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Unità: «Basta con l’Università Cenerentola del paese»

Docenti e ricercatori lanciano l’allarme in occasione della due giorni al Cnr su formazione e sistema paese

18/06/2008
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l'Unità

di Andrea Barolini

La notizia, per una volta, è nota: l’università italiana sta vivendo un periodo di profonda e preoccupante crisi. Una vera e propria «recessione culturale». Di risorse attuali e di prospettive future. Eppure, nonostante ne siano ormai coscienti tutti (docenti, studenti, parlamentari, ministri, amministratori locali), per l’istituzione che ha il compito di formare le «menti» del futuro non si intravedono ancora segnali concreti di cambiamento.
La fuga dei cervelli all’estero non accenna a diminuire, i ricercatori italiani sono di meno e sempre più sottopagati. Esistono intere facoltà che - letteralmente - sopravvivono grazie alla generosità di collaboratori di cattedra che lavorano per poche centinaia di euro al mese (quando ci sono), senza contratti né alcuna garanzia sul proprio futuro. La prospettiva è quella di diventare ricercatori, in media, a quarant’anni; mentre nel resto d’Europa, a quell’età, si è al culmine della carriera. Eppure senza di loro l’università italiana imploderebbe.
Una situazione insostenibile. Per questo il CUN (Consiglio universitario nazionale, organismo di rappresentanza elettivo formato da professori ordinari e associati, ricercatori, studenti e personale amministrativo) ha deciso di lanciare un progetto a lungo termine, il cui obiettivo è quello di premere affinché i riflettori sul mondo universitario non vengano spenti. Primo passo di questo cammino è il convegno Università e sistema Paese: per un governo partecipato dello sviluppo, che si tiene oggi e domani al Consiglio nazionale delle ricerche a Roma (si possono seguire i lavori anche in diretta web: www.cun.it). Tra i temi trattati, la governance finanziaria, le gestione delle risorse umane, gli obiettivi formativi per gli studenti e gli sbocchi professionali per i giovani laureati. A parlarne saranno, oltre a numerosi docenti, gli ex ministri dell’Università Fabio Mussi, Ortensio Zecchino e Luigi Berlinguer e l’attuale responsabile del dicastero Mariastella Gelmini.
«Il nostro primo obiettivo è la comunicazione - ha spiegato il presidente del CUN Andrea Lenzi, intervenendo ieri alla presentazione dell’iniziativa - e questo convegno rappresenta uno degli strumenti con cui vogliamo parlare non solo al mondo accademico, ma al Paese intero». È necessario, però, che l’attenzione dei media rimanga alta, «perché solo una forte pressione da parte dell’opinione pubblica - prosegue Lenzi - può convincere la politica ad investire sull’istruzione universitaria». Ed è proprio alla politica che il CUN chiede un forte cambiamento, soprattutto di metodo: «Basta con gli “stop&go” - avverte Enzo Siviera docente e direttore della rivista Galileo -. Non possiamo passare ogni tre anni da una riforma all’altra». D’altra parte, «quando i cantieri rimangono sempre aperti, gli incidenti sono inevitabili», gli fa eco Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione de La Sapienza di Roma. Ciò che serve, quindi, è agire con interventi mirati. «Prima di tutto - propone ancora Lenzi - attraverso il potenziamento dell’autonomia e dei sistemi di valutazione». Proprio ieri, a proposito, il ministro Gemini ha «demolito» l’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione istituita dal governo Prodi, definendola «costosa, burocratizzata e troppa rigida».
Infine un appello alle aziende: «Perché - domandano i dicenti - le imprese non vengono a cercare tra i ricercatori i propri dipendenti?». E perché, magari, non decidono anche di investire loro stesse - insieme allo Stato - nell’istruzione e nella ricerca, come accade in tutti gli altri Paesi d’Europa?


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