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Slow Food & Learning

di Aluisi Tosolini

23/12/2016
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La Tecnica della Scuola

La proposta è di Nuccio Ordine che, sul Corriere della Sera del 20 dicembre 2016, pubblica un brevissimo pezzo in cui critica il mito della velocità e della semplificazione nel campo formativo.

Due i suoi bersagli polemici: la proposta di ridurre i corsi liceali a 4 anni e la proposta, avanzata, se non già realizzata, da molte università, di abolire la prova finale, ovvero la tesi, per le lauree triennali.

Il motivo? Così si fa prima, si risparmia tempo, si arriva in anticipo sul mercato del lavoro (dove però il lavoro non c’è !!).

Da qui la riflessione di Nuccio Ordine sul fatto che la conoscenza richieda tempo, lentezza, sacrificio, e che il processo di indebolimento dell’istruzione pubblica ha sempre come conseguenza il rischio di penalizzare i figli delle famiglie più deboli (poiché i ricchi possono iscriversi altrove).

Il pezzo di Nuccio Ordine si chiude così la la proposta di creare, come ha fatto Carlo Petrini con il cibo, presìdi Slow Learning.

Presìdi Slow Learning

Davvero un’ottima idea, soprattutto se andiamo a rileggere com’è nata e che obiettivi ha avuto, a partire dalla fondazione nel 1986 in Piemonte, l’associazione di Petrini.

Slow Food si presentò infatti con un manifesto d’intenti che l’identifica come antidoto alla «Follia universale della “fast life”» e «Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, [a cui] proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento». Si iniziava dalla tavola, dal piacere garantito da convivialità, storia e cultura locali, per arrivare a una nuova gastronomia che presuppone anche una nuova agricoltura dove la sostenibilità (ambientale e sociale) è imprescindibile. 

Tuttavia una differenza tra l’ipotesi di Nuccio Ordine e Slow Food esiste, seppure a livello superficiale, e sta nelle diverse accezioni che possono avere le parole sacrificio e piacere/godimento.

Associare apprendimento (learning) e sacrificio fa infatti venire in mente ricordi spiacevoli, noia, fatica insensata, quasi mai piacere/godimento. Chi non si è appuntato almeno una volta in vita le affermazioni del saggio Qoelet (Ho applicato il cuore a conoscere la saggezza, e a conoscere la follia e la stoltezza; ho riconosciuto che anche questo è un correre dietro al vento. Infatti, dov'è molta saggezza c'è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore"- Qo, 1,17-18) riprese poi da Giordano Bruno, Schopenhauer, Leopardi e schiere immani di studenti…?

Al contrario, in Slow Food piacere e godimento sono consustanziali ad una reale efficienza non-frenetica basata sulla lentezza. Il che non significa che la lentezza del desco non sia fatica, che il lavoro nei campi e nella trasformazione dei prodotti non sia sacrificio. Anzi.

Si tratta così di provare a mettere assieme anche i due universi semantici sperimentando una fatica che è piacere, un esercizio che non è monotona ripetizione ma costante miglioramento e affinamento di tecniche e saperi che solo in questo modo possono assicurare «piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento».

Succede così a tavola. Ma succede così anche nel campo musicale, nel campo sportivo e nel campo della cultura in generale (almeno questo mi insegna la mia quotidiana esperienza).

Scuole Slow Learning

Scuole Slow Lerning? Perché no? Del resto a questo giungono anche sentieri e riflessioni interdisciplinari che si devono studiosi internazionali. Ne cito solo due.

Il primo il sociologo e filosofo tedesco Hartmut Rosa. Visto a molti come il nuovo Habermas, di Rosa è stato tradotto in italiano nel 2015 il volume Accelerazione e alienazionePer una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Il titolo dice tutto e chi vuole approfondire può vedere l’ottima presentazione recensione di Giorgio Fazio, in attesa della traduzione in italiano del bel più voluminoso lavoro di Rosa uscito pochi mesi fa che affronta il tema della risonanza, un concetto che mette a fuoco una relazione tra persone in grado di contrastare la velocità che affligge ogni aspetto della nostra esistenza (Resonanz. Eine Soziologie der Weltbeziehung, Suhrkamp 2016

Il secondo percorso è già stato in parte presentato su La Tecnica da Pasquale Almirante, e fa riferimento all’ultimo lavoro di Sherry Turkle, La conversazione necessaria (Einaudi 2016), che fa a pezzi (sulla scorta di decine di studi delle migliori università statunitensi) tutte le esaltazioni tecnologiche su multitasking, velocità e affini applicate ai processi di apprendimento. Aggiungendo che la fina della conversazione è anche la fine dell’empatia, della capacità di argomentare e, in sostanza, l’inizio della fine della democrazia.

Per rallegrare il clima, in questa giornata comunque natalizia, consiglio allora un video musicale, che è la perfetta sintesi dei ragionamenti di Hartmut Rosa e Sherry Turkle.  E che fa davvero venir voglia di sedersi al tavolo dei piaceri imbanditi dalla logica slow food & learning.

Del resto, sin dall’antichità, coltivare non vale sia per l’agricoltura e il cibo che per l’educazione, la formazione, la cultura?

Il  video si intitola Are You Lost In The World Like Me e si deve a Moby & The Void Pacific Choir

Buon Natale !


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