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Spunti/ragionamenti per discutere sul "biennio unitario"-di Domenico Chiesa

(3) Spunti/ragionamenti per discutere sul "biennio unitario"-di Domenico Chiesa I ragionamenti che seguono vanno molto oltre la dimensione di un programma elettorale; servono per capire cosa sign...

05/12/2005
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(3) Spunti/ragionamenti per discutere sul "biennio unitario"-di Domenico Chiesa

I ragionamenti che seguono vanno molto oltre la dimensione di un programma elettorale; servono per capire cosa significhi "biennio unitario" e soprattutto la sua praticabilità. Sono finalizzati a poter ragionare insieme.

1. Osservazioni in premessa

àSe si valuta la legge 53 come una proposta sbagliata alla radice (un'inversione radicale della intera storia della nostra scuola e in particolare della scuola nata con la Costituzione) e nel merito (anticipi, articolazione del primo ciclo, doppio canale per il secondo ciclo, proposta di alternanza velleitaria o mascheramento del sistema duale, inaccettabile approccio alla valutazione, contraddittorio sistema di formazione iniziale e in servizio); se si ritiene che i regolamenti attuativi vadano totalmente cancellati; se si ritiene che tutti gli altri atti normativi abbiano prodotto danni alla scuola (saturazione delle cattedre a 18 ore, modifica dell'esame di stato, eliminazione dell'organico funzionale&).
àSe si tiene conto che ad opporsi in questi cinque anni è stata la parte professionalmente più qualificata del mondo della scuola che aspetta ora una risposta coerente.
àSe la scelta di fondo non è né una nuova "grande-riforma-epocale degli ordinamenti che tutto comprende, da far applicare alla scuola verso la fine legislatura dopo anni di estenuanti mediazioni, cominciando dalla scuola dell'infanzia senza riuscire ad intaccare la fascia scolare oltre i 14 anni", né il miglioramento della legge 53.
= Si può allora pensare di porre al centro del progetto di innovazione della scuola, come idea forte su cui costruire condivisione, un "patto sulla (e con la) scuola" per realizzare un ulteriore sviluppo della formazione culturale come valore individuale e sociale (da paragonare all'alfabetizzazione della fine ottocento e alla nascita della scuola media unica all'inizio degli anni sessanta).

È una scelta che prevede l'innalzamento dell'obbligo di istruzione nella scuola attraverso interventi mirati e coerenti sugli snodi del sistema:
- Forte intervento di potenziamento della fascia 0-6 (rispettando le specificità del Nido e della scuola dell'infanzia)
- Sviluppo della fascia di istruzione 3-14 nella direzione della comprensività (con il giusto equilibrio di specificità/continuità dei tre momenti 3-6, 6-11, 11-14)
- Elevamento dell'obbligo di istruzione nel primo biennio della secondaria superiore riformato (costruzione di un impianto curricolare adeguato alle esigenze formative e strettamente interrelato con la scuola precedente e con il triennio successivo)
- Nella prospettiva dell'elevamento dell'obbligo all'istruzione a 18 anni attivare percorsi formativi diversificati dopo il biennio: nel triennio della scuola secondaria superiore riformata (si può porre l'obiettivo del 85% di diplomati al termine della legislatura), nei percorsi integrati di istruzione e formazione professionale, nell'apprendistato fortemente caricato di percorsi di istruzione e formazione professionale.
- Attivazione di percorsi di istruzione e formazione tecnico-professionale superiore da affiancare a quelli universitari.
- Interventi di forte innovazione della formazione professionale sia quella iniziale sia quella per tutto il periodo lavorativo (ovviamente regionale nella accezione dell'art. 117 "istruzione e formazione professionale")
- Rilancio dei percorsi formativi in età adulta

Il ciclo 3-14 sarebbe coinvolto sostanzialmente in un processo di miglioramento della qualità dell'insegnamento/apprendimento senza stravolgimenti ordinamentali. In particolare la scuola dell'infanzia e quella primaria potrebbero veramente trovare davanti a sé alcuni anni di riflessione non stressante su come migliorare ed estendere le migliori pratiche, legate soprattutto ad un uso disteso del tempo, degli spazi e dei percorsi curricolari in verticale, tenendo presente che il percorso viene elevato a 16 anni. La scuola secondaria di primo grado sarebbe certamente maggiormente coinvolta dal cambiamento; risulterebbe però una innovazione immediatamente legata al miglioramento dei risultati e si dovrebbe fare in modo che come tale venga compresa: percepita come utile e auspicabile dagli insegnanti stessi.
Il biennio 14-16 risulta il vero punto cruciale dell'innovazione, il perno fondamentale per raggiungere l'obiettivo del cambiamento: elevare la cultura dell'intera popolazione (tutti e ciascuno) attraverso l'elevamento dell'istruzione nella fascia della prima adolescenza.

