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No ai voti, sì al wi fi e via le classi-pollaio i desideri del web per la “buona scuola”

Si chiude domani la consultazione in rete del Miur Ma l’istituto della moglie di Renzi boccia la riforma

14/11/2014
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la Repubblica

 RETE spopola, oltre un milione di contatti, tremila proposte, più di otto milioni di pagine viste, una valanga di idee, quasi un libro dei sogni. Ma quando poi, dal virtuale si passa al reale, capitano brusche sorprese per la «Buona scuola» del governo Renzi. Una su tutte. Qualche giorno fa la riforma che è ancora un cantiere di lavori in corso, è stata bocciata all’istituto Balducci di Pontessieve, proprio la terra del premier e oltretutto la scuola in cui insegna, con un part time, Agnese Landini, la moglie di Matteo Renzi. Nessun timore reverenziale all’istituto superiore in provincia di Firenze, il collegio docenti (va detto che Agnese non ha partecipato alla riunione) ha approvato con 34 voti a favore e 29 contrari un documento che suona come una bocciatura per la “Buona scuola”. In otto punti i motivi del no, fra questi: troppo pochi gli investimenti («tranne che per la stabilizzazione dei precari, peraltro già prevista dalla normativa europea»), no agli incarichi aggiuntivi per gli insegnanti, no alla valutazione interpretata come una «gara» fra le cattedre. E no anche ai privati nella scuola pubblica. Conclusione messa nero su bianco: «Il piano ci sembra redatto con la tecnica del prendere o lasciare e sottende una visione aziendalista della scuola, lontana dai dettami costituzionali». Ma se questo schiaffo sia l’indizio di un malessere profondo o soltanto una delle voci dissonanti dal coro è presto per dirlo.

Di certo il progetto di riforma del governo un obiettivo l’ha centrato: quello di far discutere tutte le componenti, dagli insegnanti agli studenti al personale Ata guardando alla scuola del futuro. Basta viaggiare un po’ nelle pagine del portale labuonascuola. gov. it per rendersene conto. In più di centomila hanno risposto alle trenta domande del questionario che sarà un po’ il termometro degli umori che si agitano nel mondo dell’istruzione. La consultazione in rete si chiuderà domani, poi il Miur metterà al lavoro un gruppo di esperti per esaminare i risultati emersi in questi due mesi nella piazza della riforma social 2.0. Da quel che si può leggere al momento — è accessibile tutta l’area delle sedici stanze tematiche selezionate dal Miur — le idee che si affacciano sono le più disparate. Fra i più popolari la questione dei voti: «Il voto è diventato una somma algebrica insensibile. La scuola oltre la cultura deve formare la persona». Segue il dibattito, Andrea per esempio sostiene: che bisogna cambiarli, «meno insufficienze», «5 voti negativi non sono utili nella didattica».
Raccoglie molti favori, oltre mille interventi e duemila “like” alla maniera di Facebook, la proposta di Samuele che chiede un pedagogista e un educatore per ogni scuola «di supporto ai docenti, di consulenza pedagogica alle famiglie e di sostegno agli studenti ». A seguire la tesi di Alanto (è un nickname): «Per rendere più efficiente il nostro sistema scolastico servono due semplici requisiti: 1) diminuzione del numero di studenti per classe; 2) aumento dello stipendio dei docenti». E spiega: «Se si vuole veramente investire sull’istruzione è necessario restituire valore alla funzione docente». Come? «Con un insegnante che si occupi soprattutto della propria professionalità» per migliorare la didattica. I pareri poi si dividono su valutazione e premi. Scrive, per esempio, Matteo: «Voler dare gli scatti stipendiali a una percentuale fissa (66 per cento ogni anno) dei docenti di ogni scuola è una proposta infame e in odore di incostituzionalità. Come se si potesse stabilire a priori che il 34 per cento dei docenti non abbia svolto il suo lavoro». Uno chiama la mobilitazione «come i metalmeccanici che bloccano le autostrade».
La scuola è una macchina articolata e i temi sul tappeto sono tanti: per esempio più formazione, più “digital”, wi-fi per tutti, connessioni, programmi open source o certificati dal Miur. C’è poi chi chiede più ore per le lingue straniere, per la geografia e la storia dell’arte. Il caro libri non sfugge alle sferzate del web «usiamo i libri dell’anno prima» ipotizza uno. Oreste e altri si schierano per abolire l’Invalsi e “la test mania”. Molti like contro le classi pollaio, dall’infanzia alle superiori, «per aumentare la qualità dell’apprendimento ». C’è chi invoca la libertà di iscrivere gratis i figli alla pubblica o alla paritaria, chi si schiera per abolire l’ora di religione e chi la vorrebbe curriculare. Come si potrà conciliare tutto questo?

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