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Scuolanews del 31 dicembre 2002 -Una nuova piattaforma dell'Ulivo sulla scuola

EDITORIALE Gli altri editoriali Bologna 11 gennaio 2003 Una nuova piattaforma dell'Ulivo sulla scuola per contrastare efficacemen...

03/01/2003
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EDITORIALE
Gli altri editoriali
Bologna 11 gennaio 2003
Una nuova piattaforma dell'Ulivo
sulla scuola
per contrastare efficacemente la politica della destra
e per le prossime scadenze elettorali

Editoriale

di Osvaldo Roman

Scuolanews del 31 dicembre 2002

https://www.forminform.it/scuolanew/edi/fedi.htm

Premessa

La scadenza dell'11 gennaio a Bologna é una di quelle destinate a contare nella vicenda politica italiana. Dopo un anno e mezzo di attività politica e parlamentare, condotta per lo più all'insegna dell'improvvisazione programmatica in materia di istruzione e formazione e nell'assenza di una comune iniziativa politica nel Paese, lo schieramento dell'Ulivo avvia, con un documento opportunamente commisurato allo scopo, una seria riflessione sulle possibili caratteristiche e sui contenuti del suo rinnovato impegno riformatore, in un settore cosi decisivo per lo sviluppo e per la vita democratica..
In questi mesi, se si guardano da vicino le vicende politiche e parlamentari, si deve notare che l'Ulivo ha tenuto, con una posizione veramente unitaria ed efficace al Senato in occasione del confronto realizzato sulla legge delega della Moratti e solo parzialmente alla Camera di fronte alle elargizioni del buono scuola tremontiano alle scuole private. In molte altre non secondarie occasioni si é scomposto gravemente, anche se l'opportunità politica ha consigliato tutti a non accentuare i toni della polemica intorno alle singole lacerazioni. E' avvenuto così sul decreto legge 355 del luglio 2001, con cui la Moratti ha inaugurato la propria politica di attacco alla struttura materiale della scuola pubblica, con la grave scelta a favore dei docenti delle scuole private, e si é proseguito allo stesso modo con la vicenda dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica. Difficoltà gravi si sono realizzate anche intorno all'obiettivo di dare piena attuazione, a partire dallo scorso mese di settembre, all'articolo 138 del Decreto legislativo 112, che non é stato condiviso, per motivi diversi nella coalizione e alla sua sinistra.
Il Convegno di Bologna apre dunque una fase di elaborazione che deve necessariamente coinvolgere realtà esterne all'Ulivo e realizzarsi soprattutto nelle realtà di base. Solo in tal modo sarà possibile costruire le scelte programmatiche della coalizione che sarà chiamata a fronteggiare la destra nelle prossime elezioni legislative. E poiché i nodi sono non pochi e di notevole spessore é stato molto opportuno aprire per tempo questo processo e non consegnarlo alle scelte frettolose e improduttive dell'ultimo momento. Fra l'altro le più vicine scadenze elettorali dalle Regionali e i previsti referendum richiedono, almeno su una serie di materie riguardanti l'assetto istituzionale, una posizione unitaria adeguatamente approfondita e motivata.
Devo pero ammettere che il più grave motivo di divisione e di turbamento nello schieramento dell'Ulivo è attualmente rappresentato dall'iniziativa del cosiddetto gruppo bipartisan. Poiché si tratta di un'iniziativa che chiaramente non nasce per l'esclusivo buon senso dei suoi promotori essa provoca tensioni e sospetti fra i principali protagonisti dell'alleanza, al suo interno come al suo esterno.Sono molti oggi quelli che disorientati si interrogano sulla validità del proprio impegno nella battaglia politica quotidiana. Anche perché su questa battaglia politica è continuamente gettato un pesante discredito quando la si definisce in termini di faziosità o di ideologismo. Perché mai dovrebbe il singolo militante in una scuola impegnarsi nella lettura critica della precettistica di Bertagna quando illustri pedagogisti, per coltivare il dialogo bipartisan, evitano accuratamente in ogni occasione di farlo?
Perché ci si dovrebbe impegnare contro le numerose iniziative di autoritarismo o di clericalizzazione della scuola statale quando tali vicende sono definite con incredibile altezzosità e cecità politica come anticaglie residuali del vecchio armamentario della guerra fredda?
