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Sorpresa: i sindacati perdono iscritti anche nel pubblico

Si inverte il trend e non è solo colpa del calo dei dipendenti. Faverin: dobbiamo riorganizzarci

10/12/2012
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Corriere della sera

Adesso i sindacati confederali perdono iscritti anche nel pubblico impiego. In questo settore, grazie alla legge sulla rappresentanza, da una quindicina d'anni a questa parte, l'Aran, Agenzia per la contrattazione, misura le deleghe del lavoratore alle trattenute in busta paga a favore del sindacato e incrocia questo dato con i voti raccolti nelle elezioni periodiche delle Rsu, le Rappresentanze sindacali unitarie, per stabilire l'indice di rappresentatività di ogni organizzazione. Ora, analizzando i dati messi di recente sul sito dell'Aran, si vede appunto che rispetto alla precedente rilevazione, quella del 2008-2009, c'è un calo diffuso delle deleghe che colpisce più o meno tutte le organizzazioni sindacali. Ed è la prima volta che questo accade nel pubblico, che finora aveva aumentato il proprio tasso di sindacalizzazione compensando, insieme con i pensionati, quello da lungo tempo in calo nel settore privato.
Facciamo qualche esempio. Nella Sanità la Cgil scende da 82.650 iscritti a 74.270 (-10%), la Cisl da 81.511 a 71.566 (-12%), la Uil da 48.206 a 46.915 (-2,6%). Considerando tutti i sindacali del comparto, le deleghe si riducono da 287.345 a 278.810 (-3%) e questo nonostante i dipendenti della Sanità, secondo i dati più aggiornati del conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, siano diminuiti dello 0,2% dal 2008 al 2010 (dati al 31 dicembre).
Stesso trend nel comparto delle Regioni e autonomie locali, dove la Cgil perde quasi 13 mila deleghe, la Cisl 12 mila e la Uil più di 6 mila: in tutto circa 31 mila su 41 mila iscritti in meno totalizzati da tutti i sindacati. Un calo del 16,6% a fronte di una riduzione dei lavoratori del settore dell'1,4%. Molto forte la discesa delle deleghe dei ministeri dove la Cgil perde quasi 5 mila tessere, la Cisl e la Uil circa 3 mila ciascuna, ma in un comparto che ha visto i sindacati perdere ben 12 mila iscritti in tre anni, pari al 14,2%, comunque molto più del calo del personale assunto a tempo indeterminato che è stato del 5%.
In controtendenza la scuola, dove le deleghe al sindacato sono aumentate da 536.113 a 547.158 (+2%), nonostante un calo dei dipendenti del 7,7%. Qui la Cgil riesce ad aumentare di 4 mila gli iscritti, la Uil di 7 mila mentre la Cisl ne perde 2 mila e lo Snals più di 10 mila.
Blocco della contrattazione; mancata stabilizzazione dei precari che, nonostante negli ultimi anni siano diminuiti, sono ancora 250 mila; esuberi da avviare ai prepensionamenti e forse alla mobilità; ulteriore taglio dei permessi e dei distacchi non fanno che aggravare, dal punto di vista dei sindacati, la situazione. «Molti lavoratori andati in pensione e iscritti al sindacato — dice Giovanni Faverin, segretario della Funzione pubblica-Cisl — non sono stati sostituiti con nuove deleghe, perché al posto di questi dipendenti spesso entrano lavoratori a tempo determinato che ovviamente è più difficile far iscrivere al sindacato. Sale di conseguenza anche l'età media degli iscritti». Come riorganizzare il sindacato? «Bisogna rispondere di più ai bisogni della professione e della persona. Assicurare contratti e aumenti salariali non basta più. Bisogna fornire servizi, dalla formazione continua alle polizze assicurative».
Rischia un nuovo calo degli iscritti e soprattutto delle risorse finanziarie anche la Fiom-Cgil, ma per un motivo diverso: la mancata firma del contratto di lavoro. Sono già quattro volte che questo accade negli ultimi cinque rinnovi (l'ultimo firmato dalla Fiom è il contratto del 2008) e il sindacato di Maurizio Landini resterà nuovamente escluso dal riparto dei contributo contrattuale (l'ultima volta era stato di 30 euro) richiesto a tutti i lavoratori non iscritti al sindacato. Una brutta notizia per le casse della Fiom già in profondo rosso


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