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Napolitano firma la riforma dell’Università, ma chiede lumi su tre punti

Nel promulgare la legge approvata in terza ‘lettura’ al Senato, il Capo dello Stato chiede di tener conto dei punti critici, nella realizzazione dei decreti attuativi, e di ascoltare le parti interessate. Per il ministro Gelmini sarà posta la massima attenzione ai rilievi posti, anche se non sono elementi portanti e qualificanti. Di diverso avviso gli studenti, che tornano a dare battaglia: costruiremo proposte di statuti universitari in grado di bloccare la riforma

31/12/2010
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La Tecnica della Scuola

A.G.

Anche la promulgazione della riforma universitaria, avvenuta il 30 dicembre, diventa terreno di polemiche: nel firmare la legge, infatti, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rilevato alcune criticità, raccolte in una lettera di osservazioni indirizzata al premier Berlusconi, da correggere attraverso gli oltre 50 decreti attuativi, da approvare nelle prossime settimane, anche attraverso un "costruttivo confronto con tutte le parti interessate".
Tre i punti contestati dal Colle, posti all’interno degli articoli 4, 23 e 26. Uno, in particolare, è destinato a far discutere: riguarda il 10% delle borse di studio, voluto dalla Lega, che in base al testo di legge ogni ateneo dovrà assegnare necessariamente agli studenti residenti. "Per quanto concerne l'art. 4 – scrive lo stesso Napolitano al premier - relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell'appartenenza territoriale". Sull'art. 23, nella parte che disciplina i contratti per attività di insegnamento, il presidente della Repubblica ha delle perplessità "nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale". Secondo Napolitano è inoltre "opportuno che l'art. 26, nel prevedere l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale".
Il ministro dell'Istruzione ha accolto con soddisfazione la firma di Napolitano, assicurando anche estrema attenzione per i rilievi posti che pure, sottolinea, non toccano "elementi portanti e qualificanti. La promulgazione - ha aggiunto Gelmini - è un fatto positivo. Insieme al governo e al presidente Berlusconi certamente terremo conto delle osservazioni del Colle".
Dal conto loro, le opposizioni prendono atto della decisione del Colle ma chiedono al governo di ascoltare le osservazioni poste e l'appello al confronto: secondo Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione Istruzione e Cultura della Camera ora il "Governo dovrà mettere in campo" non poche energie "per ottemperare precisi impegni contenuti negli ordini del giorno approvati alla Camera e al Senato". Per il leader Idv, Antonio Di Pietro, "il rispetto istituzionale che abbiamo verso la Presidenza della Repubblica ci impone di prendere atto della decisione di Napolitano: resta il fatto che riteniamo questo provvedimento ingiusto, iniquo ed incostituzionale".
Molto severo anche il giudizio degli studenti: "non siamo sorpresi - commentano le studentesse e gli studenti di Link-Coordinamento Universitario - Il presidente Napolitano ci ha ricevuto e ascoltato con rispetto, ma non ci aspettavamo che fosse lui a dare battaglia al posto nostro. A bloccare la riforma Gelmini dovranno essere gli studenti, i dottorandi, i precari, i ricercatori, i tecnici-amministrativi, tutti coloro che vivono sulla propria pelle la schiavitù della precarietà e il furto di futuro operato da questa riforma".
Il piano della mobilitazione, ora, si sposta dal Parlamento verso il Governo, con l'attesa dei decreti attuativi, e verso gli atenei, con l'adeguamento degli statuti universitari alla nuova legge: "Chiediamo fin da subito a tutti i rettori di disobbedire, e su questo daremo battaglia – continuano gli studenti - costruendo proposte di statuti universitari in grado di bloccare la riforma e cambiare l'università dal basso. Daremo battaglia in tutti gli organi collegiali e in tutte le piazze, perché la privatizzazione dell'università, lo smantellamento del diritto allo studio e la precarizzazione della ricerca non passino nei nostri atenei. La comunità universitaria ha il diritto e il dovere di ribellarsi."
Dello stesso avviso è Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell'Unione degli universitari, secondo cui "il presidente della Repubblica ha rilevato quei limiti della riforma che il ministro Gelmini in quasi due anni non ha voluto vedere. Cercheremo di far capire alle istituzioni che non può far parte di un Paese moderno e democratico l'assegnazione del 10% di borse di studio a chi risiede nella regione dove è situato l'ateneo frequentato. Come il fatto che si tagli il 95% di assegni agli studenti meritevoli e bisognosi. Continueremo la nostra mobilitazione per raccogliere, come abbiamo fatto in questi mesi, lo sdegno verso un Governo autoreferenziale e autoritario".

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