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Scuola, meglio fai-da-te "Ecco perché a casa possiamo imparare di più"

Olivia e gli altri: centinaia di famiglie scelgono l´istruzione alternativa

29/01/2013
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la Repubblica

maria novella de luca
roncaro (pavia)
Sono le 10 del mattino, a quest´ora nelle scuole italiane suona la campanella della ricreazione, ma non per Thomas, Olivia, Nicholas e il piccolo Ben: loro, infatti, a scuola non ci vanno, anzi non ci sono mai andati. Né nido, né asilo, né elementari, né prima, né ora, né mai, forse. Una villetta gialla, il cartello attenti al gatto, intorno la campagna pavese, cascine, casali, paesi sparsi, tracce di una nevicata recente. «Come ha fatto Thomas ad imparare la matematica? Controllando gli scontrini del supermercato», racconta scherzando Erika, la madre. Sì, perché Thomas e i suoi fratelli, tribù di contagiosa allegria, studiano in casa, seguono l´educazione parentale, come Lucia e Francesco che hanno 7 e 9 anni e abitano sul lago Maggiore, e Jacopo, Giada e Martino che vivono a Fiesole, Marco e Ingrid a Bressanone, e Laura e Luna che crescono accanto al mare, a Ragusa.
Si chiamano bambini "homeschooler", un fenomeno nuovo, controverso e crescente per l´Italia, figli di genitori che scelgono di istruirli autonomamente, in fuga da un´istruzione pubblica che sentono inadeguata e impoverita. In Francia e Germania sono già migliaia le famiglie che fanno "homeschooling", negli Stati Uniti superano i due milioni, e molti di questi "scolari senza scuola" sono già approdati ad Harvard o a Yale. Ed è legale: alcuni bambini sostengono un esame ogni anno, altri a fine ciclo, c´è chi segue il metodo Steiner, chi si ispira a Maria Montessori, molti sono bilingue, ma c´è anche chi si rifà al programma ministeriale. Ciò che cambia è il "come": niente lezioni definite, si può imparare camminando, guardando, giocando, quando l´attenzione è viva, senza gli sforzi inutili di quando la mente di un bambino è altrove. Un mondo all´incontrario, senza aule, banchi, interrogazioni. Una sconfitta per chi crede nella scuola pubblica, un percorso di libertà per altri.
Erika Di Martino ha 32 anni, una laurea in lingue, un passato di insegnante nelle scuole pubbliche, oggi dà lezioni di inglese in privato e istruisce in casa con l´aiuto del marito Matteo, grafico del "Fondo ambiente italiano", i suoi quattro figli. Ha fondato un sito "Controscuola" diventato punto di riferimento delle centinaia di famiglie che in Italia, in pochi anni, hanno scelto l´educazione parentale, obbligando lo stesso ministero dell´Istruzione a emanare circolari esplicative ai dirigenti scolastici del tutto impreparati di fronte a questa fuga.
Mappamondi, libri, colori, "eserciziari", computer e iPad, due gatti, Figaro e Cuki. Racconta Erika, mentre prepara per colazione un frullato di cocco, banana, semi di lino e muffin integrali. «Sono cresciuta ad Asti, mia madre è americana e mio padre italiano. Ricordo la scuola come una sofferenza, una totale mancanza di libertà e anche quando ho iniziato ad insegnare mi sentivo prigioniera di programmi predefiniti, per interessare i ragazzi avevo provato a cambiare le cose, fui richiamata dalla direzione. Quando è nato Thomas, dopo un disastroso anno di asilo, Matteo ed io abbiamo deciso di lasciare Milano, di istruire da soli i nostri figli e di ricominciare altrove». E "altrove" è una villetta a Roncaro, pochi chilometri da Pavia, con un grande giardino intorno, dove Erika applica l´homeschooling ai suoi bambini. «Ho studiato i libri di John Holt, il suo saggio "Teach your own" che è la base dell´educazione parentale, Montessori e Steiner. I miei figli leggono e scrivono sia in inglese che in italiano, spesso si aiutano tra di loro, e ogni giorno decidiamo come impostare il nostro apprendimento, a seconda delle loro curiosità, matematica, scrittura, scienze, botanica. Adesso ci stiamo concentrando sulle civiltà antiche, Thomas è appassionato di storia romana, Olivia preferisce le fiabe. Poi, il pomeriggio, Thomas fa breakdance, gli altri karatè e musica. Le scuole secondarie? Saranno i bambini a scegliere come studiare».
Greta Tosi vive con i due figli e il marito insegnante in una casa che guarda il lago Maggiore. Boschi, frutteti e tanto spazio per giocare. «Abbiamo cercato a lungo la scuola giusta per Lucia e Francesco, ma non l´abbiamo trovata: edifici brutti, affollati, 30 alunni in una sola classe. Ho studiato pedagogia, conoscevo l´educazione parentale, e ho provato a metterla in pratica con i miei figli. È un impegno enorme ma i bambini imparano serenamente. La mattina ci concentriamo sull´italiano e la matematica, seguo il metodo Montessori, e ogni anno Lucia e Francesco fanno l´esame in una scuola parificata. No, non si sentono isolati, forse perché viviamo in un paese, hanno amici dappertutto. Il futuro? In ogni momento potrebbero rientrare, se lo volessero, nella scuola tradizionale».
Gli altri appunto. Tra le (molte) critiche mosse a questa avanguardia sempre più folta di famiglie che non mandano più i figli a scuola, è che la scuola è luogo di socializzazione, di diversità, di incontri e scontri che fanno crescere. «All´inizio, lo ammetto - dice Erika con un sorriso - ci prendevano per pazzi. Oggi invece decine di genitori di fronte alle crescenti difficoltà dei figli, ci chiedono informazioni sull´educazione parentale. I nostri bambini sono inseriti con i coetanei, che incontrano facendo sport, musica... No, non è facile, ho deciso di lasciare il lavoro per quest´avventura, oggi viviamo con un solo stipendio. Ma è una scelta. Appagante e bellissima, per ora».


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