Ecco allora che il Convegno di Bologna é chiamato in primo luogo a dare una risposta politica alla proposta bipartisan. Non mi pare sufficiente al riguardo affermare, come fa il documento preparatorio, che il confronto deve avvenire nelle sedi parlamentari.Tale argomentazione é ovvia e non risolve il problema della rappresentatività politica della suddetta iniziativa. Intendiamoci parlo di rappresentatività non di legittimità. A singoli rappresentanti di uno schieramento politico o di una forza politica deve essere sempre consentito di esplicare qualsiasi forma di iniziativa essi ritengano compatibile con la propria posizione e con idee personali maturate nel corso della propria esperienza.Il problema che pongo é che quella piattaforma politica, le sue analisi e le sue scelte non possono essere condivise dallo schieramento dell'Ulivo e che questo fatto deve essere chiaramente affermato. Un diverso esito sarebbe a mio avviso disastroso e foriero di gravissime lacerazioni.
Ciò è necessario perché in primo luogo un processo bipartisan non può essere concepito e avere successo in un solo settore sia pure importante come quello scolastico mentre infuria su tutti i campi una furiosa battaglia che parla di democrazia e di tentazioni autoritarie.
Ovviamente analoghi gruppi bipartisan potrebbero essere all'opera nei settori della giustizia, della sanità delle informazione, dell'ordine pubblico e della sicurezza ma non se ne conosce finora l'esistenza se non attraverso le sporadiche contorsioni di questo o quell'esponente politico o parlamentare.
A corollario di tale assunto si pone la constatazione che l'iniziativa dei componenti il gruppo bipartisan, per non essere considerata grottesca, deve necessariamente essere inserita in un più vasto progetto che ha collegamenti sedi di discussione dentro e fuori i partiti dell'attuale coalizione.
Questa circostanza non avrebbe alcun significato negativo. Per quanto riguarda il partito a cui appartengo, i DS, sarebbe soltanto stato necessario, contrariamente a quello che é avvenuto, che tali analisi e che tali proposte programmatiche fossero portate alla luce del sole nel dibattito politico interno e sottoposte al giudizio degli iscritti e alla discussione degli organi dirigenti. Adottando così un comportamento politico, diverso da quello complottardo della tradizione ideologica comunista,che in casi come questi mi sembra assolutamente necessario: ognuno, ed in particolare i massimi dirigenti, si assuma la responsabilità delle proprie scelte. E di responsabilità ce ne sarebbero molte, occorre convenirlo, se per caso risultasse fondata l'analisi di chi valuta oggi con grande allarme per il futuro democratico del paese la stategia attuale delle destra al governo. Responsabilità innanzi tutto di concorrere alla frantumazione dello schieramento politico e sociale che si deve opporre alla destra ,oggi con l'opposizione crescente e diffusa nel Parlamento e nel Paese, e domani con un nuova e consolidata alleanza elettorale di carattere democratico e riformatore.
Di conseguenza ci si deve domandare perché i bipartisan dell'Ulivo non si sono impegnati per realizzare l'unità programmatica della coalizione a cui appartengono?
Non si sono accorti che le divisioni sul programma scolastico sono numerose e che nella vicenda parlamentare spesso le due componenti fondamentali della coalizione si trovano su fronti opposti, spesso, ma non solo, quando scattano la presenza e l'interesse della Chiesa cattolica? Aver sottovalutato questa circostanza é stato un grave errore da parte di chi, l'ho riconosciuto all'inizio, ha nel passato concorso positivamente alla costruzione di una piattaforma unitaria sulla scuola tra la sinistra e i cattolici democratici.
D'altra parte sarebbe sciocco ignorare che l'incontro programmatico di Bologna rappresenta un momento importante sulla strada della creazione di una coalizione più ampia.
Mi sembra che i nostri amici bipartisan ulivisti non condividano la prospettiva principale del Convegno di Bologna e cioè che la coalizione si deve estendere a quelli che a sinistra e altrove ancora non ne fanno parte. Onestamente e senza ideologismi mi pare che tra questi non si possano collocare utilmente Bertagna e gli esponenti della Compagnia delle Opere.
Se non mi sbaglio ciò vorrebbe anche significare che sarebbe giusto non perdere tempo a discutere sulle questioni programmatiche, con esponenti della Margherita sempre ricattati dalla componente democristiana del centro destra , e che l'unica prospettiva di azione é quella di andare direttamente, come sembra indicare il percorso bipartisan, a trovare un accordo con i poteri forti che contano specie in campo scolastico, quelli della gerarchia cattolica e del mondo confindustriale. Se questo accordo si fa, sembrano concludere tutti quei grandi strateghi della real politica nazionale, che già tanti danni ha prodotto alla sinistra e alla democrazia italiana, dove volete che scappi la Margherita? Sembra un buon ragionamento solo che costoro dimenticano ancora una volta che le elezioni le abbiamo perse soprattutto a sinistra!

