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Scuola, la rivincita degli istituti tecnici nel discorso di Draghi: "Pilastro dell'istruzione". I presidi: "Ora più risorse"

Il premier sui percorsi post-diploma: "Serviranno tre milioni di diplomati in cinque anni, soprattutto in ambiente e informatica". I nodi da sciogliere: calo degli iscritti, professori stabili e rapporti con le aziende

18/02/2021
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Tutto ci si aspettava nella scuola disastrata dal covid e da anni di tagli (8 miliardi in un solo triennio: la Gelmini, ricordate?) , tranne che un premier citasse gli istituti tecnici e i corsi post-diploma. “In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo – dice Mario Draghi nel suo discorso in Senato - È stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell'area digitale e ambientale”. Il riferimento alle risorse riguarda gli Its, i percorsi paralleli all'università, quel doppio canale che guarda al modello tedesco.

I presidi sono comunque sobbalzati dalla sedia, dopo anni di licealizzazione dell'istruzione superiore di secondo grado, quando anche la vecchia Ragioneria si trasformò in Liceo economico, le Magistrali in Liceo delle Scienze umane, l'indirizzo Tecnologico passò dai tecnici ai licei. Ora la prospettiva si sposta sugli istituti Cenerentola. “Finalmente” allarga le braccia Salvatore Grillo alla guida degli istituti Aldini-Valeriani a Bologna, una delle scuole tecniche più antiche in Europa, fondate da un fisico e da un economista a metà '800.

Istituti prima comunali, poi statali, benedetti da Romano Prodi. Qui nel 2014 è nato quel modello duale tedesco di alternanza scuola-lavoro: Ducati e Lamborghini hanno avviato una “Scuola dei mestieri” che consente ai ragazzi di svolgere gli ultimi due anni di studio parte in fabbrica e parte nelle aule. “L’esperimento delle Aldini è la salvezza dell’Italia, va realizzato ed esportato” commentò allora Prodi. Esperimento che conosce bene l'attuale ministro Patrizio Bianchi, economista col pallino della formazione professionale, settore al quale ha messo il turbo in Emilia-Romagna nei dieci anni da assessore regionale.

Il passaggio di Draghi sulla formazione tecnica, che ha sorpreso, dunque non stupisce: viene, certo, dalla necessità di coinvolgere la scuola per la ripresa economica del Paese, ma anche da questa storia, professionale e culturale, e attenzione del suo ministro all'Istruzione. Ogni anno si registra un calo progressivo nelle iscrizioni ai tecnici (scelti quest'anno dal 30,3% dei ragazzi di terza media contro il 30,8% del 2019-20) e soprattutto ai professionali (scelti dall’11,9% con un calo dell'1% rispetto al 2019-2020), quelli più in crisi e dove la riforma partita tre anni fa non è ancora arrivata a compimento.

Bianchi in Emilia-Romagna ha sostenuto con forza la nascita degli Istituti tecnici superiori, corsi biennali post diploma realizzati con le aziende del territorio e gli imprenditori. Sono percorsi paralleli all'università, concordati, danno accesso immediato al mondo del lavoro, in Germania raccolgono più di mezzo milione di studenti ogni anno. In Italia sono una nicchia, ancora faticano, sebbene siano realtà dal 98% di occupabilità.

Cosa serve invece agli istituti tecnici e professionali? Investimenti, personale stabile, cambiamento culturale perchè ancora oggi se esci dalle medie con voti alti i professori non hanno un dubbio: il liceo. “L'istruzione tecnica è una risorsa indispensabile per il rilancio economico, lo abbiamo sempre sostenuto” commenta Paolo Pergreffi, preside dell'Istituto tecnico industriale di Modena, una realtà da 1.200 studenti cresciuta nella Motor Valley emiliana. Ma la critica sull'istruzione pubblica in mano agli industriali, che monta nei social, fa paura? “Uno spauracchio agitato per decenni che ha fatto danni in Italia – osserva il dirigente scolastico – dobbiamo preparare i ragazzi a inserirsi nel mondo del lavoro e occorrono sinergie e collaborazioni nel rispetto delle reciproche autonomie e identità: la scuola ha una sua funzione educativa, l'azienda invece così si assume una responsabilità sociale. Nel nostro istituto Confindustria ci finanza i laboratori di ceramica: non ci hanno mai chiesto di intervenire sui programmi, ci mancherebbe”.

Edoardo Soverini, neo-preside di un tecnico e professionale, ma grande esperto di orientamento, istruzione tecnica e alternanza scuola-lavoro, conosce bene il sistema tedesco: “Visiti le loro scuole e trovi maestri d'arte delle loro specialità che affiancano i docenti teorici. Da noi il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici di laboratorio langue, ci troviamo con personale che cambia continuamente. E poi avremmo bisogno di recuperare le ore tagliate dalla riforma Gelmini”.

La prospettiva, aperta da Draghi con il riferimento alla formazione tecnica secondaria e terziaria, Soverini l'ha ben chiara: “Le nostre scuole tecniche e professionali devono tornare a diventare dei punti di riferimento: 20-30 anni fa le imprese venivano nei nostri istituti perché avevamo attrezzature all'avanguardia. Ora questo va ricostruito, laddove necessario, le energie ci sono e non mancano realtà eccellenti in Italia. Siamo noi che dobbiamo essere all'altezza affinché la scuola non sia vissuta come terra di conquista dove entri e fai quello che serve al mondo della produzione. Ci vogliono investimenti, ma anche un cambio di passo culturale. Occorre uscire dal taglio gentiliano che privilegia solo i licei, e ridare alla cultura tecnica dignità e prestigio”.


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