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Sinopoli: protagonisti nello sforzo collettivo, ma nessuna rinuncia alla scuola della Costituzione

Intervista a Francesco Sinopoli, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza.

21/03/2020
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La Tecnica della Scuola

Intervista di Lucio Ficara

In questa fase di emergenza per l’intero Paese e di caos venutosi a creare anche nelle scuole con la sospensione delle attività didattiche, abbiamo intervistato il Segretario Generale della FLC CGIL Francesco Sinopoli. Il sindacalista della FLC CGIL rispetto alle indicazioni date dal Miur in questa fase di emergenza ha sottolineato che serve uno spazio di condivisione su pochi punti, certo, ma individuati con chiarezza e distinzione affinché tutto il personale della scuola, dal dirigente scolastico all’ausiliario, siano messi in condizione di percepire il percorso formativo da svolgere alla stregua di un sentiero tracciato che consenta a tutti di vivere la relazione formativa in un clima di serenità e condivisione.

Se il problema dell’emergenza Coronavirus, come sembra molto probabile, costringerà le scuole a mantenere sospese le attività didattiche, non crede sia necessario un decreto d’urgenza ad hoc per la scuola, con il quale si definiscano i termini per salvare l’anno scolastico, garantire scrutini regolari e l’espletamento degli esami di Stato in sicurezza, trasparenza e regolarità?

Vorrei innanzitutto rivolgere un pensiero a tutti coloro che in questi giorni combattono in prima linea sul fronte della sanità pubblica e della ricerca pubblica. Alla loro straordinaria abnegazione va la solidarietà di tutto il mondo della conoscenza. Sanità pubblica, ricerca pubblica, scuola pubblica, università pubblica: in questi anni, sono loro che hanno subito lo stesso destino di tagli indiscriminati, che di anno in anno sempre più drastici da parte di molti governi. E in questa emergenza se ne vedono, purtroppo, i risultati. 

Quindi, sanità e scuole hanno subìto lo stesso destino?

Il processo liberista di semi smantellamento della sanità pubblica corre parallelo al processo di semi smantellamento dei settori pubblici della conoscenza. E oggi finalmente, nella crisi devastante, molti comprendono come conoscenza e salute siano indissolubilmente legati. La nostra solidarietà non è dunque di “circostanza” o “buonista”, ma è il frutto di un convincimento politico: si ponga fine alle devastanti politiche di disinvestimento delle risorse pubbliche e dello Stato a favore di sanità, ricerca e conoscenza. Se ci si pensa, i temi oggi in discussione per la scuola emergono proprio per non aver dato soluzione negli anni a un’autentica riforma dell’istruzione, preferendo invece interventi di riduzione della “spesa” e di “contenimento del danno”. 

Cosa bisognerebbe fare?

Sulla base di questo ragionamento generale, troviamo giustificata la necessità assoluta di un provvedimento d’urgenza sul settore scolastico, con l’impegno diretto del presidente Giuseppe Conte, che regolamenti a 360 gradi la prosecuzione dell’anno scolastico riorientandola alla luce della fase d’emergenza che il Paese sta attraversando: dalla didattica a distanza, agli esami di stato, dalle valutazioni degli apprendimenti, ai debiti nella secondaria di II grado, dall’istruzione degli adulti all’istruzione carceraria e degli stranieri, dalla modifica del calendario scolastico di questo e del prossimo anno scolastico, fino a prevedere l’eliminazione per quest’anno delle prove Invalsi e dei Pcto.

Si parla tanto di anno in corso a rischio: ma anche il prossimo potrebbe dare problemi?

Certo. Perché si eviti l’avvio del prossimo anno in una situazione di drammatica ingovernabilità, si rendono necessarie procedure semplificate di reclutamento dei docenti e la compilazione delle graduatorie d’istituto. La cosa più pericolosa è il rischio che tutte queste materie vengano regolate esclusivamente tramite circolari e note ministeriali decise unilateralmente e in totale assenza di condivisione.

I sindacati hanno chiesto unitariamente il ritiro della nota Miur n. 388 del 17 marzo 2020 firmata dal Capo Dipartimento Marco Bruschi. Quali sono i motivi principali da parte della FLC CGIL per questa richiesta?

