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Unità-Destra, solito attacco alla storia

Paolo Prodi e gli storici epurati Bruno Gravagnuolo Ancora un colpo di mano del centrodestra sulla storia. Dopo il tentativo di introdurre un filtro di governo sui manuali (con azione combin...

17/01/2006
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l'Unità

Paolo Prodi e gli storici epurati

Bruno Gravagnuolo

Ancora un colpo di mano del centrodestra sulla storia. Dopo il tentativo di introdurre un filtro di governo sui manuali (con azione combinata Storace-Adornato), i soldi sottratti agli Istituti per la Resistenza e l'idea di trasferire l'Archivio di Stato in quello della Presidenza del Consiglio, adesso è arrivata la botta finale. La nomina dei nuovi direttori degli Istituti Storici Italiani e della Giunta Centrale che li governa. Protagonista Rocco Buttiglione, Ministro dei Beni culturali che ha agito a tenaglia, a monte e a valle. Da un lato ha istituito una commissione per mettere ordine nei contributi a istituzioni culturali e comitati celebrativiDall'altro ha sbaraccato gli Istituti storici, epurandoli da accademici sgraditi, a cominciare da Paolo Prodi, fratello del leader dell'Ulivo e ordinario di Storia moderna a Bologna. Al posto di Prodi, studioso eminente del "Potere e del Sacro" nella storia d'Europa, subentra alla presidenza della Giunta nazionale Guido Pescosolido, già allievo di Rosario Romeo, di orientamento liberal-moderato. Mentre nel consiglio direttivo dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea entrano Giorgio Petracchi e Roberto De Mattei, uomo chiave quest'ultimo della divisione umanistica Cnr, e consulente di Gianfranco Fini. Tra le vittime illustri di Buttiglione figurano inoltre Massimo Miglio, Giovanni Miccoli, Pietro Scoppola, Luigi Lotti, Brunello Vigezzi, Gabriele De Rosa. Mentre sono confermati a Storia Antica Andrea Giardina, e Giuseppe Talamo nella Giunta nazionale (per intervento pare di Ciampi).
Eloquenti alcune "new entry". Ernesto Galli Della Loggia (terzista liberale e moderato) nella Commissione erogatrice a monte. E Francesco Perfetti, revisionista defeliciano d'assalto, a capo dell'Istituto per la storia moderna e contemporanea. Ma al di là dei nomi, è stato il metodo che ha fatto gridare allo scandalo gli storici italiani e internazionali (con vibrate proteste ufficiali di francesi e tedeschi). E cioè il varo in fretta e furia di un "regolamento di delegificazione" da parte del governo, con il quale sono stati messi alla porta i precedenti direttori. Ancor prima che decoressero i tempi previsti dalla pubblicazione del tutto in Gazzetta Ufficiale!
Una vicenda che si snoda tra ottobre e novembre 2005, con in mezzo un parere negativo del Consiglio di Stato che criticò il regolamento allora "in fieri", perchè in deroga ai principi dell'autonomia della cultura sanciti dall'art. 33 della Costituzione. Il che resta al centro della battaglia legale in corso davanti al Tar e di nuovo al Consiglio di Stato. E infatti il punto che fa scandalo e che indigna sta qui. A fare gli organigrammi degli Istituti storici è deputato da oggi in poi solo il Ministro per i Beni Culturali. Senza alcuna consultazione formale con le associazioni storiche. E senza alcun ruolo di garanzia istituzionale della Presidenza della Repubblica come era stato fin qui, anche dopo il decreto legislativo 419 del 1999, che conferiva al governo il potere di riformare la materia. Come era regolata infatti la questione prima? Con una serie di decreti regi, via via confermati anche in epoca repubblicana, che davano al Capo dello Stato il potere di nominare gli storici negli Istituti nazionali, a partire dalla Giunta Centrale.
L'ultimo presidente, Paolo Prodi, era stato nominato da Ciampi e aveva alle spalle altri predecessori illustri e indiscutibili: Spadolini, De Felice, Rosario Villari. Proprio Paolo Prodi aveva proposto - con consenso unanime nella giunta di Scoppola, De Rosa, Bogliani ed altri - un regolamento che prevedeva nomine durevoli quattro anni con decadenza a 75 anni. E con terne di direttori selezionate dalle associazioni storiche. Da sottoporre alla Presidenza della Repubblica. Ora invece di questo sistema ragionevole, tale da salvare autonomia e dignità della ricerca, tutto il potere passa in capo al Ministero. Con regresso illiberale e centralista che manda all'aria tutte le fandonie "liberali e federaliste" di cui s'ammanta il centrodestra. Che non ha il pari nei paesi civili. E che mortifica la libertà della cultura.
Insomma un pasticcio all'italiana in piena regola, in spregio a leggi, decreti e principi costituzionali. Confezionato proprio alla vigilia delle elezioni per lottizzare la storia e controllarne l'uso pubblico. Nell'Italia dove Marcello Pera vuol spiantare l'antifascismo dalle basi simboliche della Costituzione repubblicana. E dove la pedagogia laica di Ciampi, imperniata su Risorgimento e Resistenza, è bersagliata dalla destra e dall'offensiva storiografica liberalconservatrice.
In ballo dunque ci sono ben più che scartoffie e regolamenti. C'è la dignità degli studi storici in Italia e il buon uso della storia. Ancora una volta umiliati dall'abuso della destra.

ISTITUTI STORICI Il ministro Buttiglione non ha perso tempo. Dopo aver fatto approvare celermente un regolamento che mortifica l'autonomia della ricerca, ha fatto le sue nomine ad hoc


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