Ciò premesso, mi pare necessario tornare a riflettere sui contenuti delle scelte politiche e programmatiche della nostra proposta riformatrice che potranno essere risolutive nel determinare la natura degli schieramenti in campo.

Devolution e legge delega

Non c'é dubbio che il tema della devolution scolastica si ponga al centro della scena politica e parlamentare e che scelte precise debbano essere compiute al riguardo precisando il giudizio sulla riforma del Titolo quinto e indicando i modi di realizzazione del suo completamento, sia nella legislazione nazionale che in quella regionale, sia nella legislazione ordinaria che in quella costituzionale.

Si devono inoltre dare risposte univoche ad una serie di interrogativi che riguardano l'iniziativa politica e parlamentare immediata in materia di devolution. Di seguito indico quelli che mi sembrano essere quelli principali per predisporre una efficace battaglia al riguardo:

cosa significano le competenze legislative esclusive delle Regioni in materia di 'organizzazione e di gestione degli istituti scolastici e di formazione'?
tali competenze non si sovrappongono per caso a quelle competenze legislative sulla 'determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale' e sulle ' norme generali sull'istruzione'che la Costituzione allo stesso articolo 117 riserva attualmente al Parlamento nazionale?
perché mai dovrebbe essere competenza legislativa regionale anche la 'definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione'?
è una moderna novità che una Costituzione stabilisca che i programmi d'insegnamento si dovrebbero fare per legge( e per di più regionale)? Prima non era mai accaduto in Italia che si facessero con le leggi nazionali! Che cosa significa 'interesse specifico'? Cosa significa parte dei programmi? Chi stabilisce quale parte? La legge? Quale legge: nazionale o quella regionale?
il disegno di legge Moratti indica tale principio ma ne rinvia l'esecuzione ad un decreto attuativo. Può un dettato costituzionale che attribuisce una competenza legislativa esclusiva regionale dipendere da un regolamento di attuazione o da un decreto delegato emanato dal Governo nazionale?
la discussione parlamentare della legge delega Moratti non dovrebbe essere sospesa in attesa che la maggioranza governativa si chiarisca se le materie oggetto dei decreti delegati , in forza della Costituzione vigente dovranno essere di competenza legislativa statale oppure regionale?
in altri termini "le norme generali sull'istruzione" e quelle che definiscono la cornice in cui si realizza la potestà legislativa concorrente delle Regioni devono necessariamente essere formulate in maniera precettiva nella legge delega oppure possono essere demandate alla trattazione dei decreti legislativi delegati?

Nell'articolo 5 della legge delega Moratti si affaccia il principio di una chiamata diretta da parte delle singole scuole degli abilitati in sede universitaria, superando il principio del concorso, anche per soli titoli, per il raggiungimento della sede di servizio. Si tratta di un obiettivo perseguito in questi ultimi decenni esclusivamente da un settore ideologico confessionale del nostro paese: quello degli integralisti cattolici che nella scuola pubblica statale ci stanno stretti proprio perché finora non sono riusciti a scegliersi i propri insegnanti. Stupisce profondamente che nel dibattito Bipartisan, tale tesi sia sostenuta addirittura da un esponente qualificata della Direzione DS. Evidentemente costei, mentre è impegnata nella reprimenda ai rottami ideologici dell'Ulivo, incapaci di una opposizione propositiva e di 'buon senso' alla Moratti, non si accorge di essere precipitata nella fogna ideologica del leghismo separatista e dell'integralismo talibano che non rappresentano notoriamente il massimo della modernità riformista!

Scuola privata

Negli ultimi anni, il tema di una corretta attuazione del dettato costituzionale in materia di parità scolastica è stato una dei cardini su cui si é realizzata l'intesa per un profondo rinnovamento del sistema di istruzione, poi avviato a realizzazione dal governo di centrosinistra. Esso, insieme alla scelta di elevare l'obbligo scolastico di fatto fino al primo biennio del sistema d'istruzione secondaria ha costituito una dei punti più rilevanti del programma elettorale dell'Ulivo.

Ancora oggi non può essere sottovalutato il rilievo che tale materia riveste anche sul terreno del consolidamento dell'alleanza tra forze laiche e cattoliche democratiche e nella prospettiva della ripresentazione agli elettori di un nuovo schieramento democratico di centro sinistra.

Oggi come oggi,dobbiamo riconoscere che sul terreno della scuola tale schieramento è gravemente diviso lo dimostrano molti episodi recenti e meno recenti della vita parlamentare. È sufficiente che si presentino in ballo interessi difesi dalle autorità ecclesiastiche perché lo schieramento di divida a prescindere spesso da ogni seria valutazione del significato costituzionale e di principio delle questioni che si vogliono risolvere. Ciò si è verificato lo scorso anno con il decreto sui precari e con i punteggi per le graduatorie riconosciuti ai docenti che hanno prestato i loro servizi nelle private, ciò sta avvenendo con le norme incostituzionali e anticoncordatarie che si vogliono varare per stabilizzare i docenti di religione cattolica. Sarà molto importante che nel momento in cui tale che tale schieramento si presenterà all'elettorato con un programma di legislatura le scelte di politica scolastica siano accuratamente vagliate e concordate con il concorso di un vasto dibattito democratico nelle scuole e nelle università.

Sappiamo che questo programma, dopo la realizzata attuazione della parità, dovrà affrontare tutte le distruzioni che il governo di destra sta apportando alle riforme realizzate e andare oltre.

La Costituzione vigente assegna allo Stato la funzione fondamentale di garantire a tutti l'accesso ad una istruzione libera e pluralista. Pur tuttavia, nel rispetto dei principi di libertà che la caratterizzano, essa rifiuta ogni forma di monopolio statale dell'istruzione ed afferma il principio di libertà per tutti di istruire scuole secondo le specifiche tendenze ideologiche e/o confessionali.

La libertà d'insegnamento nella nostra Costituzione è garantita nel senso più ampio e cioè nel senso di libertà di insegnamento nella scuola e di libertà per chiunque di istituire scuole

Lo Stato-apparato cioè non solo non può avere il monopolio dell'istruzione, ma non deve avere, nemmeno, come nel passato regime fascista, un proprio progetto educativo al quale le scuole, il personale docente e gli alunni devono uniformarsi. In questo senso sono allucinanti le formule inserite nell'articolo due della legge delega la dove si pretende di inserire perfino nella scuola dell'infanzia una non meglio identifica finalità morale e religiosa.

Dopo la modifica del Titolo V della Costituzione allo Stato spetta la definizione delle 'norme generali dell'istruzione'. il parlamento nazionale deve pertanto limitarsi a definire l'ordinamento scolastico, i tipi di scuola, l'organizzazione del sistema scolastico, i programmi, gli standard culturali, i sistemi di valutazione degli alunni e del sistema scolastico

La libertà d'insegnamento implica la partecipazione attiva di tutte le componenti scolastiche alla programmazione educativa e didattica.