2. Allora il biennio unitario

Bisogna avere consapevolezza che è un impegno storico sia per la possibile ricaduta sociale sia per le obiettive difficoltà da affrontare.
Può andare oltre lo slogan elettoralistico e diventare un impegno dell'intera nazione da paragonare a quello degli anni sessanta o a quello della fine dell'ottocento; presuppone dunque consapevolezza politica e la messa appunto della strumentazione culturale necessaria.
Si regge solo se si costruisce il respiro politico-culturale anche attraverso il coinvolgimento del mondo della cultura e la condivisione delle scuole e degli insegnanti (almeno della parte non marginale che regge da sempre le scuole).
Serve un rinnovamento non marginale della scuola (come usare il sapere a fini formativi in modo da intercettare tutti i ragazzi della fascia di età) da paragonare a quello che ha segnato il grande sviluppo della educazione formale tra l'ottocento e il novecento (e che si è fermato alla scuola del tempo dell'infanzia).
Non lasciamoci sviare dalla grande forza della formazione informale e diffusa: proprio per questo è necessaria una scuola forte e riformata; una scuola né ripiegata su se stessa, né timida nel proporsi un compito insostituibile per tutti anche nell'età dell'adolescenza
Le condizioni necessarie per l'elevamento dell'obbligo di istruzione a 16 anni diventano dunque:
- non è un fatto tecnico che riguarda questa piccola fascia di scolare, è l'obiettivo dell'intero ciclo formativo da 3 ai 19 anni [&]
- non è un fatto della scuola, è una scommessa e un impegno che riguarda l'intera società [&]

Dunque quale biennio? La dimensione del problema è oggi diversa da quella degli anni settanta e ottanta: nella scuola secondaria superiore il processo di cambiamento, pur non indirizzato da una riforma coerente, è stato profondo e permette di possedere una un bagaglio di esperienze da utilizzare nel ripensare il senso di una scuola in grado di essere riferimento significativo a livello esistenziale nella fascia della prima adolescenza.
Dagli anni settanta si è continuamente ripresentata l'oscillazione tra la proposta di percorsi onnicomprensivi di scuola secondaria superiore che rimandassero la formazione professionale oltre i diciotto anni per tutti e quella di percorsi paralleli di scuola e formazione professionale già dai quattordici anni. Si potrebbe esemplificare, come estremi, da un lato le tesi di Frascati del 1970 e dall'altro il doppio canale (che però include anche forme spurie di sistema duale).
La proposta che mi pare ora emergere come auspicabile e praticabile è invece quella del biennio unitario : considerare il primo biennio della scuola secondaria superiore come il nuovo tassello dell'obbligo all'istruzione e i diciotto anni come l'età in cui portare a termine il tempo dell'obbligo formativo (nella direzione di estendere fino alla maggiore età il tempo dell'istruzione)
Il biennio viene valutato, in questa impostazione, come la fascia scolare, dotata di propria identità curricolare, che rappresenta lo snodo non sostituibile per il compimento e lo sviluppo di alcune funzioni centrali della formazione:
1. In primo luogo nel biennio, attraverso la scelta dell'indirizzo, si concretizza l'orientamento costruito durante la scuola di base. E' la prima scelta che i ragazzi sono chiamati a fare e quindi svolge un ruolo non marginale per la crescita della persona sia a livello culturale sia a livello affettivo; l'esercizio di una scelta rappresenta una tappa fondamentale del processo di orientamento e corrisponde ad un bisogno tipico di quella età: mettersi alla prova in quei campi del sapere che risultano più vicini alle attitudini e alle competenze fino ad allora sviluppate. E' una scelta da sperimentare, consolidare o modificare nei due anni e confermare consapevolmente al termine del biennio. S'impara a governare le scelte e ad assumersi responsabilità sulla propria vita e sul proprio futuro. Ma, a quella età, è una scelta che deve avvenire tra percorsi scolastici caratterizzati da una sostanziale equivalenza formativa.
2. In secondo luogo il biennio rappresenta la conclusione della formazione di base che solo a tale età è possibile realizzare attraverso lo sviluppo di livelli più maturi di competenza culturale e di sicurezza necessari a sostenere l'apprendimento per tutta la vita e un lavoro veramente umano.
3. Infine si pongono le basi dei corsi quinquennali della scuola secondaria superiore e per i primi percorsi di formazione professionale. La contrapposizione rigida tra licei e formazione professionale, soprattutto nella fascia del biennio non corrisponde né alle esigenze del mondo del lavoro, né a quelle di formazione degli adolescenti.

