli striscioni "Moratti addio" e "la politica delle tre I: ignoranti, ignari e imbelli" sul colonnato del Rettorato dell'Università La Sapienza di Roma, ad annunciare la giornata di protesta negli atenei italiani. La protesta contro la riforma della docenza presentata dal ministro Moratti non è solo a Roma, ma attraversa l'Italia e mobilità tutte le università italiane. Nei diversi atenei sono in corso occupazioni simboliche dei rettorati e assemblee, con inevitabili ripercussioni sulla didattica. L'intento è quello di fare pressioni sul ministero dell'Istruzione perché vengano introdotte modifiche sostanziali al provvedimento che, secondo esponenti del mondo accademico, così come è stato concepito, aumenta la precarizzazione, penalizza la didattica e favorisce la fuga dei cervelli all'estero.
La mobilitazione non esaurisce le azioni di lotta proclamate dalle associazioni della docenza: è previsto, infatti, anche il blocco della didattica nella prima settimana del secondo semestre accademico (diversa da ateneo ad ateneo) ed è in cantiere uno giornata di sciopero di tutte le università italiane entro marzo. Nel frattempo, comunque, vanno avanti, seppure faticosamente, i tavoli di confronto avviati dal ministro con i rettori e i sindacati di categoria e per il 10 marzo è in calendario un appuntamento a Palazzo Chigi con il vicepresidente del consiglio, Gianfranco Fini, per affrontare la questione dei finanziamenti agli atenei.
A Roma, docenti e ricercatori, insieme ad alcuni studenti, hanno occupato simbolicamente il Rettorato, proclamando un'assemblea nell'Aula Magna e verbalizzando in piazza gli esami sostenuti dagli studenti.
"Il ministro Moratti - spiega il prorettore Gianni Orlandi - è determinato a portare avanti un disegno di legge che penalizza l'università pubblica italiana e i ricercatori, incrementa la precarizzazione. Questa riforma spezza il collegamento tra università e ricerca, facendo diventare gli atenei dei semplici superlicei per la preparazione di massa degli studenti, ma senza eccellenza". Secondo Marco Marafina, ricercatore di fisica e membro del coordinamento nazionale di categoria, "su questa riforma si stanno dicendo tante cose inesatte". "Non è vero ad esempio - sostiene - che ci sono 3.500 docenti a favore, come dice la Moratti. Il mondo universitario è quasi completamente compatto contro questo disegno di legge". Sullo scalone del rettorato, a verbalizzare gli esami di Scienze biologiche, c'è Stefania Stefanini, ricercatore dall'81. "Da dieci anni - dice - tengo i corsi del primo anno a un numero di studenti che va dai 200 ai 350. Quest'anno abbiamo avuto 1.500 immatricolati e all'appello di oggi c'erano 178 iscritti. Noi ricercatori teniamo il 45% dei corsi della Sapienza e siamo da anni in attesa di riconoscimento giuridico, mentre sembra che il nostro ruolo voglia essere mandato ad esaurimento". Il direttore del dipartimento di Scienze Statistiche, Enzo D'Arcangelo, annuncia: "faremo altre assemblee in questi giorni, in vista del corteo nazionale di sabato 13 marzo contro la riforma Moratti". Tra i docenti anche la senatrice Maria Chiara Acciarini, dei Ds, membro della Commissione Cultura di Palazzo Madama. "Non escludiamo - sottolinea la parlamentare - di fare ostruzionismo contro questa legge. Una riforma dell'università è necessaria, ma questa va proprio nel senso opposto a quello che servirebbe". Secondo la senatrice, "questa legge è la precarizzazione elevata al sistema, mentre l'università dovrebbe dare certezze. Si rischia di perdere gli elementi migliori".
A Napoli e Caserta, i Rettorati delle rispettive università degli studi sono stati occupati invece dagli operatori universitari, studenti, assegnisti, corsisti e dottorandi. nell'ambito della protesta che si è protratta per diverse ore, c'è stato anche un incontro a cui ha partecipato il rettore del secondo ateneo, Antonio Grella, incentrato su molti aspetti della riforma stessa che, secondo i manifestanti, potrebbe determinare alterazioni e penalizzazioni del sistema formativo e della ricerca.
