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Unità-Chi Decapita La Storia

Chi Decapita La Storia Nicola Tranfaglia Governo C'è nel nostro paese un presidente del Consiglio che da una parte vede dovunque comunisti di antica e feroce specie e dall'altra si i...

13/01/2006
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l'Unità

Chi Decapita La Storia

Nicola Tranfaglia

Governo

C'è nel nostro paese un presidente del Consiglio che da una parte vede dovunque comunisti di antica e feroce specie e dall'altra si immagina e si proclama continuatore di Alcide De Gasperi o di altri suoi assai diversi predecessori. Peccato che alla fine quasi dei cinque anni sia del tutto impossibile dargli ragione sull'una come sull'altra proposizione. Ogni giorno che passa è possibile scoprire come il suo metodo di governo si ispirsi assai più all'esempio dell'argentino Peron che del trentino De GasperiMa ormai in Italia si è quasi mitridizzati di fronte al modello berlusconiano e sempre più accade che nessuno ne parli e che le stesse vittime della nuova prepotenza del governo non si lamentino neppure.
Ed è quello che è successo nelle settimane scorse di fronte all'approvazione ministeriale e all'entrata in vigore di un regolamento che con radicale innovazione nella nostra storia nazionale ma anche nel sistema europeo assegna al ministro dei Beni Culturali, in questo momento l'ottimo Buttiglione, la nomina dei direttori degli Istituti Nazionali di Storia, dal Medioevo ad oggi. Non hanno protestato, se si escludono i componenti della Giunta Centrale per gli Studi storici, di colpo azzerata,le varie associazioni degli storici o degli storici contemporanei. Non avevano detto nulla di fronte alle incredibili modifiche apportate proprio in campo storico dai consiglieri di Letizia Moratti nella scrittura dei nuovi programmi e nulla hanno detto finora rispetto al nuovo regolamento. Né hanno reagito in alcun modo di fronte al fatto che un grande giornale tedesco di indirizzo liberaldemocratico e non certo estremista ha pubblicato un ampio articolo sul tentativo di Berlusconi di addomesticare gli storici italiani con questo singolare espediente delle nomine discrezionali, e senza consultazione, da parte dei ministri. Né di fronte a prese di posizione sempre più preoccupanti da parte di storici tedeschi di non voler più avere a che fare con istituzioni affidati direttamente a un gruppo dirigente politico che ha sempre mostrato di disprezzare la cultura storica, come ogni altra per la verità negli ultimi cinque anni.
Quali sono le ragioni del provvedimento ministeriale e quali quelle del silenzio degli storici italiani che pure qualcosa contano per tradizione e importanza delle ricerche nella cultura nazionale? È abbastanza facile rispondere al primo interrogativo ed è invece più difficile dare una spiegazione esauriente per il secondo quesito. A proposito del decreto da cui discende il regolamento ministeriale possiamo dire, senza tema di smentite, che si tratta di un atto del tutto coerente con la complessiva politica del governo Berlusconi.
In questi anni abbiamo assistito a un tentativo organico di politicizzazione della ricerca storica e di lotta contro tutti quelli che pensano o scrivono cose sgradite al governo e alla maggioranza parlamentare. Basta ricordare che in cinque anni il Ministero dell'Università e della Ricerca affidato a Letizia Moratti ha prima diminuito e poi completamente cessato i finanziamenti a ricerche nazionali sull'età contemporanea, ha modificato i programmi scolastici in modo da cancellare la parola "fascismo" e sostituirla con il più generico totalitarismo.
Del resto la cancellazione all'ultimo momento al Senato del disegno di legge 2244 per il riconoscimento della qualifica di militari belligeranti della Rsi è avvenuta, secondo il presidente Pera, per mancanza di tempo (o per difficoltà di ottenere la promulgazione da parte del Capo dello Stato) e non per resipiscenza dei proponenti senatori di Alleanza Nazionale che da due anni si battevano per farlo approvare. Siamo dunque in una situazione di costante e crescente aggressione dell'attuale governo e maggioranza ai princìpi costituzionali che sanciscono la libertà della ricerca e dell'insegnamento e solo la fine della legislatura e un diverso risultato nelle prossime elezioni può evitare che il progetto berlusconiano vada avanti in questo settore delicato della nostra società.
Quanto al silenzio degli storici ho qualche perplessità sulle ragioni che lo spiegano sia perché alcuni di loro scrivono come editorialisti nei più diffusi quotidiani e settimanali del nostro paese sia perché molti si sono spostati da un campo all'altro dello schieramento politico ma la maggior parte è rimasta legata al centro-sinistra di fronte agli errori e alla pochezza politica del governo in carica. Ora è vero che gli istituti storici nazionali e la stessa giunta centrale vivono in un mondo piuttosto separato dal resto della società nazionale ma non c'è dubbio sul fatto che rappresentano simbolicamente la comunità degli studiosi ed è assai strana la mancanza di reazione mostrata in questi ultimi mesi.
Qualcuno potrebbe dire che i più anziani sono stanchi e delusi dal rapporto con la politica e i più giovani ne vivono del tutto al di fuori ma a me sembra improvviso e pericoloso disinteressarsi di un problema che riguarda nello stesso tempo la libertà nostra e quella degli italiani che si occupano di altro.


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