Nel CCNL mancano i riferimenti contrattuali per regolare diritti e doveri del lavoro svolto a distanza per cui si rende necessaria una condivisione di intenti per evitare di scaricare sul dopo emergenza una quantità infinita di problemi.

I richiami all’uso sistematico del registro elettronico e ad una valutazione degli studenti resa immune da precisi riferimenti all’inedito contesto educativo e sociale, la disinvoltura con cui si affronta il tema del trattamento dei dati personali, la totale mancanza di richiami normativi, veicolano un messaggio che potremmo così riassumere: state sereni cari docenti, studenti, famiglie, con la didattica a distanza è cambiato poco o nulla.

C’è stato troppo semplicismo?

Sappiamo che, in questa fase, la didattica a distanza rappresenta l’unica modalità per mantenere viva la relazione educativa con gli alunni, per non farli sentire soli, ma l’orizzonte culturale che traspare nella nota ministeriale è quello di una scuola esclusivamente dedita alla trasmissione di saperi disciplinari e preoccupata di far raggiungere per tempo le competenze previste dai “programmi”, poco attenta all’educare (relazionarsi agli altri) e al formarsi (relazionarsi con se stessi) e, soprattutto, poco attenta a ragazzi e ragazze che non accedono a queste modalità. Sono oltre un milione e mezzo coloro che non hanno la disponibilità di una connessione, e spesso nelle famiglie numerose c’è un solo computer.

Cosa pensa della didattica a distanza? Crede che possa essere discriminatoria per gli studenti senza possibilità economiche e privi di una connessione a casa?

Abbiamo più volte sottolineato come la formazione a distanza si riveli certo utile in alcune situazioni (ad es. lunghi ricoveri ospedalieri in isolamento), ma, se protratta, presenta dei rischi molto pericolosi, per l’idea di insegnamento che la FLC CGIL ha sempre difeso (la relazione educativa, la collettività, le opportunità) che ci inducono a ritenere opportuno, al di fuori – sia chiaro – della fase attuale, limitarne l’utilizzo ad una funzione complementare, integrativa della didattica in presenza. Inoltre sulla didattica a distanza girano interessi economici colossali contro i quali il Ministero dell’Istruzione non sembra affatto in grado di creare alcuna barriera.

E allora?

Ora ci troviamo di fronte ad uno scenario inedito: l’estensione a tutto il Paese dei provvedimenti di sospensione delle attività didattiche e la possibile reiterazione di tale misura lasciano pensare che le probabilità di un ritorno più o meno rapido alla “normalità” siano sempre più lontane.

Pur in questa situazione davvero difficile riteniamo indispensabile mantenere la barra dritta rispetto alla nostra idea di scuola della Costituzione che ha nel principio di eguaglianza uno dei suoi cardini più significativi. In questo senso la DaD rischia di accrescere le diseguaglianze proprio per la presenza diffusa del cosiddetto Digital Divide: di chi si trova in situazione di povertà e/o di forte disagio familiare, i diversamente abili, i DSA, gli studenti stranieri, chi frequenta l’istruzione degli adulti, chi usufruiva dei percorsi scolastici in carcere.

Cosa si può fare?

Ritorna la necessità di un provvedimento normativo che, da un lato, chiarisca che la didattica a distanza, sostitutiva di quella in presenza, è una modalità eccezionale racchiusa in un tempo circoscritto e ad un evento preciso (l’emergenza sanitaria) e, dall’altro, intervenga per alleviare le differenze socio-economiche tra studenti.

Un’attenzione particolare va rivolta agli alunni più piccoli, della scuola primaria e dell’infanzia, per i quali la funzione educativa è necessariamente sostenuta dalla presenza fisica delle figure adulte di riferimento.

È necessario quindi un rinnovato patto educativo tra scuola e famiglie, che definisca stili educativi condivisi, modalità e tempi per la scansione quotidiana delle attività, prevedendo, laddove più necessario, interventi concreti di sostegno alla genitorialità, non solo in termini di congedi parentali, ma di accompagnamento degli adulti che si trovano investiti di un ruolo nuovo.

