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Prove di movimento: «Vogliamo cambiare l'università»

Non solo antifascismo: dopo l'occupazione di Scienze politiche a Roma la mobilitazione di studenti e studentesse va avanti. Appuntamento il 4 novembre per una piattaforma dal basso.

28/10/2022
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Collettiva.it

Stefano Iucci

Dall’occupazione alla mobilitazione: un movimento per cambiare l’università dalla base. L’appuntamento è per una grande iniziativa di “convergenza” per il prossimo 4 novembre. Questo l’obiettivo che collettivi, associazioni, studenti e studentesse si sono prefissati per dare seguito alla protesta iniziata con l’occupazione della facoltà di Scienze Politiche della Sapienza di Roma. 

Occupazione iniziata la notte del 28 ottobre – ma senza che ci sia stata alcuna interruzione dell’attività didattica, va precisato – dopo che martedì 25 la celere aveva caricato in maniera ingiustificata chi protestava contro un’iniziativa organizzata da Azione Universitaria con Daniele Capezzone, ex portavoce di Forza Italia, e Fabio Roscani, presidente di Gioventù Nazionale e deputato di Fratelli d'Italia, sul tema del “capitalismo buono”.

Virginia Mancarella, studentessa di Scienze chimiche e coordinatrice di Link, ribadisce la gravità di quanto accaduto e del fatto che “nelle parole della rettrice Polimeni non sia stata alcuna condanna dell’azione violenta della celere. È molto grave che presìdi di polizia stazionino dentro a un luogo di formazione come l’università: davvero non se ne avverte il motivo”. Tuttavia, tiene a sottolineare, “la nostra mobilitazione intende andare oltre la protesta per i fatti del 25 ottobre: noi vogliamo cambiare un’università che non è in grado di rispondere alle esigenze delle ragazze e dei ragazzi. E la vogliamo cambiare dal basso, con un processo partecipativo”.

Non è un caso, allora, racconta Mancarella, che nelle discussioni di queste ore “abbiamo parlato molto di ‘merito’, a partire dalla nuova denominazione del ministero dell’Istruzione. Un concetto che in realtà serve per giustificare il perpetuarsi delle diseguaglianze di partenza. In Italia abbiamo un diritto allo studio più formale che sostanziale, che fa sì che l’università sia accessibile solo alle famiglie che se lo possono permettere, escludendo tante ragazze e ragazzi. Non vedere queste cose significa essere ciechi”.  E anche tra gli studenti del Pilo Albertelli, il liceo romano occupato nei giorni, scorsi, si è parlato molto di "merito".

Link, d’altro canto, ha una sua piattaforma (“Riscriviamo l’università”) che ha nel diritto allo studio il suo perno centrale: dalla questione degli alloggi (appena 39 mila posti in residenze universitarie a fronte di 410 mila studente fuori sede), alle borse di studio fino al tema dell’università gratuita (come avviene in tanti paese avanzati) e al reddito di formazione che, spiega la studentessa, deve essere “inteso come reddito di emancipazione che elimini la categoria problematica dello studente lavoratore e affranchi le persone dalla dipendenza dalle famiglie".

Insomma studentesse e studenti discutono e fanno proposte, mentre le risposte che arrivano rimestano sempre nello stesso brodo: non solo le manganellate, ma anche gli allarmi stantii del neoministro dell’Interno Piantedosi sul “pericolo infiltrazioni”.

E invece servirebbe ascolto ed equilibrio. Come ha scritto Linda Laura Sabbadini su La Stampa questa mattina, “sull'ordine pubblico sono importanti la moderazione e la tolleranza, se si vuole mantenere la coesione. Si è iniziato con un passo sbagliato. Con la premier che alla Camera ha prima manifestato simpatia per i giovani che scenderanno in piazza anche per contestarla e poi al Senato ha giustificato le cariche della polizia alla Sapienza (...) Ci vuole un po' più di prudenza, anche nelle parole. Stavolta è mancata. Voglio credere che non sia stata una scelta voluta. Lo spero”.

A Roma gli studenti erano un migliaio, oggi pomeriggio a Bologna c'è stata una manifestazione per appoggiare la protesta contro l'intervento della Polizia: qualcosa si muove.


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