La Costituzione vigente, pur affermando il principio della libertà per tutti di istituire scuole e finanche di chiedere ed ottenere la 'parità' con le scuole statali, tuttavia ha assegnato allo Stato il compito di garantire a tutti, senza alcuna discriminazione, le scuole di ogni ordine e grado ed agli alunni 'capaci e meritevoli' di conseguire i più alti gradi dell'istruzione.

E' logico quindi che le scuole statali siano finanziate dalla collettività e che le scuole private, in quanto rivolte a finalità ideologiche, confessionali e commerciali di gruppi, enti o confessioni debbano invece essere finanziate da coloro che, in alternativa al sistema pubblico e pluralistico, scelgono liberamente la scuola conforme alle proprie ideologie e/o credo religioso ed esigenze personali.

Di qui la ragione per la quale la Costituzione, che pure ha riconosciuto la più ampia libertà di istituire scuole private di qualsiasi tendenza culturale e/o ideologica e/o confessionale e, finanche, la possibilità per tali scuole di ottenere la 'parità', ha nel contempo precisato in modo inequivoco che la libertà di istituire scuole private non può comportare 'oneri' per lo Stato.

La legge di 'parità' non ha finora derogato da tale divieto; la 'parità' difatti non riguarda la gestione delle scuole, ma riguarda gli effetti giuridici dell'insegnamento delle scuole private che devono essere 'equipollenti' a quelli delle scuole statali. Non ignoriamo che il governo della destra dopo la recente vicenda dei 90 milioni di euro introdotti nella legge finanziaria coltivi apertamente l'obiettivo di manomettere la legge di parità in senso contrario alla Costituzione

Nell'esaminare lo stato di attuazione della nuova normativa occorre partire dalla constatazione che da alcuni anni si è realizzato un rifinanziamento assai consistente dei capitoli già presenti nello stato di previsione della spesa del ministero dell'istruzione riguardanti le scuole dell'infanzia private e comunali e le scuole elementari parificate.

Sappiamo tutti che non si tratta di novità, se non per l'entità delle somme previste, che per il prossimo anno 2003 supereranno complessivamente i 580 milioni d'euro. Fra l'altro a riprova di quale sia la coerenza della destra in fatto il federalismo si può ricordare che i finanziamenti per le scuole dell'infanzia non statali e per le scuole elementari parificate devono essere trasferiti allo Stato di previsione del Tesoro, Fondo per il federalismo amministrativo, in base al comma 2 dell'articolo 138 del D.L.vo. n. 112/98 che prevede il trasferimento di tale competenza amministrativa dal 1 settembre 2002

Il Preventivo dello stato di previsione 2003 invece in parte decentra agli Uffici regionali e in parte lascia al centro tali materie, si tratta di una interpretazione grave del tipo, non spettano alle Regioni queste competenze. Questo é il livello di centralismo ministeriale da parte di chi sbandiera in ogni istante il federalismo!

A tali somme impegnate nella U.P.B ( 369.783.140 Euro, capitolo 1752) e nei capitoli degli Uffici regionali (112.095.752 Euro) si devono aggiungere sia la quota parte per gli assegni di studio previsti dalla legge di parità pari a oltre 154 milioni di euro allocati nel capitolo 3044 del Ministero dell'Economia e fra l'altro attribuite in maniera non conforme alla legge sia quella per la fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo pari ad altri 103 milioni di euro.

Dobbiamo purtroppo prendere atto che tutto questo sforzo finanziario non è stato finora ritenuto sufficiente dalle autorità ecclesiastiche del nostro paese e la guerra contro la scuola pubblica, dopo l'appoggio elettorale offerto a Berlusconi dalla maggioranza delle gerarchie ecclesiastiche, continua giungendo oramai, come testimonia la crisi in atto nell'Università e nella Ricerca, a livelli non più sostenibili.

La scuola pubblica viene giudicata non affidabile sul piano dei valori e dei progetti educativi e si rivendica alla famiglia il diritto di scegliere e di finanziare la scuola che preferisce.

In questo quadro per rispettare le indicazioni concordatarie lo Stato spende oltre un milione di euro per gli stipendi e per le spese previdenziali di oltre 20.000 insegnanti di religione cattolica. Ma questo non basta perché come abbiamo visto in questi giorni s'intende andare molto oltre.

IRC e clericalizzazione della scuola

L'insegnamento della religione cattolica è presente nella scuola pubblica sulla base di accordi intercorsi tra lo Stato italiano e la Santa

Sede: il Concordato ed il Protocollo addizionale, e tra il Ministero dell'allora pubblica istruzione e la Conferenza episcopale italiana, la

cosiddetta Intesa, recepita nel decreto del Presidente della Repubblica, n. 751.

Tale disciplina, infatti, è facoltativa, e tale facoltatività è condizione necessaria perché la sua presenza nella scuola pubblica non configuri elementi di

incostituzionalità.
A fronte di questo quadro giuridico e normativo di riferimento, separare il problema degli insegnanti da quello della disciplina

porterebbe sicuramente ad esiti non equilibrati, non rispettosi delle intese, delle reciproche autonomie e degli

stessi lavoratori interessati.

