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Soltanto come sistema si può svettare all'estero

L'Università è dei professori o degli studenti e della società civile? Bisogna valorizzare i “riti aziendali” o il “prodotto” didattica e ricerca?

07/01/2012
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Il Sole 24 Ore

L'Università è dei professori o degli studenti e della società civile? Bisogna valorizzare i “riti aziendali” o il “prodotto” didattica e ricerca? Un vestito lo si sceglie per estetica, qualità e prezzo. Si valuta il prodotto, senza chiedersi se il produttore è una Spa, una Srl o una cooperativa, o se il sistema di produzione sia una catena di montaggio o un sistema artigianale. Viva il prodotto dunque e bene ha fatto il legislatore (art. 2 della legge 1/2009) a vincolare parte dei fondi ministeriali a qualità e quantità dei “prodotti”.
Su questa centralità sta agendo il ministro dell'Università Francesco Profumo, che sta aumentando la quota premiale (più fondi agli atenei con più efficienza e qualità nel sistema formativo e nella ricerca). Se ne avvantaggiano le università migliori, con qualche problema: mentre i settori scientifico-tecnologici hanno sistemi di misura della qualità della ricerca condivisi a livello internazionale (impact factor, citazioni, indice di Hirsch-lavori verso citazioni), le aree umanistiche, giuridiche e politiche non hanno una simile consuetudine anche per difficoltà oggettive (minore circolazione internazionale, legame con il diritto nazionale, etc.). Così le università generaliste (come Roma-Sapienza, ma anche Bologna, Padova, Napoli Federico II etc.) hanno il 30-40% del proprio “prodotto scientifico” poco valutato e sono svantaggiate da questo sistema di finanziamento. Come Rettore dovrei lamentarmi (anche giustamente): e invece no, perché il valore generale dell'innovazione è molto più importante dei pur giusti interessi particolari. Si tratta semmai, come si sta facendo in alcune Università (Bologna per prima), di classificare le riviste di area umanistica e giuridico-politica per importanza e rigore nella valutazione degli articoli sottoposti per la pubblicazione.
Analoga iniezione di meritocrazia c'è nei recenti bandi per finanziare la ricerca (Prin, i Progetti di ricerca d'interesse nazionale; Firb, Futuro in ricerca 2012, per giovani dottori di ricerca e docenti-ricercatori), con alcune importanti novità. Il sistema di valutazione precedente aveva suscitato aspre critiche: troppi progetti, commissioni di valutazione scelte dalla politica, valutazioni affidate dalle commissioni a referee, con criteri diversi e punteggi talvolta palesemente incongruenti (com'è possibile conseguire il massimo punteggio sul curriculum ed un ricco finanziamento con 0 lavori internazionali, 0 citazioni, 0 indice di Hirsch?).
Serviva una svolta: con i bandi di dicembre per i Prin è introdotta una pre-selezione (un progetto ogni 133 docenti), affidata alle università, che sono responsabilizzate in ossequio al dettato costituzionale sull'autonomia degli atenei. I progetti ritenuti più competitivi sono poi sottoposti alla valutazione finale da parte di commissioni costituite per selezione meritocratica sulla base del prestigio scientifico, coinvolgendo nella scelta la Commissione nazionale di garanzia della Ricerca (prevista dalla L. 240/2010). Avanza quindi in modo deciso l'internazionalizzazione del sistema: per essere giudice di progetto o per risultare vincitore in un progetto bisogna avere comunque un curriculum eccellente (come lo si misura? nelle aree scientifico-tecnologiche con i lavori censiti nelle banche dati internazionali, con le citazioni e l'indice di Hirsch, tratti per esempio, dal ISI-Thomson Reuters Web of Science Citation Report: inserendo cognome e nome chiunque può sapere di chiunque).
Quando s'innova c'è sempre qualche lamentela: sommessa da parte di chi si trovava bene nel vecchio sistema a meritocrazia vaga; propositiva da chi chiede di accelerare il merito. Richieste giustificate d'integrazione del bando? Aumentare a tre il limite minimo di presentabilità dei progetti per non penalizzare istituzioni di qualità e con pochi docenti (SISSA di TS, Scuola Normale, eccetera). Non vincolare i temi dei progetti Firb-Futuro in ricerca a quelli Ue di Horizon 2020: la creatività dei giovani è una risorsa anche per l'innovazione. Precisare che i curricula saranno valutati, almeno nei settori scientifico-tecnologici, mediante indicatori scientometrici. Si tratta di accelerare l'adesione alla competitività internazionale. Senza rinvii. «La ricerca è il motore dello sviluppo» ripete il ministro Francesco Profumo: non smontiamo i suoi sforzi per una effettiva internazionalizzazione sollevando questioni minori rispetto all'interesse generale del Paese.
Luigi Frati è rettore dell'Università
La Sapienza di Roma

 


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