A Pisa, docenti, ricercatori, precari, studenti, si sono trovati tutti assieme per dire no alla riforma. Chi transitava dai Lungarni ha visto un fiume di persone, quasi cinquecento, sfilare fin sotto il rettorato, che è stato simbolicamente occupato. All' interno della Sala dei Mappamondi, è stato letto il testo di un documento inviato all'attenzione del ministro dell'Istruzione, dove si chiede l'immediato ritiro del decreto definito "l'estremizzazione di un processo di precarizzazione della ricerca e dell'insegnamento universitario". La protesta ha saldato per una volta le posizioni di chi nelle facoltà lavora e di chi vi studia, seppur con alcuni distinguo. I ricercatori hanno infatti cercato solidarietà presso gli organi accademici. Studenti e precari, di fatto fuori dall'Università, hanno criticato in parte anche l' ateneo. Secondo Daniele Ippolito, dottorando in Fisica, "l'università pisana ha costituito essa stessa un laboratorio della precarietà, sia per la ricerca, sia per i lavoratori tecnici e amministrativi".
Anche l'Università di Sassari ha partecipato alla protesta nazionale contro la Moratti. L'occupazione simbolica del rettorato non c'è stata, ma si è svolta a partire dalle 9,30 un'assemblea autoconvocata in aula magna con rappresentanti di docenti, studenti e genitori, aperta dal rettore Alessandro Maida. La facciata e l'interno dell'ateneo sono stati addobbati con decine di striscioni, per lo più sarcastici, contro il ministro dell'Istruzione. Per il 23 marzo prossimo la Cgil scuola ha intanto proclamato la prima giornata di lotta dei precari dell'Università per l'assunzione di almeno ventimila ricercatori ed il ritiro immediato del ddl Moratti.
Anche il rettorato dell'Università de l'Aquila, come quelli di tutta Italia, è stato occupato simbolicamente da docenti, ricercatori e studenti. Erano presenti all'assemblea di ateneo tutti i rappresentanti sindacali della docenza universitaria che contestano una riforma dello stato giuridico "caratterizzata dal precariato" che "danneggia la qualità del sistema ed esercita scarsa attrazione sui giovani migliori". Docenti e ricercatori, rifiutando l'articolazione della docenza a due fasce, chiedono, invece, che si crei immediatamente "la terza fascia per tutti gli attuali ricercatori" e venga "varato un progetto di reclutamento straordinario". Tra le altre critiche, quella relativa all'abolizione della distinzione tra tempo pieno e tempo definito, che "svilisce l'impegno di quei docenti che dedicano all'università tutte le proprie energie" e quella riguardante la gestione nazionale dei concorsi.
L'università di Palermo è invece "a lutto". Insegnanti, ricercatori e iscritti dell'ateneo che hanno partecipato a un'assemblea a palazzo Steri, sede del rettorato, portavano sul petto un badge con il "sigillum", simbolo dell'università, listato a nero e la scritta "No al ddl Moratti". Sono state attuate un'occupazione simbolica del rettorato e la sospensione delle lezioni per unirsi alle proteste indette in tutta Italia. In prima fila anche il rettore Giuseppe Silvestri, e il giurista Giovanni Fiandaca, leader siciliano del movimento dei Professori e tra gli organizzatori di un sit-in che si svolgerà sabato alle 17, nella centralissima piazza Politeama. Per venerdì, invece, è in programma un dibattito al liceo classico "Meli", mentre nella facoltà di Farmacia è convocata una nuova assemblea e per tutta la settimana le attività didattiche saranno sospese. Già nei giorni scorsi, a Lettere, si era svolta un'assemblea alla presenza di circa un migliaio di docenti e studenti per discutere sul progetto di riforma. Gli studenti si sono dati appuntamento per l'8 marzo, alla facoltà di Lettere, per un altro momento di protesta e dibattito. Iniziativa itinerante dei Cobas, che vanno in giro con un "bus demorattizzante" distribuendo materiale informativo sulle ragioni del no.
Proteste anche nelle altre due università siciliane, quelle di Catania e Messina. A Catania un migliaio di docenti, ricercatori, funzionari amministrativi e studenti hanno occupato simbolicamente il rettorato, dove si è è tenuta un'assemblea. A Messina, dove studiano anche centinaia di giovani calabresi, i dimostranti si sono invece riuniti nella facoltà di Lettere.