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Soldi e volontariato, i genitori salvano la scuola

Gli istituti hanno sempremeno risorse, aumentano le autotassazioni e i piccoli lavorimanuali

28/11/2013
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La Stampa

Flavia Amabile

Belli e lontani i tempi in cui bastava portare qualche rotolo di carta igienica o una confezione di fogli A4 per aiutare le scuole dei nostri figli ad andare avanti. Ora ai genitori all’inizio dell’anno tocca rimboccarsi le maniche ed iniziare a pensare a come fare per evitare che i figli vadano a scuola in situazioni indecenti. E quindi si paga il contributo volontario in soldi, non si rifiuta un contributo altrettanto volontario in materiali da acquistare e ormai ci si deve prestare anche a fare dei lavori, quelli che nessuno ha più i soldi per pagare. Non c’è Sud, Nord o Centro, grandi o piccole città, capoluoghi di provincia o paesi. Ad aver bisogno dei lavori dei genitori sono tutte le scuole. E i genitori lavorano. Autotassandosi pure. Se qualche anno fa erano un’eccezione i casi di mamme e papà arruolati come imbianchini, idraulici, falegname ed elettricisti, quest’anno a sentire i racconti di presidi, professori e genitori, sono un’eccezione quelli che non hanno fatto nulla. Non tutti sono d’accordo, sia chiaro. Quando arriva la comunicazione del consiglio d’istituto o dei dirigenti scolastici che convocano al sabato di corvée c’è chi inventa scuse e chi si arrabbia e lo dice chiaramente: siamo in una scuola pubblica, questi lavori spettano allo Stato. È vero, in teoria, ma la realtà è quella che è: maniglie che si rompono e restano così a fare da monumenti a non si sa bene che cosa, sporco negli angoli accumulato dai tempi della Pantera o ancora prima, cicche attaccate sotto i banchi quando le gomme da masticare erano ancora soltanto «quelle del ponte». E, quindi, in tanti invece vanno ai sabato di corvée in classe. Il dato più aggiornato è in una ricerca del Censis - «I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo». La percentuale di genitori disposti ad intervenire di mano e tasca propria è più alta al Sud, il 41% dei residenti, e un po’ meno in altre regioni, è il 35%di chi vive a Nord-Ovest. E oltretutto hanno speso solo nell’ultimo anno, circa 390 milioni di euro, sotto forma di contributo volontario o donazione di materiali e beni, senza i quali le scuola non saprebbero come andare avanti. Soldi che appaiono ancora più preziosi se messi a confronto con le cifre che ormai spende lo Stato per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole: 8 euro per alunno, somma che - come la ministra dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha ammesso - è del tutto «simbolica». Eppure è già un successo. Dal 2004 i finanziamenti erano progressivamente calati fino ad arrivare al 2009 ad essere pari a zero. Negli anni successivi il ministero dell’Economia ha accettato di dover di nuovo tirare fuori qualcosa. La promessa della ministra Carrozza è di riuscire a triplicare i fondi nei prossimi tre anni arrivando a 25 euro per alunno. Ci riuscirà?


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