Pare del tutto evidente che approvare con legge ordinaria, come di recente ha fatto la camera dei deputati, una norma, quale quella sul ruolo e sul conseguente organico degli insegnanti, significa incidere sul significato sostanziale del nuovo assetto concordatario. Pertanto, se il Governo vuole perseguire tale

innovazione, può legittimamente farlo, ma solo aprendo con la Santa Sede una trattativa bilaterale sul Concordato. Non sarebbe

possibile neppure una semplice revisione dell'Intesa, perché si tratta di innovazioni che incidono sul principio concordatario

dell'avvalersi o non avvalersi senza discriminazioni.

Credo che all'interno dell'Ulivo ci si debba laicamente interrogare circa il significato dirompente che inevitabilmente è destinato ad assumere il fatto che i docenti di R.C. in esubero o a cui sia stata revocata l'idoneità da parte dell'autorità diocesana, qualora in possesso dei relativi titoli, siano collocati in altri ruoli di insegnamento.

In tal modo si verrebbe a creare una sorta di canale di reclutamento alternativo nella scuola dello Stato. Come si può sostenere tale pretesa, ogni altra considerazione di costituzionalità a parte, proprio nel momento in cui il Governo si rifiuta di applicare la legge n. 124 del 1999 per la sistemazione dei docenti precari? Come si può sostenerla nel momento in cui la finanziaria falcidia gli organici del personale docente e nell'anno in cui, per la prima volta nella storia del nostro paese, non è stata effettuata neppure una nomina a tempo indeterminato?

E' del tutto evidente che occorre compire uno sforzo unitario per indicare una normativa che all'interno del vigente regime di revoca dell'insegnamento della religione cattolica ,con il venir meno dell'idoneità, consenta ai docenti della religione cattolica di avere lo stesso trattamento giuridico ed economico degli altri docenti a tempo indeterminato, con l'unica esclusione della mobilità professionale in altro ruolo, ma compresa la mobilità professionale nella pubblica amministrazione in caso di perdita di posto per contrazione di organico o, eventualmente, nel caso di venir meno dell'idoneità.

Se a margine di questo problema, ormai concretamente sul tappeto, si troverà anche lo stimolo per aprire una riflessione critica sul significato dell'insegnamento concordatario della Religione cattolica nella scuola statale e sulla necessità di un suo superamento sarà sicuramente un grande processo. Anche perché credo che indagini come quella recente condotta dallo psicoantropologo Massimo Cicogna, psichiatra romano a capo dell'associazione psicologi volontari Help-Me, che ha monitorato i desideri per l'ultimo dell'anno di oltre 1.250 bambini dai 6 ai 12 anni mettono in evidenza che per il il 56% dei bambini italiani. é meglio non trascorrere il Capodanno con un bambino extracomunitario.Ho personalmente molti dubbi sulla correttezza delle cause di tale fenomeno indicate dai ricercatori nei genitori (42%): nella scuola (26%) genericamente intesa, seguita dalla televisione (14%), dagli amici (11%) e dai film (6%). Mi sembra assai strano che non sia stata valuto analiticamente il più grave fenomeno di violenza di prevaricazione presente da decenni come scuola di prevaricazione delle maggioranze sulle minoranze in tema di diritti civili.
L'attuale ora di religione cattolica al di là dei programmi e delle concrete sensibilità dei docenti, per il modo in cui viene presentata ai giovani e alle famiglie, non può promuove un'ora di cultura della tolleranza.

In questo quadro il ministro Moratti ha escogitato L'ANGOLO PER PREGARE A SCUOLA e TuttoscuolaNEWS nei giorni scorsi commentava la vicenda delle direttiva fantasma evidenziando che "nemmeno l'Intesa tra Stato italiano e Chiesa cattolica del 1984 aveva osato tanto. Il ministro sembra avere nostalgia del passato e fa rientrare dalla finestra possibili pratiche religiose, se pur a valenza multiculturale. Eppure la scuola non e' il luogo in cui si prega. I luoghi del culto sono altri. Piuttosto, c'e' un'altra riflessione da fare: sono maturi i tempi per avviare una discussione serena e ragionata per allargare l'attuale insegnamento della religione cattolica a un più ampio e generale insegnamento della storia delle religioni? Spingerebbe in questa direzione, tra l'altro, la crescente presenza di alunni stranieri nelle scuole italiane, che ospitano ormai ragazzi di ben 186 diverse cittadinanze, su 195 stati riconosciuti."

Ci sono altre pericolose scelte del centro destra che ormai configurano una strategia di clericalizzazione della scuola statale che non possono rimanere senza una risposta e che soprattutto non debbono rappresentare un terreno di divisione del centrosinistra. Si tratta, dopo la vicenda del riconoscimento della parità di punteggio ai docenti delle scuole paritarie nel reclutamento tramite le graduatorie permanenti, delle previsioni presenti nella legge delega Moratti sulla finalità morale e religiosa dell'istruzione pubblica a partire dalla scuola per l'infanzia e più pericolosamente nella ipotesi di passare alla chiamata diretta su base ideologica dei docenti abilitati in sede universitaria.
La scelta del finanziamento statale di trenta milioni annui di euro, elevabili a 70, per il buono scuola riservato. in violazione della legge di parità, a chi frequenta le scuole paritarie completa il quadro dell'offensiva della destra che ritiene di saldare in questo modo il conto delle spinte confessionali più oltranziste.

