Scuola, il Garante: «Troppi scioperi: finitela, altrimenti decidiamo noi»
Presa di posizione durissima dell’Autorità di garanzia per gli scioperi, che ha convocato le parti sociali per rivedere le regole sulle modalità di esercizio del diritto di sciopero nel settore della scuola. «Bisogna tenere conto delle esigenze delle famiglie»
Centoquarantuno sindacati dell’istruzione, quaranta scioperi negli ultimi tre anni scolastici, una media di quasi due al mese, come ha denunciato il Corriere venti giorni fa. «Troppi», sentenza il Garante degli scioperi. Che dopo 17 anni dall’ultimo accordo decide che è il momento di cambiare le regole per il diritto agli scioperi nelle scuole, tenendo conto anche dei diritti delle famiglie. Alla vigilia dell’ennesimo sciopero - domani lo sciopero indetto da Slai Cobas potrebbe coinvolgere anche i lavoratori della scuola - l’Authority ha deciso di convocare il ministero dell’Istruzione, l’Aran, i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda per affrontare il tema della revisione dell’accordo scuola, che regola le modalità di esercizio del diritto di sciopero in questo settore. Se insieme non riusciranno a stilare un nuovo corpus di regole, allora il Garante interverrà d’ufficio, e regolamenterà autonomamente, proprio come ha già fatto con il trasporto aereo o il trasporto pubblico locale.
I «micro-scioperi»
L’ultimo sciopero importante della scuola risale al maggio del 2015, quando i tre sindacati confederali ritrovarono l’unità proprio per protestare contro la riforma della Buona scuola di Renzi. In realtà tutti gli altri sono scioperi indetti da sindacati minori, con un’adesione bassissima: nella maggior parte dei casi meno dell’1% dei professori e degli ata aderisce. Ma ciò non toglie che l’allerta sciopero spinge le famiglie, i genitori, gli studenti, ma anche il personale scolastico, a cercare incastri, predisporre organizzazioni, modificare i programmi: è il cosiddetto effetto annuncio, che finisce per penalizzare pesantemente, con uno stillicidio di incertezze sulla giornata scolastica, lo svolgimento dell’attività didattica. Uno degli ultimi è stato quello del 14 novembre dell’Anief, un sindacato importantissimo per i precari ma che non ha una vasta rappresentanza tra il personale assunto.
La reazione dei sindacati
Tiepidi per ora i sindacati: «Siamo disposti a discutere su tutto- spiegano dopo l’incontro - ma non della dichiarazione obbligatoria dei docenti: l’adesione allo sciopero è un diritto costituzionale e i professori non possono essere obbligati a dichiarare prima se aderiranno o no alla protesta». I tempi?«Se non si rinnova prima il contratto, non siamo disposti a parlare di regole dello sciopero: ci rivedremo dopo la convocazione all’Aran». Quindi non prima di gennaio 2017.