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Manifesto.Precari Istat, torna il blocco dei dati

Precari Istat, torna il blocco dei dati Occupato l'istituto: "Lavoro garantito e qualità dei servizi" Spalancate ai flessibili Il nuovo logo della "I" a "porte aperte" è il vanto dell'Istat. Il ...

14/07/2005
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Precari Istat, torna il blocco dei dati
Occupato l'istituto: "Lavoro garantito e qualità dei servizi"
Spalancate ai flessibili Il nuovo logo della "I" a "porte aperte" è il vanto dell'Istat. Il Coordinamento atipici ha fatto un anti-logo, con la "P" di "precari". La Cgil: "Stabilizzare tutti"
ANTONIO SCIOTTO
ROMA
Il nuovo logo dell'Istat deve evocare "vicinanza all'utente, trasmettendo che l'Istat è un bene pubblico, anche al servizio del cittadino". I due elementi geometrici "simulano la grafica di una porta in movimento, mantenendo nel contempo la valenza di solidità e sicurezza". Con queste parole lo stesso designer spiega il rinnovato simbolo dell'istituto di statistica: concetti nobilissimi, ma certo non troppo digeribili per gli 810 lavoratori precari che da anni conducono rilevazioni e ricerche senza vedere la fine del tunnel (se si eccettua uno stock di assunzioni, 174, che dovrebbero finalmente andare in porto questo settembre). Così hanno detto: anche noi ci facciamo un logo, e hanno messo la P (di "precari") proprio in mezzo alla porta. E ieri hanno pure concretizzato, occupando la sala stampa e impedendo il consueto briefing con i giornalisti per i dati sulla produzione industriale. Un'iniziativa a tre: Cgil, Uil e Coordinamento precari Istat. Quest'ultimo soggetto, molto attivo, ha creato il "contro-logo", e ha elaborato - insieme ai precari di diversi istituti - un'interessante indagine sul lavoro atipico nel settore della ricerca.

Flessibili interni. O in appalto

Innanzitutto bisogna distinguere i precari della ricerca in due grossi tronconi: quelli "assunti" (si fa per dire) direttamente dagli istituti, e quelli utilizzati in "outsourcing", ovvero attraverso la messa in appalto di un servizio, e dunque dipendenti da società private che accettano commesse dal pubblico. Le forme contrattuali sono le più svariate: a termine, cococo, a progetto, con partita Iva, ma anche borsisti, stagisti, e addirittura (può capitare negli appalti) in nero. Il settore pubblico è ormai strapieno di atipici: il piccolo dossier messo insieme dai precari del coordinamento fa riferimento a uno studio del ministero dell'economia, "I rapporti di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione", datato 2003 ma che elabora dati fermi al 31 dicembre 2001. Cifre sicuramente cresciute da allora: venivano censiti 2.581 precari nella ricerca pubblica italiana, 6.981 docenti universitari e 6.408 impiegati nel comparto università. Bisogna anche tener conto che sono considerati esclusivamente i rapporti subordinati a termine, e dunque non viene inclusa nel calcolo la galassia di collaborazioni, borse di studio, stage e autonomi. I numeri del mondo atipico sono dunque certamente superiori, e una verifica empirica l'hanno fatta i coordinamenti precari di nove istituti romani, che si sono autocensiti: sono venuti fuori ben 5 mila lavoratori con rapporti "non classici", ben superiori agli striminziti 2.581 calcolati per tutta Italia.

Mille e trecento sono i precari all'Infn (istituto nazionale fisica nucleare); segue l'Isfol con 990; Istat e Istituto superiore di sanità con 800 ciascuno; l'Enea con 628; l'Icram (ricerca sul mare) con 150; l'Inran (alimenti e nutrizione) ne ha 100, l'Invalsi (valutazione istruzione) 75, l'Inea (economia agraria) 60. A parte i numeri assoluti, evocative sono le percentuali: più piccolo è l'istituto, maggiore è la presenza di precari rispetto al personale di ruolo: così all'Icram si arriva a cifre vicine al 100%, all'Isfol siamo al 90%, all'Invalsi all'83%. All'Istat, la percentuale è del 28%: 2100 a tempo indeterminato, 450 a termine e 360 cococo.

Atipico intervista atipico

Interessante anche la qualità del lavoro svolto: a parlarci del mondo flessibile, fornendo dati e rilevazioni periodiche, sono i flessibili stessi. Ad esempio, l'indagine sulle forze lavoro in Italia viene compiuta materialmente da 318 rilevatori cococo dell'Istat, mentre viene organizzata da personale che per più della metà è a termine. Le interviste telefoniche esterne sono addirittura appaltate alla (tristemente) nota Atesia - gruppo Cos - call center simbolo del precariato in Italia. I dati sui contratti sono elaborati invece dal servizio censimento Istat: 80% di atipici. Passando ad altri istituti, Alma Laurea fa indagini sui destini dei laureati: i ricercatori, tempo fa, denunciarono il loro status di "stagisti pluriennali", e dunque non retribuiti (!). L'Isfol (precari al 90%) si occupa di formazione lavoro.

Come dire, tocca proprio protestare. Nelle università il movimento di lotta è già più maturo e si è esibito nelle manifestazioni anti riforma Moratti, negli enti di ricerca è ancora da coordinare sul piano nazionale. "Noi facciamo una battaglia anche in nome della qualità e dell'innovazione dei servizi pubblici, contro il declino di cui tanto si parla", spiega Fabrizio Stocchi, del Coordinamento precari Istat. "I nostri scioperi - aggiunge Gabriele Giannini, Fp Cgil - hanno portato al primo stock di assunzioni quest'anno, ma adesso puntiamo a stabilizzare tutti i tempi determinati Istat. Resta il nodo dei rilevatori cococo, che la dirigenza vorrebbe esternalizzare: pensiamo che sia un errore, devono rimanere interni all'istituto, anche per offrire un servizio controllabile e di qualità". La piattaforma dei precari della ricerca parla infatti di stabilizzazione, riconoscimento di anzianità e tutele, più fondi, diritti di rappresentanza e sicurezza sul lavoro.


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