Ovviamente tutte queste pericolose micce vanno disinnescate trovando per ogni problema la soluzione costituzionalmente corretta.Quello che non si può fare é ignorarle salvo poi dividersi al momento del voto parlamentare perché in tal modo non si costruisce, deve essere chiaro a tutti, nessuna duratura piattaforma programmatica sulla scuola.Potremmo continuare a stare insieme per contrastare, su altri terreni, l'offensiva antidemocratica della destra sapendo che sulla scuola essa in realtà ha gia acquisito i suoi principali risultati.

Edilizia scolastica

Il tema dell'edilizia scolastica rappresenta una delle grandi scelte di programma e di fronte alle gravi inadempienze della destra e' necessario, per avere un quadro completo, ricordare gli interventi realizzati negli ultimi anni:

1) per oltre un ventennio(dal 1974) nel nostro paese il Parlamento e i governi si sono disinteressati dell'edilizia scolastica sia sul piano normativo che su quello finanziario.

2) Solo nel 1996 il governo di centro sinistra ha fatto approvare la legge n° 23 dell'11 gennaio.

3) A quella legge hanno fatto seguito altri due provvedimenti legislativi di carattere normativo e finanziario : la legge 340 del 2 ottobre 1997 e la legge n° 362 del 13 ottobre 1998.

4) Con tali strumenti normativi è stato possibile realizzare due piani triennali e finanziare sei piani annuali per un totale di circa 3000 miliardi di vecchie lire, con i quali si è potuto realizzare quel tanto di risanamento, e non è poco, che risulta dall'indagine ministeriale.

5) La legge finanziaria 2001 la n° 388/2000 all'articolo 144 prevedeva una somma di 60 miliardi di lire come impegno quindicennale decorrente dall'anno finanziario 2002 per l'attivazione di mutui.( Lo stanziamento precedente era di 45 miliardi annui)

6) Il nuovo governo, come prima iniziativa nel settore, nella sua prima legge finanziaria , quella per il 2002 ha bloccato la programmazione del nuovo triennio non prevedendo alcuno stanziamento per l'anno 2002!

7) Il governo Berlusconi ,Moratti, Tremonti nonostante le forti critiche formulate da tutte le Regioni indipendentemente dal tipo di maggioranza al governo, nonostante disponesse dello studio sulla sicurezza pubblicato nel febbraio 2002 e commissionato dal precedente Governo di centrosinistra con la Circolare n.85 dell'8 maggio 2001 aveva stanziato in questa finanziaria a decorrere dal 2003 solo 10 milioni di euro cioè meno di un terzo di quanto previsto dalla finanziaria 2001!

Con l'emendamento approvato alla Camera all'articolo 80, c21, si prevede:

1)un prelievo di una quota parte non definita delle somme stanziate per i mutui dall'articolo 13 delle legge n 166 del 1/8/2002;

2) tale somma deve finanziare un piano straordinario, da sottoporre al CIPE, di messa in sicurezza degli edifici scolastici.

Rispetto a tali scelte si deve rilevare:

° Non è definita l'entità degli interventi finanziari a sostegno del piano, almeno relativamente alle annualità 2003 e 2004, presenti nella legge 166/2002.L'ambiguità e l'evanescenza della copertura finanziaria di quella legge e la molteplicità di attese che essa ha suscitato rendono assai precaria la realizzazione di un siffatto progetto.

° Non è previsto il rispetto delle procedure di programmazione la cui competenza, in base all'articolo 4 della legge 23/96, spetta a Regioni ,Comuni e Province.

La finanziaria 2003

Non solo il Decreto taglia spese Tremonti del 29 novembre, di recente corretto con l'esclusione dei contributi alla paritarie e ai lavori socialmente utili, ma anche la Finanziaria 2003 interviene sulle erogazione di cassa prevedendo all'articolo 23 una riduzione delle spese correnti. Infatti al comma 1 dell'articolo 23 le dotazioni iniziali delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri per l'anno finanziario 2003 concernenti spese per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria sono ridotte del 10 per cento. Il tutto viene messo in un fondo cassaforte da cui in definitiva Si potrà prelevare solo se Tremonti autorizza i singoli ministri.

Tutta la finanziaria e piena di meccanismi autoritari e clientelari del genere. Infatti in ogni ministero tutte le spese di investimento sono state infilate in analoghe casseforti con chiave a Tremonti. Ricerca, edilizia, assunzioni dei docenti universitari ecc. L'autonomia delle istituzioni universitarie e di ricerca non esiste più! Le decisioni legislative del Parlamento i diritti sanciti dalle leggi sono negati! Tutti in fila per richiedere la necessaria autorizzazione davanti alla porta del grande consulente di evasori fiscali. Quegli stessi evasori che stanno mettendo in pratica le lezioni del maestro confidando nella sua protezione o negli annunciati condoni più o meno tombali. Questa classe dirigente di bancarottieri sta portando alla rovina le casse dello Stato con l'obiettivo di svendere ai privati i servizi pubblici più importanti come quelli della scuola e della sanità.Nel settore della scuola dell'Università e della ricerca sono stati decisi i tagli le decurtazioni.