Il nuovo contratto ha introdotto il principio fondamentale dell’istituzione scolastica come comunità educante. Ritiene che nella sfida che la scuola sta affrontando, questo principio ne esca rafforzato o depotenziato?

Si rischia di ritornare, surrettiziamente, alla scuola del nozionismo e della trasmissione unidirezionale di contenuti e saperi disciplinari privi di forma e di orientamento educativo in cui, per dirla con Plutarco, non arde “il gusto della ricerca e l’amore della verità” ma solo il bisogno puramente burocratico e ragionieristico di registrare presenze di docenti, presenze di alunni, durata delle unità di lezione, contenuti e programmi svolti. Chi insegna sa bene che il passaggio dalla lezione reale alla lezione digitale comporta anche la necessità di considerare che, al variare delle strumentazioni didattiche, debbano corrispondere anche variazioni nelle metodologie didattiche e, di conseguenza, negli obiettivi di insegnamento, di apprendimento e formazione. Sono questioni complesse, lo sappiamo, ma la risposta non può che partire dalla valorizzazione delle professionalità, restituendo centralità all’autonomia scolastica e alla collegialità. La semplificazione di ordine burocratico, un aggiustamento sulla carta per garantire a qualunque costo il regolare decorso di questo complicato anno scolastico si rivela un grave colpo per la comunità educante.

Come se ne può uscire allora?

Ripeto: il tema della didattica a distanza con le sue ricadute su valutazioni degli apprendimenti, frequenza, orari, uso del registro elettronico, utilizzo dei dati sensibili, su situazioni di povertà che impediscono la possibilità di fruirla, sulle disabilità, ecc., deve avere la sua cornice in un provvedimento legislativo urgente nel cui ambito il Ministero possa operare omogeneamente e in un contesto di ampia condivisione.

Stiamo vivendo una situazione ai confini della realtà, un’emergenza mai vissuta prima, quali ipotesi si sente di fare per fare in modo di salvare l’anno scolastico attuale e garantire l’avvio del nuovo anno scolastico in modo regolare?

Siamo in una fase in cui è praticamente impossibile ipotizzare una tempistica certa su quando e come usciremo da questa emergenza. Per questo parliamo di possibili scenari che vanno da un rientro a scuola in tempi più o meno rapidi anche solo in alcune parti del paese (ipotesi poco probabile), fino a una situazione emergenziale prolungata.

In ognuno di questi scenari è possibile ipotizzare soluzioni e piste di lavoro che per noi devono comunque fare riferimento ad alcuni principi non negoziabili: difesa del valore dei titoli di studio a seguito degli Esami di Stato anche se svolti in maniera differente rispetto al passato, eliminazione per quest’anno delle prove Invalsi e dell’obbligatorietà dei Pcto, una valutazione degli studenti che tenga conto innanzitutto di quanto effettuato durante il periodo di funzionamento ordinario delle istituzioni scolastiche eventualmente aggiornata con una valutazione autenticamente formativa, che tenga conto soprattutto dei processi e del livello di maturazione realizzati anche  nel periodo della didattica  “a distanza”.

Cosa consigliate?

È prematuro ipotizzare soluzioni, la situazione cambia di giorno in giorno, ma, certo, dobbiamo essere guidati nelle scelte da un solo obiettivo, l’interesse dell’alunno; in questo senso tutti insieme dovremo cercare le soluzioni migliori, non escludendo nessuna misura che vada in questa direzione.

Inoltre bisogna evitare con tutte le forze che il prossimo anno parta con un numero insostenibile di supplenze. Per questo abbiamo riproposto la nostra piattaforma per la stabilizzazione dei docenti precari che prevede una procedura semplificata attraverso la compilazione di graduatorie per titoli a cui accederebbero gli insegnanti della scuola secondaria con tre anni di servizio. L’accesso all’assunzione potrebbe avvenire in coda a GAE e graduatorie dei concorsi vigenti (2016 e 2018) e la conferma nel ruolo andrebbe fatta dopo aver svolto con esito positivo il percorso formativo abilitante.

