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Rapporto OCSE "Education at a glance" e Piano Scuola del Governo: serve più cambiamento

Fabrizio Dacrema

10/09/2014
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ScuolaOggi
Pubblicato Mercoledì, 10 Settembre 2014 15:09 | di Fabrizio Dacrema

Tl rapporto OCSE 2014 "Education at a glance" descrive una crescita 
diffusa nei paesi sviluppati dei livelli di istruzione e di competenza 
della popolazione adulta ed evidenzia le crescenti disuguaglianze 
socioeconomiche determinate dai diversi livelli raggiunti dai singoli 
soggetti.

I laureati hanno maggiori opportunità occupazionali dei 
diplomati: in media, oltre l’80% dei laureati svolge un’attività 
lavorativa, rispetto a meno del 60% degli adulti con livelli 
d’istruzione inferiori al secondario superiore. Anche dal punto di vista 
retributivo la laurea conviene: i laureati guadagnano l'82 per cento in 
più di chi non arriva al diploma di secondaria superiore.
Nel caso italiano le tabelle OCSE confermano che anche in Italia la 
laurea conviene ma in misura sensibilmente inferiore rispetto alla media 
OCSE. Ciò è dovuto fondamentalmente a un sistema produttivo poco 
innovativo che esprime una domanda di alte qualifiche professionali 
molto inferiore a quella dei paesi sviluppati. L'insufficiente 
valorizzazione occupazionale e retributiva dei giovani altamente 
qualificati a sua volta contribuisce a rallentare la crescita dei 
livelli di istruzione che rimangono molto al di sotto della media OCSE.
Di conseguenza la situazione italiana negli ultimi anni, anche a causa 
della crisi, per molti aspetti sta peggiorando. Aumentano i NEET 
(15-29enni) di oltre 5 punti passando dal 19,2 nel 2008 al 24 6 per 
cento nel 2012; se si considera la fascia di età 20-24anni un giovane su 
tre non studia e non lavora. Diminuiscono le iscrizioni all'università e 
dal 2010 si è fermata la lenta ma progressiva diminuzione della 
dispersione scolastica. Nel 2012 solo l'86 per cento dei diciassettenni 
era ancora iscritto al sistema scolastico, una delle percentuali più 
basse dei paesi dell'Ocse.
Naturalmente questi dati negativi si inseriscono in un trend crescita 
dei livelli di istruzione: dal 2000 al 2012 i giovani senza diploma sono 
diminuiti dal 41 al 28 per cento, la percentuale dei laureati tra 25 e 
34 anni è passata dall'11 al 22 per cento (il 62 per cento dei nuovi 
laureati sono donne).
Tuttavia, nonostante i miglioramenti realizzati, i giovani italiani 
hanno livelli di istruzione sensibilmente al di sotto della media dei 
paesi OCSE: i giovani 25-34enni senza diploma, come abbiamo visto, sono 
il 28 per cento contro una media OCSE del 17,4 e una media europea (UE 
21) del 15,7, mentre sul tasso dei laureati l'Italia si colloca al 34 
posto su 37 paesi. Anche il livello di apprendimento accertato con i 
test PISA migliora pur restando tra i più bassi tra i paesi OCSE.
Intanto dal 2008 la spesa per istruzione, pubblica e privata, è stata 
ridotta del 12 per cento. Tra i 34 paesi esaminati l'Italia è il solo 
paese che tra il 2000 e il 2011 diminuisce la spesa pubblica per le 
istituzioni scolastiche (- 3 per cento) mentre nei paesi OCSE è 
aumentata mediamente del 38 per cento. Inoltre la spesa pubblica per 
l'istruzione in Italia è diminuita più dell'insieme della spesa 
destinata alle amministrazioni pubbliche: nel 2008 l'istruzione 
rappresentava il 9,4 per cento del totale della spesa pubblica, mentre 
nel 2011 era scesa all'8,6.
Il quadro presentato dal rapporti OCSE deve far riflettere nel momento 
in cui si avvia la consultazione su un piano, presentato dal governo, 
che finalmente torna a investire in modo consistente nel sistema 
scolastico.
L'Italia rimane un paese con pesanti ritardi nei livelli di istruzione e 
con un sistema economico che non ne incentiva a sufficienza 
l'innalzamento. Servono scelte politiche che diano il senso della svolta 
e del balzo in avanti che il paese deve fare per superare il deficit 
cognitivo che ci separa dai paesi sviluppati. Per questa ragione la CGIL 
rilancerà nell'ambito della consultazione i temi dell'innalzamento 
dell'obbligo scolastico a 18 anni (con conseguente riordino dei cicli) e 
del diritto all'apprendimento permanente, considerati prioritari nel 
piano del lavoro ma assenti nelle proposte del governo.
Come notava Alberto F. De Toni sul Sole 24 Ore occorre anche rimodellare 
l'architettura dei cicli scolastici italiani per renderla più inclusiva 
e sconfiggere la dispersione scolastica, per facilitare l'interazione 
tra scuola e mondo del lavoro e migliorare la formazione di competenze a 
sostegno dell'innovazione e dell'occupabilita' dei giovani. La "Buona 
Scuola" deve infatti porsi l'obiettivo di assicurare a tutti i giovani 
un percorso di formazione iniziale fino a 18 anni in cui apprendere le 
competenze per la cittadinanza e il lavoro necessarie per continuare a 
apprendere lungo tutto il corso della vita.
Le riforme della scuola e del lavoro oggi al centro del dibattito 
politico devono infatti convergere in una strategia di innalzamento e 
valorizzazione delle competenze di tutta la popolazione adulta. La 
costruzione del sistema dell'apprendimento permanente, come delineato 
dall'Intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato Regioni nel luglio 
scorso, permette di dotare il paese degli strumenti necessari (Reti 
Territoriali dei Servizi e Sistema Nazionale di Certificazione delle 
Competenze) per promuovere la qualità del lavoro (formazione continua 
dei lavoratori, transizioni lavorative basate sulle competenze 
certificate) e l'esercizio della cittadinanza attiva.


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