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Liberazione: Finanziaria, accordo fatto:200 emendamenti e niente fiducia

La maggioranza trova ”la quadra“ e 600 milioni per sicurezza, mobilità, apprendisti

09/11/2006
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Liberazione

Gemma Contin
Prime scaramucce in Aula sulla Finanziaria, penultima versione, aspettando la replica di Tommaso Padoa Schioppa alla Camera dei deputati, mentre la maggioranza è riunita di nuovo con il governo, rappresentato ieri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, dal ministro per i Rapporti col Parlamento Vannino Chiti e dai sottosegretari all’Economia Alfiero Grandi e Nicola Sartor.
La riunione si è resa necessaria per restringere all’osso gli emendamenti del centrosinistra che adesso dovrebbero aggirarsi attorno ai 200 (non più di un centinaio assicura il capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini) e per verificare le priorità irrinunciabili, la disponibilità a reperire le risorse necessarie e a fare, di conseguenza, gli ultimi aggiustamenti al testo che Montecitorio è chiamato a discutere.

Perché si discuterà, questo è certo, ha ribadito il segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano: «Dobbiamo attivare il confronto parlamentare come coalizione e naturalmente sulla base del programma dell’Unione. Se non ci sarà ostruzionismo questo confronto potrà andare avanti, a differenza di quanto fatto dalle destre negli anni precedenti».

Concetto ribadito da molti parlamentari dell’Unione in Aula, che hanno sollecitato a evitare il ricorso alla fiducia «diversamente da quello che ha fatto il centrodestra nei cinque anni in cui ha governato - ha ricordato il deputato dell’Ulivo Gianclaudio Bressa - e in cui ha chiesto alla Casa delle Libertà, nonostante un centinaio di deputati in più, per ben 13 volte la fiducia sulle Finanziarie che si sono succedute a colpi di maxiemendamenti».

Non potevano mancare le reazioni di Forza Italia, intervenuta con il portavoce in Commissione Bilancio Antonio Leone, mentre fuori dal palazzo la Lega aveva organizzato la gazzarra, con qualche decina di manifestanti con bandiere della Lega Nord e slogan contro «il furto del Tfr».

Per il centrodestra si tratta di un furto perché la filosofia ispiratrice è quella delle imprese, che considerano il Tfr una loro risorsa, e non - come di fatto è - un bene dei lavoratori in forma di quota differita della retribuzione, accantonata finora nelle casse delle aziende che hanno potuto disporne a piacimento, salvo restituirlo alla cessazione del rapporto di lavoro, ma che da adesso in poi dovrà andare, su scelta del lavoratore, o a implementare i Fondi pensione o a riversarsi in un fondo speciale costituito presso l’Inps, che lo Stato potrà utilizzare per finalità e obiettivi che la stessa legge di bilancio di anno in anno indicherà.

E mentre in Aula andava avanti la discussione preliminare, a cui hanno fatto seguito le repliche dei relatori Piro e Ventura e l’intervento del ministro Padoa Schioppa, in attesa della fine della riunione dei capigruppo di maggioranza, in Transatlantico il sottosegretario Grandi anticipava che si erano “trovati” 600 milioni di euro che in dettaglio dovrebbero servire: 50 milioni per la ricerca; 60 per i precari; 60 per i non autosufficienti; 90 per la sicurezza; 90 per la mobilità sostenibile; 250 per l’apprendistato.

Si tratta di cifre che verranno reiterate per i prossimi tre anni, per un totale di un miliardo e 800 milioni. La copertura dovrebbe arrivare da risorse nascoste nelle pieghe degli interventi di Sviluppo Italia, tagliando alcune spese della Difesa, equiparando le tasse su telefonia fissa e mobile per il traffico business.

L’ammontare complessivo di 600 milioni sembra essere, anche se le richieste erano più congrue, il massimo ottenibile allo stato attuale, scontentando però proprio Rifondazione comunista che aveva chiesto l’abolizione dei ticket sulle emergenze e la diagnostica, più fondi per la ricerca, più tutele per i precari. Ma, ha detto Padoa Schioppa nel suo intervento in Aula: «Lo sforzo fatto è il massimo che potevamo consentirci in questo momento. Non c’è dubbio che per alcuni settori, come per i precari e la ricerca, si sia fatto meno dell’auspicabile», ma ciò avrebbe comportato una manovra di entità ancora maggiore e «sarebbe stato impossibile reperire altre risorse».

«Il ministro Padoa Schioppa - ribatte il segretario della Flc-Cgil Enrico Panini - accoglie le nostre critiche nell’affermare che si sta facendo troppo poco per scuola, università e ricerca e per frenare la precarizzazione del lavoro in questi settori, ma noi dissentiamo da lui quando afferma che non ci sono altre risorse, e continuiamo a chiedere, diversamente da chi vuole risorse aggiuntive per la scuola privata, che se in questo Paese ci sono scuole “figlie di un dio minore”, queste non siano le scuole statali».

Augusto Rocchi, capogruppo del Prc-Se in Commissione Lavoro, è intervenuto invece sulle misure per il lavoro, sostenendo in Aula che i provvedimenti contenuti nella Finanziaria «sono un primo passo che va nella direzione della lotta alla precarietà: gli incentivi alla stabilizzazione del lavoro e i disincentivi sui contratti atipici sono un riconoscimento del nostro impegno nel governo e del lavoro del ministro Damiano».

Ma questo non basta, afferma il deputato milanese, perché, dopo la manifestazione di sabato, «diventa fondamentale darci un nuovo strumento che superi l’attuale legislazione sul mercato del lavoro, basato sulla centralità del contratto a tempo indeterminato».

Come hanno dimostrato i dirigenti dell’Istat nell’audizione in Commissione Lavoro, ha precisato Rocchi, «se sommiamo i contratti a termine, le collaborazioni a vario titolo e una quota rilevante delle partite Iva, abbiamo tre milioni di lavoratori e lavoratrici che pur facendo un lavoro subordinato hanno contratti precari. Su questa massa silenziosa senza diritti - ha concluso il deputato del Prc - è necessario intervenire adesso».


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