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Unità: L’Università in piazza per non morire

Ricercatori, studenti e docenti contro i tagli. Epifani: sciopero contro il governo. Mussi: hanno ragione, dovevamo far di più

18/11/2006
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l'Unità

di Massimo Franchi / Roma

«NON È STATO FACILE, ma è stato giusto». Guglielmo Epifani dal palco di piazza Navona chiude il primo sciopero confederale unitario contro il governo dell’Unione. Il mondo della ricerca e dell’università, 20 mila in corteo a Roma, per protestare contro chi

«in campagna elettorale parla di centralità della ricerca e poi appena arriva al governo se ne dimentica». Ad ascoltarlo in piazza ci sono i “precari della conoscenza”. L’età media anno dopo anno si alza e ormai supera i 35 anni. Ragazzi, 80 mila secondo le stime, che sui libri e nei laboratori sono da 15 anni e hanno ancora un futuro incerto, spesso legato alla Finanziaria che con i tagli previsti potrebbe decretare il mancato rinnovo dei loro contratti a tempo o Co.co.co. Una protesta che unisce ricercatori, docenti e studenti che in coro dicono «basta al continuo depauperamento del loro comparto» e chiedono modifiche alla Finanziaria. La legge di bilancio è l’imputato numero uno, lo strumento con cui in pochi giorni le speranze del mondo della ricerca sono crollate. «Dopo i disastri fatti in tutti i settori dal centro-destra tutto ci saremmo aspettati - ha attaccato Epifani - tranne che questo governo non assumesse con la forza, la coerenza e il rigore necessari la centralità di questi temi e di questa sfida, così come era previsto nel programma. Se si dice che una cosa è centrale non la si può poi trattare come le altre, ma deve avere un trattamento speciale e in questo caso non per interessi corporativi ma perchè c'è di mezzo il futuro del paese. Chiediamo - ha concluso - la stabilizzazione del più grande numero possibile di precari perché se la ricerca è centrale, anche in una finanziaria così pesante, va trattata in modo speciale».

Sul palco lo aveva preceduto il presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare Roberto Petronzio, a conferma, come ha ricordato Epifani, «che se anche i docenti protestano significa che abbiamo ragione da vendere». Intervenendo a nome del comitato di settore Petronzio ha ricordato come «colpire la ricerca per un anno, significa avere conseguenze disastrose per gli anni futuri; il primo rischio è quello di perdere i fondamentali finanziamenti europei».

Una protesta condivisa anche dal ministro Mussi. «Il governo condivide questo richiamo e conosce bene importanza del tema sollevato, rispetto a come la Finanziaria è entrata in aula sono stati trovati altri 230 milioni di euro. Passato questo primo anno la legislatura sarà caratterizzata dall'impiego di adeguate risorse finanziarie perchè università e ricerca scientifica siano uno dei tratti dell'Italia che verrà».


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