Tutte le nostre proposte fanno parte di una piattaforma complessiva di rinnovamento dell’intero sistema educativo sul quale sfideremo il governo e il ministero dell’istruzione a confrontarsi a partire dal consolidamento nell’organico di diritto delle decine di migliaia di posti docenti e Ata.

Ma è ipotizzabile che in così poco tempo si possa addivenire ad un nuovo accordo se non di natura contrattuale almeno di natura paracontrattuale?

Nessuno sostiene questo, tantomeno la nostra organizzazione sindacale. Ma tra il tutto e il nulla si deve trovare rapidamente una via intermedia e uno spazio di condivisione su pochi punti, certo, ma individuati con chiarezza e distinzione affinché tutto il personale della scuola, dal dirigente scolastico all’ausiliario, siano messi in condizione di percepire il percorso formativo da svolgere alla stregua di un sentiero tracciato che consenta a tutti di vivere la relazione formativa in un clima di serenità e condivisione. Una sfida per tutti, certo, ma che comporterà un’assunzione di responsabilità che renderà più credibile l’impianto formativo e tale da poter affrontare anche un’estensione dell’emergenza fino alla fine dell’anno scolastico, fino a comprendere l’importante tema degli esami di Stato.

Davvero non merita commento il fatto che, da altre sigle sindacali, tali richieste vengano interpretate artatamente come lobbistiche, contrarie agli interessi dei ragazzi, prive di spessore pedagogico se non qualcosa di cui vergognarsi.

Cosa replica a chi ha criticato la vostra posizione?

Rispondo a tutte queste illazioni, a questi volgari e pretestuosi pregiudizi ideologici come segue: noi ci siamo, siamo pronti a tutto pur di sostenere lo sforzo enorme che il Paese deve compiere per uscire dalla crisi e ci adegueremo a compiere i sacrifici che riterremo opportuni. Ma nessuno può pretendere che questo sforzo possa comportare una rinuncia ai valori della democrazia del lavoro e della cittadinanza cui da sempre ispiriamo il nostro agire sindacale. 

Il 2020 è anche anno di aggiornamento delle graduatorie d’istituto, va tutto rinviato o la tecnologia può aiutarci a gestire questa importante scadenza per le scuole?

L’aggiornamento quest’anno presenta anche importanti novità, come la costituzione delle graduatorie provinciali, ma l’emergenza in atto rischia di mettere a repentaglio questo appuntamento importante per la scuola se non si agisce con tempestività. Ma in questo momento di crisi dobbiamo trasformare le difficoltà in una risorsa: con opportuni investimenti nel settore dell’innovazione digitale il MI potrebbe finalmente permetterci di lasciare il cartaceo a favore di un aggiornamento telematico, con software adeguati allo scopo, che già peraltro si utilizzano per la mobilità.

Esistono programmi che permettono di calcolare il punteggio in modo automatico, lasciando agli operatori degli uffici solo il compito di controllo. Io credo che in una fase in cui scuola e insegnanti stanno facendo uno sforzo enorme nella direzione di un uso appropriato della tecnologia anche il MIUR non possa sottrarsi a questa sfida. Viceversa rinviare l’aggiornamento significherebbe consegnare le scuole a una nuova stagione di incertezza e caos, con le MAD che sottraggono trasparenza al reclutamento e gravano sul lavoro del personale amministrativo. Ci sono poi migliaia di precari che aspettano l’aggiornamento, per inserire i titoli di servizio e culturali. E sono tantissimi anche i laureati che vogliono insegnare nella scuola, inserendosi nel sistema trasparente delle graduatorie: che senso ha lasciarli fuori, quando intere province esauriscono sistematicamente le graduatorie e ricorrono alle MAD o a personale privo del titolo di accesso? Inoltre le stesse segreterie potrebbero giovarsi di un sistema che riduce sensibilmente il lavoro di valutazione delle domande.

Ritiene possibile un rinvio?

No, perché rinviare l’aggiornamento segnerebbe una resa di fronte alle sfide tecnologiche che ci impone il presente e un atteggiamento di inerzia ricadrebbe negativamente sul funzionamento delle scuole.


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