È determinante considerare pienamente il biennio come quel tassello dell'istruzione da garantire a tutti affinché non si interrompa l'esperienza scolastica proprio nell'età in cui il consolidamento culturale non è ancora pienamente realizzato.
In questa logica la formazione professionale non può essere posta in alternativa all'istruzione prima della conclusione del biennio; diventa invece un asse portante, una risorsa su cui investire del sistema formativo integrato sia nel periodo del diritto/dovere alla formazione (16-18) sia per tutto l'arco della vita.
E' questa una difficile sfida per la scuola che si vince solo con la qualità: ai ragazzi in difficoltà si deve poter proporre una scuola che, senza rinunciare alla propria funzione, sia in grado di intercettare la loro esperienza conoscitiva, evitando la suggestione di un percorso rinunciatario che salti alcune tappe formative, in nome del rispetto di ipotetiche e precoci "vocazioni" al lavoro.
Le scuole hanno già costruito esperienze di grande significato; si può partire proprio dalla loro valorizzazione e sviluppo. A chi afferma che la scuola è inadatta ad intercettare tutti i ragazzi della fascia di età di deve rispondere che è per questo che si chiede la riforma.

A questo punto si può aprire e approfondire il ragionamento sulla natura delle scuole secondarie superiori: l'idea del biennio unitario porta come conseguenza al superamento tra liceo, istituto tecnico e istituto professionale. Nel biennio, ad es. con indirizzo "economico-commerciale", non è più necessario distinguere il percorso liceale da quello dell'istituto tecnico e da quello dell'istituto professionale. Il problema di percorsi con diverso peso professionalizzante sarà proprio degli anni successivi e potrà realizzarsi all'interno della stessa struttura scolastica, nella quale saranno presenti anche percorsi (in questo caso ancora riferiti all'"economico-commerciale") post-diploma e magari post-laurea. Le scuole non verrebbero accorpate sulla base del voto che i ragazzi hanno avuto nella terza media ma sulla base dell'indirizzo da approfondire.

Il processo di innovazione potrebbe essere riferito a costruire percorsi di istruzione secondaria superiore definiti attorno a significative aree di sapere a cui si collegano in prospettiva ampie aree di professionalità (es.: area "economica" à professionalità in ambito economico-amministrativo&)
Le aree/indirizzi potrebbero essere: Artistico, Classico, Economico, Linguistico, Musicale, Politecnico, Scientifico, Scienze sociali (&). Ovviamente alcune aree potrebbero essere presenti nello stesso Polo-Istituto di Istruzione Superiore.
Ogni indirizzo è caratterizzato da un primo biennio (nel tempo dell'obbligo dell'istruzione) con forte impianto unitario: unitarietà orizzontale (garanzia dell'equivalenza formativa con i bienni degli altri indirizzi) e coerenza curricolare interna all'indirizzo (verticale e orizzontale)
I bienni unitari avrebbero come finalità l'orientamento attraverso la pratica di una scelta, la conclusione della formazione di base, la costruzione delle basi dei percorsi quinquennali e per i percorsi di formazione professionale iniziale. Il biennio verrebbe dunque progettato come fascia scolare dotata di propria identità curricolare ma interna al progetto verticale e progressivo 3-19 (con particolare attenzione al periodo 11-16).
Si potrebbe pensare ad un curricolo di 33 ore (es. 30 sulle discipline e 3 ore di area di progetto) senza la soluzione dell'opzionalità (già contenuta nella scelta dell'indirizzo).
Al biennio seguirebbero (nello stesso Polo-Istituto) percorsi che conducono a risultati formativi compiuti:
a. percorsi sostanzialmente di istruzione con un taglio che rinnovi significativamente gli impianti degli attuali trienni (dei licei e degli istituti tecnici)
b. percorsi di intreccio (a diversi possibili livelli) con la formazione professionale
Questi percorsi rappresentano la base per il terzo livello della formazione (università, istruzione tecnica superiore)
Lo sviluppo dell'impianto curricolare dovrebbe tener conto dell'età dei ragazzi (in particolare l'ultimo anno va progettato rispettando i bisogni formativi specifici)
La logica esposta permetterebbe:
- il recupero degli aspetti positivi e funzionanti del nostro sistema scolastico da anni soggetto di innovazione (biennio + diverse tipologie di triennio) e il superamento degli aspetti negativi (innovazione radicale di alcune criticità). È cioè un processo di innovazione "ecologico"
- l'integrazione non duale della istruzione con la formazione professionale
- il rispetto e l'attuazione del titolo V
- il potenziamento della scuola come sede di ricerca didattico-disciplinare

