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Scuola, qui è tutto da rifare

Studenti e insegnanti che protestano insieme. Perché non ci sono solo i tagli: c'è un insieme di decisioni improvvisate, caotiche, contraddittorie che hanno messo l'istruzione pubblica in ginocchio. Ed è il momento di pensare a una vera rifondazione

01/12/2012
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L'Espresso

Mariangela Vaglio

Semo venuti già menati!» La foto dello slogan ironico con cui gli studenti si sono presentati all'ultimo corteo di protesta per la scuola ha fatto il giro di internet e poi è stata riproposta da tutti i giornali. Ma il mondo della scuola, al di là delle manganellate piovute addosso ai cortei durante le manifestazioni, in questo periodo "menato" si sente parecchio, tanto che non sa nemmeno più dove voltarsi per evitare di prendere altre sberle.

La grande mobilitazione di docenti e studenti è partita all'annuncio che il Governo meditava di imporre per decreto un aumento di sei ore di lezione frontale ai docenti delle medie e delle superiori e di due a quelli delle elementari, portando per tutti l'orario di lezione a 24 ore settimanali. L'emendamento è stato (pare, si dice, si assicura) ritirato, anche per l'impossibilità di trovare un solo partito che fosse disposto a votare una simile disposizione: non solo perché sotto elezioni nessuna forza politica vuole giocarsi un bacino elettorale corposo come quello degli insegnanti, ma anche perché un aumento del 33% di carico orario per una qualsiasi categoria deciso senza contrattazione sindacale, a costo zero e con un contratto ancora in vigore avrebbe scatenato una immediata serie di ricorsi ai tribunali, e sarebbe stato giudicato illegittimo e cassato dalle corti.

Resta il fatto che dopo anni di parziale quiescenza, il mondo della scuola è tornato in fermento. Il problema dell'orario è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il malumore è montato e ormai è diffuso a tutti i livelli, anche se per ora sta cercando forme e strade per concretizzarsi. Il problema è che, come categoria di lavoratori, gli insegnanti non sono mai stati un blocco unico ben coeso al proprio interno, anche perché "gli insegnanti" in realtà sono lavoratori che prestano servizio in diversi ordini di scuola (le vecchie elementari, medie e superiori) ognuna con problemi specifici ben precisi e spesso diversissimi.

Neanche il Presidente del Consiglio Monti dimostra di aver ben chiaro il panorama della situazione, dal momento che, l'altra settimana, rispondendo a una domanda di Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha affermato che agli insegnanti era stato chiesto di fare "due ore in più" di lezione: cosa che corrisponde al vero solo per gli insegnanti della primaria (che fanno 22 ore di lezione frontale e settimana e due di coordinamento); i docenti degli altri ordini di scuola, infatti, si sarebbero ritrovati con sei ore in più in classe ogni settimana, spesso anche da svolgere in sedi diverse.

La realtà è che i motivi della protesta del mondo della scuola sono vari e diversificati. Se per tutti l'aumento di orario è una spada di Damocle per ora solo sospesa sul capo, che non si sa che calerà mai come una mannaia, per chi è di ruolo c'è il blocco degli scatti di anzianità, che da anni impedisce di avere in busta paga gli aumenti dovuti e previsti con il passare degli anni. Altro fattore di ansia sono i prospettati tagli al FIS, il fondo di Istituto, che serve nelle scuole a garantire le ore in più fatte dai docenti, e viene usato, per esempio, per pagare le supplenze quando bisogna coprire le classi di colleghi assenti per brevi malattie, oppure organizzare attività di recupero e sostegno per studenti in difficoltà, o ancora finanziare progetti particolari offerti agli alunni di un istituto.

Per compensare il mancato risparmio che si sarebbe ottenuto facendo lavorare i docenti gratis sei ore in più a settimana, il Governo medita di tagliare il FIS. Il che vorrebbe dire che non ci sarebbero fondi per numerose attività finora offerte dalla scuola gratis agli studenti. Siccome però questa attività vengono preventivate all'inizio dell'anno scolastico e cominciano subito, ma ancora non si sa se il fondo sarà tagliato o di quanto, il rischio è che i docenti facciano ore e ore di straordinari in più per scoprire solo in seguito che non verranno loro pagate: una specie di volontariato obbligatorio e al buio, insomma. Se questi sono i guai dei docenti di ruolo, i precari storici, d'altro canto, vivono anch'essi sospesi in un limbo di incertezza


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