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Repubblica-QUEI SILENZI DELLA NOSTRA SINISTRA

QUEI SILENZI DELLA NOSTRA SINISTRA la politica della memoria Dopo Giovanni De Luna sull'uso, spesso troppo disinvolto, del passato interviene Vittorio Foa : "Siamo in presenza di un fenomeno ...

03/12/2005
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la Repubblica

QUEI SILENZI DELLA NOSTRA SINISTRA
la politica della memoria

Dopo Giovanni De Luna sull'uso, spesso troppo disinvolto, del passato interviene Vittorio Foa : "Siamo in presenza di un fenomeno di distrazione dal proprio dovere, magari per un consenso immediato"
FORMIA
SIMONETTA FIORI

"Questo cedimento della sinistra al nuovo senso comune mi appare indecente. Ma serve a qualcosa che io mi irriti?". A novantacinque anni Vittorio Foa non ha perso nulla della civetteria che ne ha fatto un maestro di antiretorica. Monumento dell'antifascismo, s'è sempre divertito a rovesciare altari, a cominciare dal proprio.
Nel buen retiro di Formia, dove anche i temporali sembrano più miti, è come se parlasse tra sé: "Bisogna essere cauti prima di criticare gli altri. Talvolta polemizzare è facile, e le cose facili non bisogna mai farle". È sempre lui, passione e ragione invulnerabili al tempo. "Ha senso che io parli? Ho sempre il timore di mettere i bastoni tra le ruote a chi cammina, io che da tempo non cammino più. Però se vengo richiamato... ".
Tra le fotografie, oltre uno stropicciato Totò, ne è comparsa una nuova: l'amata Sesa sorridente sotto un gran cappello bianco, Vittorio emozionato al suo fianco, le loro nozze di qualche mese fa. Vivono per brevi periodi vicino al mare, lontani dai veleni di scarico che intossicano Roma. Frequenti passeggiate tra i "giardinelli" di limone, gli amici, ogni tanto una fuga a Sant'Agostino, la spiaggia preferita. E poi i libri, sempre tanti: non solo quelli letti anche con l'aiuto di Sesa - la vista è un po' indebolita - ma soprattutto i libri pensati e scritti: come il dialogo con Guglielmo Epifani, che uscirà il prossimo anno da Einaudi, o il lavoro fatto con Luca Ronconi, che porterà a teatro Il silenzio dei comunisti, un saggio uscito nel 2002 in cui Foa - interpretato sulla scena da Luigi Lo Cascio - mette in guardia la sinistra dalle sue stesse reticenze ("Il comunismo specificamente italiano è un pezzo importante della nostra storia che minaccia di restare senza testimoni"). Il tema della memoria, il rapporto che la sua stessa parte politica intesse con il passato - tema sollevato su queste pagine da Giovanni De Luna - non gli è certo estraneo: sempre risolto in modo poco convenzionale, talvolta dissacrante verso le liturgie dell'antifascismo. La "nostalgia del futuro" l'ha immunizzato da qualsiasi idolatria verso il passato. Per questo acquistano ancor più peso oggi le sue parole: "Il rispetto della memoria è una condizione essenziale per l'intelligenza del presente. Se noi perdiamo di vista quel che siamo e siamo stati, perdiamo di vista molte cose".
Foa, è sempre stato convinto di questo?
"Ho vissuto molti anni e di frequente mi sono sorti dei dubbi intorno al dovere di rimanere fedele ad alcuni principi. Talvolta questo dovere m'è apparso una rinuncia a capire il futuro. Oggi ho maturato la convinzione che soltanto tenendo fermi alcuni valori riesco a capire ciò che cambia. Questi sono poi i valori fondanti della Repubblica, scritti sulla Carta Costituzionale".
E qual è oggi il rapporto della sinistra con la sua memoria?
"Siamo in presenza di un fenomeno di distrazione. Ho l'impressione che in alcuni momenti i miei capi - ad esempio D'Alema che condanna la fucilazione di Mussolini - siano vittime di una distrazione. Si distraggono dal loro dovere: per opportunismo, per una rendita politica immediata o che altro. La qualcosa può essere pericolosa".
"Distrazione", lei dice. Può spiegare meglio?
"Posso farlo con un esempio. Se Fassino dice "io sono credente", in quel momento annulla il valore dell'essere credente. Utilizzare i valori spirituali significa annullarli o, meglio, negarli alla propria coscienza. In quel passaggio Fassino s'è distratto, ha pensato ad altro: forse all'uso politico che poteva ricavare da quelle parole".
Altri esempi di "distrazione"?
"Oggi si accetta di discutere cos'è il laicismo, come se ci fosse una vasta tipologia di laicismo oltre al fondamentale principio sancito dalla Costituzione. Sembra che la preoccupazione prevalente sia sempre quella di trovare qualche consenso in più".
De Luna registra una sorta di subalternità della sinistra al nuovo senso comune storiografico costruito dai media: la curiosità verso la macelleria della guerra civile, il fascismo appiattito sulla dimensione privata dei suoi protagonisti. Il rischio è che anche a sinistra prevalga una storia "usa e getta" da usare con spregiudicatezza.
"Condivido quest'analisi, anche perché prende di petto una tendenza senza mezzi termini: cosa rara in un momento in cui si parla in modo incomprensibile e si perde il senso dei discorsi politici. Questa soggezione della sinistra è anch'essa frutto di distrazione, dinanzi alla quale provo irritazione. Poi mi dico: ma ha senso che io mi irriti? La risposta migliore è aiutare a capire perché dobbiamo rimanere fedeli all'antifascismo".
Lei si professa ancora antifascista?
"Lo sono e lo rimarrò finché ci sarò".
Ma cosa vuol dire oggi essere antifascista?
