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Unità: Dario Fo: Che errore! Questo è un regalo alla signora

Lei, la Moratti non aspettava altro, ha già potuto verificare il 25 aprile che il giochino funziona bene: si prende i fischi, fa scendere qualche lacrima e fa la parte della grande democratica

25/05/2011
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l'Unità

DARIO FO

Milano

«Tutti uniti, tutti insieme. Ma quello, scusa, non è il padrone?». Si intitolava così uno spettacolo messo in scena una trentina d’anni fa da Dario Fo. Un'autocitazione che sembra cascare a pennello con la situazione che si è creata attorno al corteo di questo primo maggio, festa dei lavoratori che a Milano è scossa dalle polemiche per la partecipazione di Letizia Moratti. E il vecchio guitto, il premio Nobel, ma anche il candidato con una propria lista nel centrosinistra che sostiene Bruno Ferrante nella corsa per Palazzo Marino, ha un'opinione chiara sulla scelta dei sindacati cittadini di invitare anche la ministra uscente nonché e candidata sindaco del centrodestra (Fiamma Tricolore inclusa): «È un clamoroso autogol, così la Moratti si prende un’altra occasione per fare la donna pietosa e democratica, che piange ma accetta i fischi...».
Dario Fo, anche lei pensa che alla candidata del centrodestra partecipare a manifestazioni che finora le erano estranee faccia bene, a costo di qualche fischio?
«Altro che, è per questo che dico che invitarla è stato un grave errore quello della Camera del lavoro di Milano. Lei, la Moratti non aspettava altro, ha già potuto verificare il 25 aprile che il giochino funziona bene: si prende i fischi, fa scendere qualche lacrima e fa la parte della grande democratica. E poi questa sua improvvisa scoperta delle manifestazioni popolari, il 25 aprile, il primo maggio, e lei che ha lavorato sin da ragazzina... La cosa più grave di questo autogol della Camera del lavoro è non cogliere il fatto che si tratta di una donna spietata, che ha studiato a tavolino l’opportunità offerta da queste manifestazioni tradizionalmente della sinistra».
In effetti sembra che né lei nè suo padre abbiano mai sfilato nel giorno della Liberazione...
«Mai, mai! Ma guarda caso, adesso, a quattro settimane dalle elezioni si sente partigiana e lavoratrice. Il 25 aprile ero lì e ho visto con i miei occhi che erano soprattutto le donne a contestarla, le rinfacciavano il suo atteggiamento da ministro che ha voluto creare una scuola di classe, per i ricchi».
Ma poi la contestazione si è accesa parecchio. Teme che il copione si possa ripetere?
«Io l’avevo detto anche l’altra volta: ragazzi fingete bellamente, ignoratela come se fosse trasparente, non cadete nella sua trappola. Poi è arrivata altra gente... E anche per questo primo maggio credo che i fischi ci saranno, eccome. Ma vorrei ricordare che il diritto di fischiare fa parte della democrazia, non andiamo mica a una processione».
Insomma, secondo lei la sinistra si è fatta del male?
«Temo proprio di sì e non capisco, tra l’altro, cosa ci guadagni il sindacato milanese, soprattutto alla luce dell’esperienza del 25 aprile. Loro, invece, i padroni, sono sempre bravissimi a inserirsi nel disagio dei lavoratori, proprio questo raccontava un mio spettacolo trent’anni fa. E domani si replica».
gp.r.


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