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Repubblica-C'era una volta lo Stato sociale

C'era una volta lo Stato sociale di M.Riva C'È QUALCOSA di grottesco e insieme di ingannevole nel progetto di riesumare lo strumento delle mutue private per assicurare l'assistenza ai cittadin...

12/07/2002
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la Repubblica

C'era una volta lo Stato sociale

di M.Riva

C'È QUALCOSA di grottesco e insieme di ingannevole nel progetto di riesumare lo strumento delle mutue private per assicurare l'assistenza ai cittadini più anziani e non autosufficienti, che costituiscono la parte sanitariamente più vulnerabile e più esposta della popolazione. Il grottesco consiste nella premessa economica di questo ritorno a un passato che, in verità, nessuno mostra di rimpiangere. Neppure quella classe medica che un tempo sguazzava nelle acque paludose del sistema mutualistico ma oggi, per bocca del presidente della Federazione degli Ordini, ha già espresso il suo "pieno dissenso". Secondo i proponenti, infatti, scopo di questa sedicente "riforma" sarebbe quello di rendere sostenibile per il bilancio pubblico un servizio sanitario diventato troppo oneroso

Ed ecco che per risparmiare ci si inventa la creazione di un nutrito numero di casse mutue (presumibilmente per ogni grande categoria di attività), le quali dovranno dotarsi di strutture, apparati, dipendenti, insomma di un'organizzazione atta a garantire lo svolgimento delle proprie funzioni. Facciamo pure il volo pindarico di immaginare che queste nuove entità non ripetano l'amara esperienza dei carrozzoni di un tempo, ma si attengano a una gestione di efficienza privatistica. Ciò significa che il costo di funzionamento di queste strutture si porterà via, comunque, un buon 20/25 per cento delle risorse disponibili.
Certo, il bilancio dello Stato e delle Regioni potrà anche risultare alleggerito di alcuni oneri, ma la spesa sanitaria globale del paese rischierà di crescere ulteriormente: e non per migliorare i servizi forniti alla cittadinanza, ma per pagare più stipendi agli impiegati delle nuove mutue. Aspetto quest'ultimo tutt'altro che negativo in un'ottica di lotta alla disoccupazione, ma specularmente pernicioso dal punto di vista dei pazienti anziani, che vedranno ridotta in proporzione la quantità di denaro disponibile per l'assistenza e per le terapie di cui hanno bisogno. Se ci fosse un Premio Nobel per l'umorismo economico bisognerebbe attribuirlo per acclamazione all'inventore di una simile balordaggine.
Quanto all'aspetto ingannevole della trovata mutualistica questo riguarda i rapporti fra il governo e i contribuenti sul terreno fiscale. Come si pensa, infatti, di finanziare l'attività delle nuove mutue? Tutto porta a ritenere che si dovrà procedere attraverso il prelievo di una contribuzione su salari, stipendi, pensioni: insomma sul reddito dei singoli cittadini o anche delle imprese, come si faceva in passato. Morale: il governo Berlusconi già si appresta a requisire ad altro titolo una parte di quel che ha annunciato in pompa magna di voler restituire ai cittadini e alle aziende in termini di tagli alle imposte. Esattamente come hanno già fatto i governatori delle maggiori regioni guidate dal polo berlusconiano, i quali si sono fatti eleggere all'insegna del "meno tasse per tutti" ma hanno subito provveduto ad aumentare significativamente l'addizionale locale dell'imposta sui redditi delle persone fisiche.
Purtroppo, però, l'imbroglio economico e fiscale rappresenta solo l'aspetto più evidente di questa minacciata controriforma. Il più pericoloso consiste nel colpo d'ariete che così si assesta al servizio sanitario nazionale, aprendo una prima breccia attraverso la quale far passare il progressivo scivolamento del settore nell'area dell'economia privata. Più che di calcoli sbagliati, insomma, questa trovata del ritorno alle mutue sembra figlia di un vero e proprio furore ideologico - inteso come specchio di una realtà deformata da interessi inconfessabili - che mira a destrutturare l'impianto dello Stato sociale come si è andato configurando in Italia nel corso dell'ultimo secolo.
L'attacco, si badi bene, è condotto in modi sgangherati ma non privi di furbizia tattica. Berlusconi e i suoi sanno che non è possibile procedere con un assalto frontale a un sistema sanitario che è forse il più importante punto di convergenza delle lotte di emancipazione sociale condotte dai due maggiori filoni della tradizione politica italiana: quelli del solidarismo cattolico e dell'egualitarismo socialista. Movimenti nati (ironia della sorte) proprio dalla creazione di società di mutuo soccorso e poi - dopo decenni di battaglie - sfociati nella costruzione di un sistema garantista per la salute di tutti a livello di istituzione statale. Consapevoli di non poter rovesciare dalla sera alla mattina una costruzione fondata su simili capisaldi storici, gli uomini del centrodestra stanno cercando di fare a fette il problema, ben sapendo che decurtando i finanziamenti al servizio sanitario nazionale se ne decreta il collasso fatale.
Non a caso la lezione alla quale guardano i nostri attuali governanti - anche se, mettendoli per iscritto, i programmi elettorali dicono semmai l'opposto - è quella di Margaret Thatcher. Ovvero di un Inghilterra che, prima della lady di ferro aveva il miglior servizio sanitario del mondo civile, e oggi ne ha uno dei peggiori a dispetto dei maggiori spazi offerti alla sanità privata.
Per carità, nessuno può sostenere che il sistema italiano debba restare così com'è: molti sono i problemi di efficienza, non solo economica, che devono essere risolti. Per esempio, è giusto e indispensabile che il governo metta robusti freni a quel malsano fenomeno di ipocondria sociale che l'improvvida abolizione dei ticket da parte del governo Amato ha incentivato, facendo letteralmente esplodere la spesa farmaceutica. Anziché mettersi a praticare la cura Thatcher, però, occorrerebbe fermarsi a riflettere sui dati reali della situazione italiana.
Punto primo: in rapporto al Pil, la nostra spesa sanitaria risulta inferiore alla media europea. Punto secondo: nella classifica dell'Organizzazione mondiale della sanità, il sistema italiano è considerato il secondo del mondo dopo quello francese. Prima di infilare il cavallo di Troia delle mutue dentro questa cittadella, qualcuno dovrebbe almeno spiegare agli italiani in nome di quali interessi si sta operando. Di pubblici non si vede neppure l'ombra, di privati si sente fin troppo l'odore. E poi qualcuno ha pure il coraggio di sostenere che oggi non ha più senso distinguere fra destra e sinistra.


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