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Patto contro il declino tra governo e atenei

Sull'università e la ricerca la nostra situazione é ben lontana da quella degli Stati Uniti, dove il presidente Obama, ha potuto affermare che le università sono le migliori del mondo e rappresentano il punto di forza fondamentale di quel Paese

15/11/2012
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l'Unità

LA CRISI STA MORDENDO NEL TESSUTO VIVO DEL PAESE. Finora si é ritenuto giustamente necessario impegnare tutte le risorse per evitare una catastrofe il cui impatto economico e sociale sarebbe stato realmente inimmaginabile. Oggi la crisi non é ancora superata, ma la disponibilità di risorse a breve è drasticamente misurata. In questa situazione, invocare un titolo di priorità per assegnare risorse a un segmento del sistema economico sociale a svantaggio degli altri è difficile e imbarazzante. Ma una riflessione va fatta, oggi che si aprono gli Stati generali della cultura con una partecipazione di un’ampiezza straordinaria e con le presenze più autorevoli del Paese. Sull'università e la ricerca la nostra situazione é ben lontana da quella degli Stati Uniti, dove il presidente Obama, ha potuto affermare che le università sono le migliori del mondo e rappresentano il punto di forza fondamentale di quel Paese. Per noi non é assolutamente così. Eppure siamo il Paese che ha avuto la prima università al mondo! Oggi non si tratta di constatare uno scarso e inadeguato sviluppo del Sistema dell’alta formazione e della ricerca. No! Stiamo rischiando di allontanarci irreversibilmente dall'intera comunità scientifica internazionale, e finanche da quella europea. Pur avendo grandi potenzialità, e essendo capaci di formare ricercatori accolti come eccellenti in ogni parte del mondo. Non è accettabile che ci si chiuda dietro lo scudo della mancanza oggettiva di risorse, osservando inerti il disastro che si sta verificando. Perché, mentre si apprestano gli interventi minimi possibili, non si prova a porre un obiettivo da raggiungere nel medio periodo? Io vorrei proporre che tra il governo e le parti interessate si sottoscriva un patto per lo sviluppo del sistema dell’alta formazione e della ricerca del Paese. A sostenere il patto si decida di predisporre un progetto che nei prossimi cinque anni metta il sistema in grado d'inserirsi competitivamente nello scenario europeo e internazionale. Le singole università potranno essere chiamate a organizzare un proprio piano secondo alcune linee prioritarie, partendo dalla stabilizzazione delle singole situazioni allo stato attuale: potenziamento programmato dell’intera filiera di accesso al sistema: dottorati, assegni di ricerca, contratti di ricercatore, posizioni a tempo indeterminato; ripristino degli interventi per il diritto allo studio; borse di studio per periodi di perfezionamento all’estero nelle università più in alto nelle graduatorie internazionali; sviluppo dei laboratori e delle biblioteche. Le risorse da mettere in campo ogni anno non dovrebbero essere inferiori a 350 milioni, supportate anche con il vincolo di una quota imposta sui fondi regionali di provenienza europea (oggi, in molti casi non spesi). Nei cinque anni dovrebbero comunque essere impegnati 1.750 milioni. Questo significherebbe cambiare la concezione con cui si guarda al sistema dell'alta formazione e della ricerca: l’istituzione alla quale é affidato il compito di formare il capitale umano del Paese -il fattore determinante dello sviluppo. Tutte le componenti del sistema si sentirebbero partecipi di un progetto che accende le speranze, in una fase che per il resto é molto buia. Lo dobbiamo a quei tanti giovani (un milione e ottocentomila di studenti, più decine di migliaia di giovani ricercatori!) che hanno deciso di investire i migliori anni della loro vita per acquisire le competenze con le quali dare un impulso insostituibile allo sviluppo del Paese

 

Guido Fabiani - Rettore di Roma 3


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