3. Alcuni effetti diretti e indiretti dell'elevamento dell'obbligo nei bienni unitari

Cosa significa prospettare un ciclo che contenga bienni unitari di istruzione? Quali conseguenze comporta sull'intero sistema di formazione il permanere di tutti i ragazzi della fascia di età dai 14 ai 16 anni in bienni di istruzione?

a. A quattordici anni la separazione avverrebbe solo in riferimento alle grandi aree di sapere (che caratterizzano l'indirizzo) e non sulla base delle aspettative di studio maturate: questo secondo livello della scelta dovrebbe essere effettuato dopo i 16 anni alla conclusione dell'obbligo di istruzione e quindi non dovrebbe determinare ancora i criteri della separazione tra gli studenti.
b. Molto importanti sono gli aspetti positivi che ne deriverebbero: questa sarebbe la condizione per lo sviluppo dell'orientamento nella specifica fascia di età, per dare spessore alla formazione di base e per rendere possibile, nel periodo successivo, i percorsi di formazione professionale. Al di là della retorica sarebbe la condizione necessaria per garantire il diritto allo studio e la qualità della formazione professionale iniziale.
c. L'obbligatorietà dei bienni unitari rinnoverebbe radicalmente il progetto curricolare verticale. L'intero percorso scolastico precedente ne sarebbe coinvolto: si pensi a quale respiro per i curricoli di storia, di matematica, e via via di tutte le altre discipline. Sarebbe finalmente possibile costruire curricoli verticali e progressivi in grado di rispettare i tempi e i modi di crescita di ciascuno e praticare una individualizzazione dell'insegnamento/ apprendimento meno fittizia.
d. È chiaro però che questi risultati sarebbero possibili solo in presenza di un miglioramento sostanziale della qualità dell'istruzione. Tenere insieme tutti i ragazzi in percorsi differenziati nella tipologia dell'indirizzo ma equivalenti a livello formativo comporterebbe un incremento degli investimenti: le differenze di motivazione e di aspettative verso lo studio presenti in questa fascia di età, non sono facili da governare; solo la qualità dell'impianto curricolare, degli spazi, dell'uso del tempo che produca maggiore protagonismo e coinvolgimento dei soggetti è in grado di trasformare le differenze da problema a ricchezza formativa.
e. Viceversa la separazione sulla base delle diverse prospettive di studio rappresenterebbe una semplificazione certo utile (anzi necessaria) per una scuola con bassi investimenti e che non si ponga obiettivi di emancipazione e mobilità sociale.

4. La priorità da affrontare e approfondire con urgenza: quali bienni? Come costruirli?

Se il biennio unitario assumesse la centralità fin qui sollecitata e auspicata allora proprio la sua profonda riforma diventerebbe l'asse di riferimento per l'intero processo di innovazione del sistema formativo.
Alla base del ragionamento si pone da un lato l'importanza del biennio come fascia scolare dotata di propria identità curricolare e dall'altro la centralità dell'investimento sulla qualità della scuola (la riduzione della dispersione è strettamente legata alla qualità del fare scuola)