"Comprendere il mondo che cambia, lottando contro la repressione delle libertà. Questa convinzione mi è maturata sin da giovanissimo, e non ho mai pensato che potesse aver fine. Allora, negli anni Venti e Trenta, combattevamo contro un nemico corposo che era il fascismo. Oggi che il fascismo non c'è più la repressione della libertà esiste ancora, anche se sotto forme diverse. Allora ho il dovere di capire quali sono queste nuove forme, e impegnarmi a combatterle".
A cosa si riferisce?
"Due regioni distanti come il Piemonte e la Calabria sono attraversate da grave malessere, seppur originato da cause diversissime: mi riferisco alla mobilitazione in corso al Nord contro l'Alta Velocità per ragioni non immediatamente riconoscibili e al reclutamento che nel Mezzogiorno la malavita non ha difficoltà ad operare tra i giovani. Questi fenomeni di disagio minano profondamente la vita democratica. Essere antifascisti significa comprendere cosa accade e combattere l'ingiustizia. L'antifascismo è un dovere permanente di tenere gli occhi aperti e intervenire sulle cose che succedono".
Dove ancora c'è repressione di libertà?
"Là dove il precariato del lavoro è più incidente: nel mondo della ricerca e dell'università come nel vasto settore impiegatizio. La diseguaglianza sociale non è solo nel reddito ma nella distinzione del mondo in due categorie: gli emersi, pochi; e i sommersi, tanti. Nella mia giovinezza mi sono imbattuto in diverse difficoltà, ma non in questa. Pur ferito dalla lunga carcerazione, appartenevo a una categoria socialmente privilegiata: non ho mai perso sicurezza nel futuro. Capisce cosa voglio dire?".
Ma c'entra questo con l'antifascismo?
"L'antifascismo è uno stato d'animo in cui sia l'azione che la conoscenza sono mobilitate dall'etica. Me l'ha insegnato una volta il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky: ci sono delle parole indefinibili, o meglio definibili attraverso la negazione. Non posso definire cos'è la giustizia, ma reagisco dinanzi all'ingiustizia. Lo stesso vale per la libertà. Se per opportunismo o distrazione a sinistra perdiamo questo "stato d'animo" commettiamo un grave errore".
In una memoria identitaria della sinistra, quali eroi includerebbe?
"Non ho eroi, forse sono incapace di indicare dei maestri. Più volte ho creduto di trovarne, ma sbagliavo. È l'esperienza che più mi ha insegnato qualcosa".
Foa maestro di se stesso?
"No, non è così. Ho imparato moltissimo dagli altri, sia nella vita carceraria che durante la Resistenza. I compagni che sapevano morire mi dicevano molto di più proprio perché sapevano morire. Si può capire la libertà solo se si è disposti a rinunciarvi per amore della libertà. Una figura carismatica fu quella di Ferruccio Parri, oggi inspiegabilmente dimenticato. Quando incitava i più giovani ad affrontare un pericolo mortale, quelli lo seguivano senza fiatare. Sapeva esprimere il senso delle cose".
Il suo è un richiamo a valori vissuti in termini volontaristici?
"Sì, la fedeltà al passato significa per me fedeltà a valori da interpretare attivamente. Un personaggio esemplare per volontà pragmatica fu Riccardo Lombardi, un ingegnere in senso pieno: dove interveniva costruiva. Nel mondo del lavoro un maestro ho creduto di trovarlo in Giuseppe Di Vittorio. È stato rappresentato più volte come un tipico capopopolo, carico di sentimento ma non confrontabile su un piano politico con i veri politici del suo tempo. Io al contrario ho sempre pensato a Di Vittorio come a un politico raffinato. Sapeva porre i valori morali al di sopra della convenienza economica".
La sinistra esita a misurarsi con il suo passato comunista.
"Scrissi un libro qualche anno fa proprio sul silenzio dei comunisti. Cercai di provocare qualcuno di loro, ma non ottennni granché. Ne ho parlato di recente anche con Ronconi, colpito dal fatto che la discussione sia stata sollevata da un non comunista. La domanda continua ad assillarmi: perché stanno zitti? Non lo capisco: le rivoluzioni falliscono, ma la memoria rimane e non ci si deve rinunciare. Perché non dicono le cose importanti che hanno detto e fatto, oltre agli orrori - sì anche gli orrori - cui hanno partecipato? De Luna pone la questione se il Pci abbia favorito o ostacolato il raggiungimento di una piena cittadinanza democratica: penso che siano vere le due cose insieme, ma mi piacerebbe che su questo si esprimessero i testimoni".
Non teme che il revisionismo mediatico abbia profondamente cambiato il senso comune diffuso nel nostro paese?
"No, questo non lo credo. Ci hanno provato, in modo anche spregiudicato: ma non ci sono riusciti. Con questo non voglio certo sminuire il pericolo di certe posizioni, e mi irrito quando la sinistra sembra cedervi. Ma poi rimango colpito dalla povertà del pensiero revisionista: non c'è niente dentro. Quali sono i loro valori? Quali opere hanno prodotto? Alcuni di loro mi sembrano già pronti a traslocare altrove".
Che cosa la fa essere ancora ottimista?
"Uno straordinario segnale è arrivato di recente dalle primarie. Anche in quel caso la sinistra s'è distratta, nel senso che non ha sufficientemente valorizzato il suo prezioso significato: il bisogno di esserci, l'urgenza di stare insieme per cambiare questo paese. O, meglio, per fermare il processo degenerativo avviato da Berlusconi e da i suoi alleati: la diseducazione civile degli italiani. Ecco: c'è questo bisogno collettivo. E d'altra parte, se penso che queste cose non ci siano più, che faccio io nella vita?".


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