"Nuova maturità più ragionamento e meno nozioni"
Intervista a Luca Serianni
Era dalla Maturità del ‘99 che non cambiava lo scritto di italiano. La riforma Berlinguer aveva introdotto più tipi di scrittura, dal saggio breve all’analisi del testo.
Vent’anno dopo, il 19 giugno 2019, si cambierà di nuovo: a spiegare come e perché è il linguista Luca Serianni, che ha guidato il gruppo di lavoro del Miur per rivedere la prima prova dell’esame di Stato.
Professore, sarà un cambiamento sostanziale o uno dei tanti aggiustamenti che la Maturità ha subìto quasi ad ogni legislatura?
«Non sarà una rivoluzione, ma c’è l’ambizione di riformare aspetti fondamentali dello scritto di italiano».
Il motivo sta nel fatto che i ragazzi non sanno più l’italiano?
«Il deficit principale non è l’ortografia, come si ritiene comunemente al di fuori dalla scuola. Il problema nei ragazzi è la violazione della coerenza testuale, l’incapacità di argomentare e di capire cosa si legge. Il nostro è un tentativo di porvi rimedio. L’idea di fondo è insistere su una prova che valorizzi la capacità di istituire un ragionamento, di dedurre conseguenze da premesse. E soprattutto di aumentare la competenza nella comprensione di un testo, dunque della realtà».
È la vera sfida in questa riforma della prova d’esame?
«La necessità di capire e di analizzare criticamente quello che leggiamo fa crescere cittadini consapevoli, in grado di difendersi dalle fake news, di non essere banderuole in balìa di qualunque cosa si legga in Rete. Le conseguenze riguardano la cittadinanza dei più giovani: non è un semplice ritocco di una prova».
Vediamo le novità: per l’analisi del testo saranno proposti due autori. Così eviterete il panico scatenato da scelte come Caproni e Magris, sconosciuti ai diciannovenni?
«Diamo una possibilità maggiore di scelta tra testi, in prosa e in poesia, e non necessariamente di autori letti in classe».
Ampliato anche il periodo: dall’Unità d’Italia al Duemila.
«Il solo Novecento è restrittivo, si potranno includere Pascoli e D’Annunzio o autori dell’ultima cinquina del Premio Strega: Helena Janeczek narra dei giovani europei in lotta con le dittaure, Lia Levi racconta la Shoah».
Le tipologie passano da quattro a tre: perché avete eliminato il tema di storia?
«La storia rimane tra le possibilità nel saggio argomentativo, è un ambito fondamentale. Non ci aspettiamo un tema su Heidegger, ma di storia sì».
Il saggio argomentativo sostituisce quello breve, perché?
«La filosofia iniziale del saggio breve non era quella di indurre gli studenti a passare in rassegna tutti i documenti proposti componendo un collage acritico, invece è quello che è successo. Sarà dunque dato un solo testo o articolo di giornale: a partire da questo si chiederà di dimostrare la sua comprensione e di sapere poi costruire un ragionamento. Erano troppi i documenti proposti prima, li abbiamo sfoltiti. I ragazzi devono abituarsi a fare i conti col lessico. In un editoriale si può fare ricorso all’ironia, se non la riconosco si corre il rischio di non comprendere il significato del testo».
E cosa cambia per la terza tipologia, il vecchio tema?
«Gli studenti saranno sollecitati su problematiche inerenti l’orizzonte delle loro esperienze, come il razzismo, la violenza, il rapporto tra scienza e cultura umanistica, il potere della tecnologia. Ma quello che si chiederà, a partire al massimo da un documento in appoggio, è un testo impostato in modo rigoroso, diviso in capitoli con titoli proposti dagli stessi studenti. Questo per abituarli alla sintesi e all’argomentazione e per evitare la tentazione di scrivere a scapito della sostanza».
Cosa devono temere i maturandi?
«Possono stare tranquilli, gli stessi insegnanti terranno conto che qualsiasi riforma ha bisogno di tempo per essere metabolizzata».