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Repubblica-Mille divieti ma nelle scuole fumano tutti

la Polemica Mille divieti ma nelle scuole fumano tutti MARCO LODOLI LA SCENA si ripete identica ogni mattina alle undici, nella scuola dove insegno e in tutte le scuole d'Italia: suona la camp...

07/01/2005
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la Repubblica

la Polemica
Mille divieti ma nelle scuole fumano tutti
MARCO LODOLI
LA SCENA si ripete identica ogni mattina alle undici, nella scuola dove insegno e in tutte le scuole d'Italia: suona la campanella della ricreazione e i ragazzi e le ragazze sciamano verso i cortili e i bagni con il pacchetto di sigarette in mano. Sono quindici minuti di fumo accanito, corale, indisturbato. Ma a ogni cambio d'ora c'è qualcuno che chiede con la faccia sofferente, da attore consumato, di poter andare al bagno, e nel palmo tiene sigaretta e accendino. Le ragazze sono impeccabili nella recita, fanno intendere di dover affrontare gravi emergenze e si fiondano a fumare la loro bella cicca. A dire il vero anche qualche professore approfitta delle pause per scaricare nel fumo un po' di ansia. Io che sono un tabagista coi sensi di colpa, almeno a scuola cerco di resistere alla tentazione. Ma la situazione comunque è questa, ed è paradossale: in Italia ormai vige un proibizionismo assoluto, poco alla volta le sigarette sono state interdette in ogni luogo, prima nei cinema e sugli aerei, poi hanno abolito le carrozze fumatori dei treni, infine è stato esteso il divieto agli uffici e da lunedì prossimo a tutti i ristoranti e bar. Ovunque, ma non nelle scuole.
Il fumatore è un povero disgraziato, e ormai lo Stato lo considera una spesa da contenere in ogni modo: perché un fumatore sarà un malato di cancro, uno che subirà infarti a catena, ricoveri in ospedale, operazioni, cicli di chemioterapia, sarà solo un costo per le finanze pubbliche. Quindi bisogna restringergli gli spazi, ridurgli le possibilità di nuocere a sé e agli altri. Chi fuma deve poterlo fare, se proprio ci tiene da morire, solo a casa sua. Attorno deve avere mille proibizioni e magari anche una violenta riprovazione sociale.

Insomma, questo è il progetto, non lo condivido, ma lo capisco. Ormai ogni fumatore si considera spontaneamente un problema, estrae dalla tasca il suo pacchettino con imbarazzo, giura agli altri e a se stesso che presto smetterà. Prova con l'agopuntura cinese, con i cerottini e i maghi televisivi, con i voti alla Madonna, sa di stare dalla parte del torto e si dispiace. Il ministro della Sanità gli ha reso la vita impossibile, vergognosa. L'unica zona franca dove si può fumare a rotta di collo, senza particolari impedimenti e senza complessi, è la scuola. Agli adulti viene negato anche un angoletto in pizzeria, un vagoncino ferroviario, un ripostiglio in ufficio: ai ragazzi è invece consentito di avviarsi serenamente sulla strada del cancro ai polmoni. Prima del consueto e noiosissimo incontro con i genitori, decine di quindicenni vengono da me a supplicare: non sono preoccupati dei voti che elencherò a mamma e papà, chiedono solo un complice silenzio sulle sigarette. A scuola tutti sanno che fumano come turchi, i compagni, i professori, i bidelli, tutti, ma a casa la notizia non è ancora arrivata. A casa non riescono a fumare in santa pace neanche al cesso, i genitori controllano, abbaiano, minacciano: a scuola invece il fumo è un'abitudine serena e condivisa. Certo non dovrei essere io a lanciarmi in pistolotti moraleggianti, io che sono attaccato alla sigaretta come un cane alla catena, però non posso non notare lo squilibrio della legge. Se davvero i dati scientifici confermano inesorabilmente lo stretto rapporto tra fumo e malattia, forse è il caso di fare qualcosa anche nelle scuole. Proibire è sempre antipatico, spesso addirittura controproducente, però informare è doveroso. Se ogni anno viene invitato a scuola un vigile urbano a spiegare i semafori, sarebbe giusto ospitare anche un oncologo, almeno per un paio di dolorose lezioni. A sedici anni sembra fantastico sbuffare in faccia al mondo il fumo di una sigaretta, lo capisco, però poi si passa la vita intera a tossire, scatarrare, ansimare, cercando invano qualcuno che riesca a farci smettere. E con un mal di testa trapanante e il catrame nei bronchi, ogni volta pensiamo: maledizione a quando ho cominciato, a quel giorno a scuola in cui ho acceso la prima sigaretta e mi sono sentito splendido.


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