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Tutti in classe ma le nuove “serali” rimangono chiuse

I Centri per l’istruzione degli adulti restano una promessa

29/09/2014
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La Stampa

di Flavia Amabile

Oggi parte Bologna, a Perugia e Treviso già sono attivi, ma sono casi isolati. La stragrande maggioranza dei tanto annunciati CPIA, i centri per l’istruzione degli adulti, che avrebbero dovuto dare una spinta decisiva per far studiare chi non ha potuto o voluto quando aveva l’età per farlo, sembra in forte difficoltà.

Ad aprile il Miur aveva emanato una circolare con tutte le istruzioni necessarie per attivare i nuovi centri dove gradualmente si concentreranno le antiche scuole serali ma anche i corsi per imparare l’italiano obbligatori per gli stranieri che devono rinnovare il permesso di soggiorno.

Sembrava fatta, insomma, dopo anni di preparazione e dibattiti la riforma avrebbe dovuto avere il via il primo settembre portando nel mondo dell’istruzione rivolta agli adulti per la prima volta centri, dirigenti e professori non condivisi con quelli delle scuole del mattino. Ed invece solo una limitatissima minoranza potrà usufruirne, gli altri dovranno accontentarsi del vecchio sistema, i Ctp che finora hanno permesso a milioni di persone di ottenere un titolo di studio ma non hanno risolto il problema principale se ancora oggi in Italia oltre 28milioni di cittadini non hanno un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado. «Ai Ctp e a tutto il regime precedente accedono persone che hanno già certificazioni e titoli e vogliono passare a un titolo superiore. Mancano gli altri, quelli che invece non hanno studiato», spiega Noemi Ranieri della Uil Scuola.

A bloccare il nuovo sistema sono difficoltà di tipo organizzativo, ai centri non sono stati inviati i codici meccanografici necessari per far funzionare la macchina amministrativa, dall’apertura dei conti corrente alla firma dei contratti con i nuovi docenti immessi in ruolo. Al Miur assicurano che si tratta di questione di pochi giorni, al massimo due settimane, e l’intera macchina andrà in funzione. «E’ da quest’estate che sentiamo questo ritornello», commenta Anna Fedeli della FLC CGIL. I sindacati confederali della scuola, infatti, hanno scritto una lettera di protesta al Miur e chiesto un incontro urgente per affrontare i problemi di un percorso «che al di là delle pastoie burocratiche (codici) si sta rilevando privo di chiarezza normativa», come scrivono.

E che si sta rivelando anche deludente rispetto agli annunci. Dalla grande rivoluzione che avrebbe dovuto portare all’apertura di 128 CPIA su tutto il territorio nazionale, infatti, si è passati ad un netto dimezzamento delle aspettative. Ad aver ottenuto l’autorizzazione ad aprire alla fine sono stati in 55 e in alcune regioni non ci sarà nessun nuovo Centro operativo, come la Campania e la Sicilia dove invece ci sarebbe da lavorare il doppio per combattere la dispersione scolastica.

«Speravamo che fosse l’inizio di una stagione nuova, invece temiamo che si sia trattato solo di fumo negli occhi e che ancora una volta ci troviamo di fronte ad una scusa per operare i soliti tagli lineari e risparmiare sull’istruzione», commenta con amarezza Anna Fedeli. Deluso anche Lorenzo Rocca dell’Università per Stranieri di Perugia: «Nei Cpia è previsto un insegnamento di italiano che esclude chi ha problemi di alfabetizzazione. Chi non conosce la lingua difficilmente riuscirà ad impararla, anche i corsi più elementari sono studiati per chi già ha una base di conoscenza della lingua».


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