Il Senato, nonostante le richieste della Commissione Cultura formalmente appoggiate dallo stesso ministro Moratti ha confermato i tagli della Camera con due eccezioni:

spostando 100 milioni di euro dall'edilizia universitaria alla ricerca;

inserendo tra le possibili deroghe le assunzioni nel settore della ricerca.

Per il resto la Finanziaria 2003 è tutta contro la scuola pubblica e l'autonomia dell'Università e della Ricerca

Essa presenta scelte molto negative. Esse chiariscono fino in fondo il progetto Moratti di destrutturazione del sistema pubblico dell'istruzione e della formazione. Per la prima volta in Italia nel bilancio di previsione dello Stato scende la spesa complessiva per l'istruzione.

L'istruzione, la formazione e la ricerca diventano così occasioni di puro e semplice contenimento di spesa. L'impegno espresso dal governo di centro sinistra di investire nella formazione come leva significativa per la qualità dello sviluppo nel nostro Paese viene cancellato.

Nella disegno di legge delega del Ministro Moratti , approvato dal Senato, si elimina perfino l'obbligo scolastico a 15 anni a partire dal prossimo mese di settembre risparmiando così sui diritti di tutti. Poi chi potrà si pagherà una scuola di qualità, così come chi potrà si pagherà una sanità di qualità.

La tendenza manifestata durante il primo anno di governo della destra a contenere e dequalificare lo sviluppo della scuola, dell'Università e della ricerca, appare assolutamente confermata.

Si continua a ripetere che gli insegnanti sono troppi e si lascia anche intendere che lavorino poco. Ma poi quando si giunge al concreto della legge finanziaria non si sa come eliminare lo scandalo che forse non esiste a meno che non si vogliano chiudere tutte le nostre scuole all'estero e interrompere una seria di servizi tecnici di supporto nei vari rami dell'amministrazione.

1) Non si prevede alcuno stanziamento aggiuntivo per la legge delega del Ministro Moratti destinata evidentemente ad autofinanziarsi con i tagli che saprà produrre nei prossimi anni con il ritorno al maestro unico e la soppressione del tempo pieno.

2) Complessivamente nel triennio 2003 -2005 sono previsti tagli allo stato di previsione della spesa del MIUR per 309,9 milioni di euro in conseguenza degli effetti dell'accorpamento a 18 ore degli orari di cattedra e riduzione massiccia del personale ATA. A questi si devono aggiungere gli effetti non quantificati dovuti alla riduzione dei docenti di sostegno e al licenziamento degli inidonei all'insegnamento che secondo dovrebbero servire a garantire il recupero degli stanziamenti previsti dalla finanziaria 2002, evidentemente non conseguiti con i tagli già effettuati .

3) Anche per l'Università e la Ricerca l'attacco è grave e si manifesta con il blocco e il controllo centralistico delle assunzioni e con l'insufficiente adeguamento dei fondi ordinari per l'Università che non risultano ancora idonei a far fronte agli oneri per le retribuzioni, e con il mancato adeguamento dei fondi per il diritto allo studio.Gli investimenti previsti per la Ricerca risultano inseriti in un Fondo governativo gestito dal Ministro del Tesoro e in un latro istituito presso la presidenza del Cnsiglio di fatto sottratto al controllo del Parlamento. Tale Fondo, come del resto quelli analoghi previsti per gli investimenti negli stati di previsione di tutti i ministeri, sono destinati ad essere gestiti arbitrariamente e a subire con drastici tagli le conseguenze della folle e avventuristica politica economica e fiscale del governo.

4) Con l'accorpamento coatto delle cattedre gli orari per i docenti diventano 'europei', anche se troppo poco europei restano gli stipendi, salvo gli straordinari che toccheranno, in base alla finanziaria dello scorso anno, solo ai docenti della scuola secondaria. Anche qui una logica mero di risparmio, a discapito della qualità del funzionamento della scuola, manifesterà i suoi effetti deleteri contro gli studenti e le famiglie soprattutto con l'impossibilità di nominare nella scuola secondaria supplenti se non dopo 15 giorni di assenza, con le rotazioni dei docenti moltiplicate nelle classi e con le conseguenti lievitazioni delle richieste di nuove adozioni dei libri di testo..

5)L'articolo 33 della finanziaria stanzia per rinnovo contrattuale risorse inadeguate per il recupero dell'inflazione nel 2003, assurdamente ancorata a un dato inattendibile rispetto al 2,09% reale. Gli ulteriori stanziamenti per la qualificazione professionale e per il contratto sono assolutamente irrisori.

Si governa con la logica del decisionismo, la politica complessiva di Moratti si propone di bloccare le riforme e tornare al passato. Esemplare al riguardo la proposta di una scuola che a quattordici anni diversifica e separa i percorsi: chi a scuola, chi alla formazione professionale. Un'idea vecchissima e dismessa da altri paesi, come la Germania. Al fondo un'idea elitaria di scuola, un'idea elitaria di società. Con l'abrogazione della legge n.9/98 sull'obbligo scolastico,approvata nella legge delega, si introducono certamente delle economie se si riuscirà a convincere i 40.000 giovani, che terminata la terza media si iscrivevano ai corsi di scuola secondaria superiore, di tornare alla formazione professionale.

