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Repubblica-I prof di don Lorenzo alla ricerca delle radici

I PROTAGONISTI La salita alla scuola di Barbiana come un pellegrinaggio I prof di don Lorenzo alla ricerca delle radici "Ero all'università, lessi Lettera a una professoressa e decisi: and...

20/05/2002
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la Repubblica

I PROTAGONISTI
La salita alla scuola di Barbiana come un pellegrinaggio
I prof di don Lorenzo alla ricerca delle radici

"Ero all'università, lessi Lettera a una professoressa e decisi: andrò a insegnare"
DAL NOSTRO INVIATO
JENNER MELETTI

VICCHIO DI MUGELLO - Una salita che non finisce mai, fra i faggi e i castagni, verso una chiesa e una scuola da tanti viste solo in fotografia. "La fatica fa bene, il silenzio permette di pensare. Per chi come me insegna da trent'anni, cercare Barbiana è come mettersi alla ricerca del Sacro Graal. Ero all'università, quando ho letto "Lettera a una professoressa" e decisi: andrò a insegnare e non sarò mai come quella professoressa. Ma sono trent'anni che mi chiedo se ci sono riuscita". Anna Marri arriva da Milano. Assieme alle altre guarda le pietre di Barbiana come fosse in pellegrinaggio. "Ecco l'aula, la chiesa, la piscina che don Milani ha costruito perché i suoi ragazzi di montagna non avessero paura dell'acqua".
E' davvero un pellegrinaggio, questo di migliaia di insegnanti che per un giorno vogliono dimenticare compiti da correggere e scrutini per cercare quelle che tutti chiamano "le radici". "Io insegno progettazione al liceo artistico - racconta Bruno Stefani da Bologna - e non avrei fatto questo mestiere senza gli scritti di don Milani e senza il progetto di una scuola diversa e capace di riscattare gli ultimi". "In noi, oggi - spiega Antonella Migliorini - forse c'è anche l'orgoglio di essere le donne e gli uomini della scuola pubblica che non accettano che il poco o il tanto che siamo riusciti a costruire sia buttato via. Siamo contro i tagli proposti dalla Moratti, ma ci siamo opposti anche ai quiz con i quali Luigi Berlinguer voleva misurare la professionalità dei docenti".
"Con Letizia, ma senza la Moratti", hanno scritto su tanti cartelli. "Non è certo un caso - dicono Franca Giacomini e Annamaria Brunellli, maestre elementari di Roma - se oggi siamo in tanti. Se passa questa riforma, rischiamo di tornare nel baratro in cui era la scuola denunciata da don Milani. Va avanti chi ha i soldi e chi appartiene a una certa cultura. Se passa la riforma, la classe con una allievo handicappato che oggi viene sdoppiata se raggiunge i venti alunni, domani resterà unica e il ragazzo che ha più bisogno non verrà aiutato come prima. Con la riduzione dei fondi, già il prossimo anno nella nostra scuola l'inglese verrà insegnato solo in terza, quarta e quinta, e non nei primi due anni".
C'è folla davanti al cimitero, e qualcuno si fa la foto sulla tomba di don Milani. Poi inizia il viaggio di ritorno verso il "pratone" di Vicchio. "E' vero - dice Graziella Giovannini che insegna sociologia della comunicazione all'eteneo di Bologna - siamo qui per le nostre "radici". Essere qui vuol dire essere contro "la scuola dell'io", come diceva il priore di Barbiana, e impegnarsi per la formazione al noi, alla convivenza. Ma questa non è certo la preoccupazione maggiore né del ministro Moratti né lo è stata per il ministro Berlinguer". Il pratone è bellissimo, sotto il sole. Questo non basta a Emanuela Periccioli, insegnante di Lettere. "Ho visto Berlinguer a Barbiana, e questo significa che i nostri problemi veri non sono affrontati. Ma come? Siamo qui, migliaia di insegnanti, e sul palco parla solo il sindaco di Vicchio. Forse non ci sono cose da discutere, fra di noi, in un giorno come questo? Senza confronto - qui ci sono anche quelli che dicono: né Moratti, né Berlinguer - non si costruisce nulla. Il risultato è presto detto: la destra resta compatta, e noi sinistra tutta pezzi e frammenti si resta


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