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Repubblica/Genova: Se i precari sono un peso e non una risorsa

Un posto su quattro è coperto da prof a tempo determinato: un guaio, e non solo per loro. Nessuno cerca un rimedio perché queste figure costano poco e hanno meno diritti

17/05/2006
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la Repubblica

PAOLA REPETTO

Patrizio ha 32 anni e viene da Salerno. Ha una supplenza annuale e insegna materie letterarie in un istituto professionale in provincia di Genova . E´ uno dei fortunati che sono stati nominati dal 31 agosto al primo settembre e quindi lo pagano per tutta l´estate. Però, se si dovesse ammalare per più di un mese, il suo stipendio sarebbe ridotto del 50%.

Marisa ha 55 anni. Ha due figli che vanno all´università e ha cominciato a lavorare dopo la separazione, quando aveva quasi quarant´anni. Marisa non sa se quest´anno le toccherà finalmente una supplenza come quella di Patrizio o se dovrà accontentarsi di una supplenza fino al 30 giugno, che non comporta il pagamento durante l´estate. Sandra ha 36 anni. Ha avuto una supplenza annuale come collaboratore scolastico, ma, anche se lavora da ormai sette anni, non avrà diritto a partecipare alle selezioni per la mobilità e l´arricchimento professionale: i precari sono esclusi. Patrizio, Marisa, Sandra: tre storie esemplari della condizione di precario nella scuola italiana, una scuola in cui il 25% dei posti in organico è coperto da personale a tempo determinato, con gravi problemi non solo per i lavoratori, ma anche per le famiglie e gli allievi.

Perché, allora, non si pone rimedio a questo problema, dal momento che si parla di posti in organico, cioè di posti esistenti, determinati in ragione degli allievi iscritti? La risposta è semplice: perché un precario costa meno che un lavoratore di ruolo. Perché ha meno diritti. Perché non ha scatti di anzianità. Perché il costo dei precari non influisce sulle spese fisse nel bilancio dello stato, essendo variabile di anno in anno. E non è finita qui. Oggi, con una riduzione secca del 50% dei fondi per le supplenze, ci vanno di mezzo anche i più deboli dei deboli, i supplenti "di terza fascia", quelli che lavorano chiamati direttamente dalle scuole per sostituire insegnanti e personale amministrativo assenti per malattia o maternità. Per troppi anni la scuola pubblica è stata vissuta dai governi che si sono succeduti come un semplice costo da ridurre, come un onere improprio nel bilancio dello Stato. Per troppi anni il personale della scuola è stato costretto a lavorare in condizioni inaccettabili, per troppi anni ha subito continui attacchi al suo ruolo sociale ed alla sua dignità. Il precariato sul quale la scuola italiana per buona parte si regge è l´indicatore più chiaro di questa percezione diffusa, di questa marginalità nella quale la scuola pubblica è condannata, più che a vivere, a sopravvivere. Eppure una scuola efficace ed efficiente, una scuola che trasmetta non solo saperi, ma anche valori, una scuola come luogo di formazione dei cittadini e dei lavoratori di domani è un elemento essenziale per la rinascita del nostro paese: o, almeno, così ci dicono tutti.

Vorremmo che alle parole seguissero i fatti. Vorremmo che la scuola fosse una delle grandi priorità del nuovo governo. Vorremmo che sul sistema dell´istruzione e dell´alta formazione si facessero investimenti significativi, a partire dai contratti per il personale e dalla stabilizzazione degli organici. Vorremmo che lavorare nella scuola fosse un motivo di orgoglio e non di umiliazione. Vorremmo che migliorasse la qualità della vita e della formazione per i ragazzi e le ragazze che nella scuola trascorrono gli anni cruciali della loro vita. Un´utopia? Un libro dei sogni? Noi non lo crediamo: piuttosto, una grande speranza per il futuro del nostro paese e di noi tutti.

*segretaria regionale FLC CGIL


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