Si cancella anche la previsione di spesa dei 35 milioni di Euro per l'autoaggiornamento dei docenti. Si riducono gli stanziamenti del fondo speciale per la ricerca e si conferma la riduzione, già operata lo scorso anno, a 198.milioni di euro dello stanziamento annuo di 500 miliardi l'anno destinati al Fondo per l'ampliamento dell'offerta formativa. Si tratta di una riduzioni che colpiscono la ricerca e, l'autonomia e la didattica. Per la scuola tali fondi peraltro sono stati sottratti ai bilanci delle scuole e destinati nel 2002 a compiti non previsti dalla legge o del tutto impropri come quello di fare pubblicità alle iniziative legislative in corso del governo.

Il decreto blocca spese

1)Il decreto 29 novembre 2002 è stato emanato dal ministro dell'economia in attuazione di quanto prevede il comma 3 quarto periodo della legge n.246/2002 del 31 ottobre. Esso prevede per tutte le amministrazioni statali un contenimento degli impegni di spesa e dei pagamenti di cassa nel limite dell'85% dei relativi stanziamenti.

2)L'atto di indirizzo che apre la procedura è stato adottato il 29 novembre e il decreto Tremonti è uscito sulla Gazzetta Ufficiale il 2 dicembre. Esso non risulta inviato alle Commissioni bilancio della Camera e del Senato,contestualmente alla sua adozione, corredato dall' apposita relazione, così come richiedeva la legge !

Per il bilancio del MIUR il decreto prevede un taglio del 15% sulla competenza e sulla cassa che riferite alle cifre globali riportate nelle tabelle fanno rispettivamente 805,4 e 1034,5 milioni di euro.

Per il bilancio del MIUR il decreto prevede un taglio del 15% sulla competenza e sulla cassa che riferite alle cifre globali riportate nelle tabelle fanno rispettivamente 805,4 e 1034,5 milioni di euro.

Vengono fatte salve le spese obbligatorie di bilancio e cioè stipendi, pensioni e tutte le spese in bilancio classificate come obbligatorie.

Il 15% e un valore medio perché in alcuni capitoli il congelamento può essere più elevato in altri meno.

Ad esempio nei bilanci delle scuole che erano stati gia falcidiati dalle preesistenti (della legge finanziaria 2002) norme di controllo dei flussi di cassa ciò significa un taglio molto consistente spesso superiore al 60% delle spese sull'aggiornamento e sulle iniziative di innovazione tecnologica che peraltro risalivano tutte, nessuna esclusa alla finanziaria 2001 e al decreto Berlinguer del 2000.

Bloccare le spese di competenza del mese di dicembre, significa che non si possono più impegnare risorse, prendere decisioni di spesa, ciò rappresenta un atto che paralizza le scuole e blocca ogni iniziativa di programmazione didattica.

Bloccare la cassa significa non pagare i fornitori debitori e fare quindi loro una ottima strenna natalizia con il seguito di eventuali ricorsi in giudizio. E delle spese conseguenti.

Si diminuisce l'aliquota IRPEF assorbendo i miglioramenti già previsti dalla finanziaria 2001 ed eliminando il fiscal drag.

Si sposta l'onere per i cittadini sulle tasse locali e sulla riduzione dei servizi, scuola e sanità in testa, compensata solo dall'aumento dei costi. E' per questo che L'ANCI e l'UPI hanno chiesto un incontro urgente con il Governo con l'obiettivo di giungere alla definizione di un provvedimento, correttivo delle norme più discriminanti, contenute nella manovra finanziaria 2003.I problemi segnalati dagli enti locali riguardano, tra l'altro, il patto di stabilità per le Province, il blocco delle compartecipazioni Irpef, l'edilizia scolastica, il taglio ai trasferimenti ed alla spesa sociale, il blocco delle assunzioni ed il recupero del pregresso.

Patto per l'Italia
Alcuni mesi orsono il Miur ha sottoscritto un Protocollo d'intesa con Confindustria in base al quale le parti si impegnano a ' promuovere, sostenere e sviluppare iniziative di consultazione permanente '.. a tal fine le parti ricercano e sperimentano, d'intesa, modelli ''con l'obiettivo di potenziare l'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di sviluppo della scuola'.' Le tematiche su cui agisce l'intesa sono diverse, si va dall'orientamento all'alternanza scuola lavoro, alle indagini sui fabbisogni formativi all'autonomia scolastica.
Indubbiamente il Miur ha in questo modo stracciato definitivamente in materia ogni tipo di concertazione con le parti sociali. Ciò é del resto confermato dalla pressoché totale assenza ,dei temi della formazione, nel cosiddetto Patto per l'Italia.

Handicap

Nelle prossime settimane si aprirà la caccia ai finti portatori di Handicap con la verifica dei soggetti portatori di handicap che dovrà essere attuata in base all'articolo 35 comma 8 della legge finanziaria, solo parzialmente mitigata dalle esenzioni di cui all'articolo 94 comma 3.

Tale normativa prevede che:

'All'individuazione dell'alunno come persona handicappata provvedono le aziende sanitarie locali sulla base di accertamenti collegiali, con modalità e criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ecc' '?

Oltre centomila portatori di handicap saranno così costretti ad estenuanti trafile burocratiche per consentire di scoprire chi di loro non è realmente da considerare tale secondo le geniali intuizioni della sottosegretaria Aprea!


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