Le effettive possibilità di riuscita si basano sulla capacità di valutare e di assumere fino in fondo le difficoltà che caratterizzano i percorsi di studio rivolti al "non uno di meno", che sono, cioè, finalizzati a non abbassare il livello dei risultati riuscendo contemporaneamente ad intercettare la maggior parte dei ragazzi della fascia di età:
- La condivisione di estendere l'obbligo di istruzione nel biennio della scuola secondaria di secondo grado deve ulteriormente essere rafforzata ed estesa. Servono approfondimenti che ne evidenzino la valenza civile e sociale e un lungo lavoro di ricerca attorno alla fattibilità.
- La proposta di biennio unitario (elemento e snodo coerente all'interno del percorso di formazione 3-19) non è riducibile ai progetti su cui si era operato negli anni settanta e ottanta. Il ritardo nella riflessione è perciò da recuperare e va collocato all'interno del più ampio dibattito che tiene dentro le problematiche dell'intero periodo scolare dagli 11 ai 16 anni, che, indubbiamente, è quello più complesso e difficile. Prevede significativi investimenti.
- L'innovazione del percorso di istruzione deve essere profondo. Gli attuali bienni non rappresentano un modello adeguato; né l'impianto del ginnasio, né quello dei bienni degli istituti tecnici e professionali sono in grado di corrispondere ai bisogni formativi della fascia di età.

Però non si parte da zero. La scuola ha realizzato negli ultimi decenni esperienze, buone pratiche e innovazioni di alto livello, ha costruito competenze fondamentali per l'innovazione; partendo da esse e avendo individuato i punti di criticità (soprattutto quelli che producono gli alti tassi di dispersione scolastica in questa fascia di età), si può riuscire a rilanciare il processo di cambiamento del biennio.
Diventa dunque fondamentale che si avvii, già dal prossimo settembre, un processo rivolto a promuovere (nell'autonomia delle scuole e delle loro reti, con il sostegno degli Enti Locali) iniziative diffuse rivolte al miglioramento della qualità/centralità del biennio da affiancare ad una rinnovata riflessione sul suo significato formativo che coinvolga al più alto livello la scuola, l'Università, i centri di ricerca, l'associazionismo professionale e disciplinare.
In una prima approssimazione i campi di lavoro potrebbero essere:
1. I risultati, anche in termini di competenze, da raggiungere alla conclusione del biennio e in riferimento al rapporto con la formazione professionale (modalità del riconoscimento di crediti formativi) [&]
2. Il curricolo. Assumendo la riflessione sugli obiettivi formativi da costruire/raggiungere nei due anni si deve lavorare sull'impianto curricolare in grado di sorreggerli (il lavoro dei dipartimenti in particolare attorno allo sviluppo della dimensione laboratoriale di tutte le discipline e con attenzione per quelle che maggiormente sono rilevanti nella dispersione). Particolare importanza ha il rapporto che si viene a definire tra le discipline comuni e quelle che caratterizzano l'indirizzo: è determinante che non siano segnate da una diversa valenza culturale e formativa generale; è un problema che va riproposto fortemente non avendo trovato adeguate e coerenti soluzioni nelle esperienze passate [&]
3. Il protagonismo degli studenti. Si deve operare per la costruzione di un mondo di significati condivisi; sta cambiando profondamente il modo di concepire e vivere l'adolescenza ed è reale il rischio di ridurre sotto una soglia minima il mondo di significati condivisi rendendo difficoltosa la comunicazione tra le generazioni che convivono a scuola.
La scuola rappresenta, può rappresentare, un luogo in cui agli adolescenti viene offerto un ruolo attivo che non deve essere ridotto alla sola "socializzazione", è invece proprio l'avventura culturale e le forme di "protagonismo" che ad essa si possono collegare a rappresentare la centralità dell'esperienza scolastica. Schematicamente si possono individuare tre forme di protagonismo scolastico da garantire a tutti gli studenti: lo spazio di autonomia, la partecipazione al governo della scuola e la partecipazione attiva al rapporto insegnamento/apprendimento.
Il ruolo della scuola diventa sempre di più determinante nel garantire all'adolescente di poter essere protagonista consapevole della propria crescita. [&]
4. Il "clima" in cui avviene l'insegnamento/apprendimento. Il tempo, gli spazi e loro progettazione/ organizzazione/gestione [&]
5. Il lavoro nei team insegnanti. In particolare il consiglio di classe e i dipartimenti [vedi Organico Funzionale]
(1 nov.05)


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